Roma, 5 ottobre – La stampa e le TV ci hanno informato che due tele di Van Gogh dal valore inestimabile, rubati nel 2002 dal Van Gogh Museum di Amsterdam insieme ad altri dipinti, sono stati ritrovati in un locale di Castellammare di Stabia (Na) nel corso di un’attività investigativa per il contrasto alla camorra. I due dipinti sono: “La Spiaggia di Scheveningen”, del 1882, e la “Chiesa di Nuenen”, del 1884.
L’operazione ha portato al sequestro di beni per decine di milioni ai danni alcuni personaggi legati al clan Imperiale, radicato nell’area stabile noto per il traffico internazionale di cocaina. Raffaele Imperiale, detto “Lelluccio ’o parente”, sarebbe da tempo latitante a Dubai ma continuerebbe a tenere le fila di un traffico imponente di cocaina tra Sudamerica e Europa.
Proprio in una delle case riconducibili a Imperiale sarebbero stati recuperati i due quadri. Il Museo Van Gogh aveva messo una “taglia” di 100 mila euro a disposizione di chi avesse fornito informazioni per recuperare i dipinti rubati. Negli ambienti investigativi si vociferava da tempo dell’”investimento” fatto dalla camorra nei due dipinti.
Ora consideriamo: è storia nuova, quella degli interessi della criminalità organizzata nel settore dell’arte? No; storia vecchia. In Italia c’è un mercato dell’illegalità che vale oltre 170 milioni di euro. È il traffico di opere d’arte rubate o contraffatte, che svela in molti casi intrecci pericolosi con la grossa criminalità.
Già dal boom economico degli inizi anni ’60, quando si vedeva l’acquisto di quadri moderni come “bene di rifugio”, si incrementò il mercato dei furti di opere d’arte e si avviò quello fiorente del falso. I pittori più imitati erano, ovviamente, quelli più presenti e richiesti, cioè: Monachesi, Fantuzzi, De chirico, Enotrio,Tamburi, Omiccioli, ma anche Fontana, Burri, Sironi, Balla ed altri grandi Maestri del ‘900. I falsari più quotati lavoravano spesso d’intesa con galleristi e mercanti d’arte spregiudicati, i quali provvedevano anche alle necessarie “espertizzazioni”, anch’esse false, che dovevano accompagnare l’opera sino al cliente, spesso non conoscitore.
Dal punto di vista sanzionatorio, si procedeva genericamente per il reato di truffa, e questo sino al 1971 quando, finalmente, fu approvata la cosiddetta “Legge Pieraccini”, la n.1062, che si riferiva alla contraffazione, alterazione e riproduzione di opere d’arte. Successivamente, più di trent’anni dopo, è intervenuto in modo più organico il D.Lgs. n. 42 del 22 gennaio 2004: “Nuovo Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio”. Per la cronaca, a dicembre 2014 furono venti le opere d’arte sequestrate nell’abitazione dell’ex terrorista Massimo Carminati, il “Re di Roma” e leader del cosiddetto “Mondo di Mezzo”: quadri firmati da Jackson Pollock e Andy Warhol, tra gli artisti più influenti del XX Secolo. A marzo 2010, invece, furono sequestrati dipinti, serigrafie, litografie e decine di sculture di importanti artisti contemporanei e moderni tra cui De Chirico, Capogrossi, Tamburi, Schifano, Borghese, Palma, Clerici e Messina, per un valore stimato di decine di milioni di euro; una parte del tesoro di Gennaro Mokbel, il faccendiere già nell’ultradestra romana, la stessa di Carminati, finito in carcere perchè ritenuto una delle figure chiave dell’inchiesta per riciclaggio che coinvolse anche i massimi dirigenti delle società telefoniche Fastweb e Telecom Italia Sparkle. A Milano, nel 2013, quadri e opere d’arte per un valore di oltre 10 milioni di euro sono state sequestrati dai Carabinieri nell’ambito di una maxi operazione che ha portato all’arresto di sei persone e alla denuncia di altre 15, con il sequestro di centinaia di opere d’arte false da commercializzare.
Ricordo personalmente che a Napoli , invece, nella seconda metà degli anni ’70, era iniziato il boom delle aste televisive, per cui si presentavano in trasmissioni ad hoc su Reti private quadri autentici anche rubati, ma soprattutto falsi di pittori ancora viventi, quali Madonna, Carignani, White, e di tanti altri, anche deceduti. Non si disdegnava anche la vendita di falsi di importanti Maestri dell’800 e del primo ‘900 napoletano, come Michetti, Irolli, Pratella, il sommo Gigante etc.
Il grande traffico di opere d’arte rubate era notoriamente gestito dalla Camorra e, in particolare, dal Clan di Lorenzo Nuvoletta, da Marano di Napoli. Ma anche la Famiglia Giuliano, di Forcella, non era estraneo a tali lucrosi ambiti. Infatti, una perquisizione dei Carabinieri di Napoli Stella, in un più vasto campo di indagine, operata in un negozio di antiquariato in via Santa Maria di Costantinopoli, furono sequestrati quadri autentici rubati ed altri falsi. Gestivano l’attività due fratelli camorristi, poco tempo dopo uccisi una sera di primavera ’84, con un altro complice, a bordo della loro VW Jetta, da parte di commando di clan opposto, su via Santa Teresa degli Scalzi, nei pressi del Museo Nazionale.
Una pagina a parte erano i bronzi falsi del grande scultore Vincenzo Gemito, per la cui produzione erano impegnate alcune “fonderie” della Città.
Tutti i trafficanti sostenevano di essere in possesso dei calchi… originali… dello scultore, e quindi di essere “facultati” alla riproduzione dei busti, però venduti come….originali.
Il processo, “Salomone +9”, andò avanti per anni, a seguito di rinvii e altre vicende. Da quanto si sa, i traffici della criminalità d’arte sono oltremodo lievitati in questi anni di gravissima crisi economica globale, per cui sono necessarie più importanti garanzie da parte dello Stato a tutela di musei, collezioni pubbliche e private, ma anche di semplici cittadini per quanto riguardano furti, raggiri e altre attività illegali….
E tutto questo proprio nel settore dell’arte, oggi vero “bene di rifugio”!
Concludendo, sarebbe opportuno anche da parte dell’Intelligence degli Stati un controllo sui traffici dei reperti archeologici del vicino oriente trafugati a seguito delle recenti devastazioni dei terroristi islamici e molto probabilmente immessi nei mercati europei e americani, al fine di accertare i collegamenti con quelle pericolose organizzazioni di morte…..