Francesco: rispettoso silenzio ad Auschwitz-Birkenau

Richiesta di verità nelle 14 stazioni della Via Crucis, con le 14 opere di misericordia.

Cracovia, 29 luglio. Papa Francesco ad Aushwitz-Birkenau.

Auschwitz, dove 75 anni fa il francescano Massimiliano Kolbe (il 29 luglio la condanna) pagò con la morte per fame  – con finale iniezione di acido fenico per chi dopo giorni ancora non moriva –  il prezzo della scelta d’amore: prendere  il posto di un padre di famiglia destinato dai nazisti a quella fine. Dato che un prigioniero del blocco 14, quello degli addetti alla mietitura nei campi, era riuscito a fuggire, 10 altri prigionieri dovevano, per punizione, morire.  Fra quelli c’era il padre di famiglia che Raimondo, con nome religioso di Massimiliano, decise di sostituire. San Massimiliano era stato arrestato per la sua attività di aiuto, anche giornalistica, verso i perseguitati.

Questo è il paradosso dei luoghi come Auschwitz-Birkenau: alcuni uomini sono scesi fino all’abiezione estrema mentre altri, anche lì, hanno raggiunto il vero eroismo. Di fronte alle situazioni estreme, si pone la scelta.

Papa Francesco è stato in silenzio dove non bastano, non esistono parole che racchiudano l’incomparabile, insostituibile peso della tragedia epocale .Il silenzio che traduce immediatamente tutte le lingue, espresse dallo sguardo che non si vede, negli occhi chiusi di Francesco seduto per quindici minuti in meditazione davanti al luogo
d’impiccagione, la piazza dell’appello. L’omaggio poi con un bacio sul palo di una forca, per legare la sua presenza di oggi a quella che fu breve vita allora. Anche una sosta presso il muro delle fucilazioni.

Papa Bergoglio è entrato come pellegrino solitario, silenzioso, diremmo in punta di piedi, lasciando totale spazio morale a chi ebbe qui la morte. È passato sotto l’arco di ferro dove l’ambiguità raggiungeva l’apoteosi, sotto quella scritta beffarda “Arbeit macht
frei” (Il lavoro rende liberi), dato che come apparenti campi di lavoro nascevano quei luoghi.

Ricevuto al suo arrivo dal premier polacco, signora Beata Szydlo, il pontefice è sceso, solitario pellegrino in sosta, anche nella cella 18 del blocco 11 dove la croce graffiata nel muro da padre Kolbe, durante i giorni della segregazione finale, aveva portato dignità ad un luogo organizzato come un inferno dantesco.

Lì anche i rapidi mezzi di sterminio, le docce a gas.

Il papa ha incontrato 11 sopravvissuti : Helena Dunicz Niwinska, Alojzyfros, Janina Iwanska, Waclaw Dlugoborski, Zbignew Kaczzzkowski,Stefan Lesiak, Valentina Nikodem, Mariana Majerowicz, Eva Umlauf, Naftali Fuerst, Peter Rauch. Sono i sopravvissuti che rendono accessibili per noi i fatti di allora.  Una candela portata da uno di loro ha offerto la fiamma trasferita dal papa nella lampada della memoria. Dono del pontefice proprio una lampada, dei fratelli Savi, con alla base il reticolato, ormai consumato, dell’orrore, flora e fauna che rinasce su quelle rovine e il cuore misericordioso di Gesù che rigenera gli animi.

Ad Ausccwitz il pontefice ha lasciato nel libro d’onore una frase: “Senor, ten pietad de tu pueblo! Senor, perdon, por tanta crueldad!” (Signore, abbi pietà del tuo popolo! Signore, perdono per tanta crudeltà!).

A Birkenau, a tre chilometri di distanza, il pontefice ha incontrato un gruppo di “giusti delle nazioni”, fra i presenti, suor Matylda Getter in rappresentanza delle francescane che salvarono 500 bambini del ghetto di Varsavia ed il parroco di un paese dove viveva la famiglia Ulma, poverissima e con tanti figli, che venne interamente uccisa perché ospitava una famiglia, anch’essa con molti figli, ebrea.
Francesco ha lasciato una lettera presso il monumento commemorativo scritto nelle 23 lingue diverse dei deportati e il suo silenzio ha avuto come cornice il canto del salmo 130, il “De profundis”, intonato in ebraico dal rabbino capo polacco Michael Schudrich.

Prima tappa del pomeriggio l’ospedale pediatrico di Cracovia, molto avanzato nelle cure specialistiche ed in contatto con altri importanti ospedali d’Europa come il nostro Bambin Gesù.
Dopo un saluto ed un ringraziamento per l’opera solerte e amorevole del personale medico e paramedico, il pontefice ha visitato tutti i bambini ricoverati.

Poi la Via Crucis con i giovani della GMG nella pianura del parco Jordan di Bosnie, nel distretto ovest di Cracovia. Alle 14 stazioni sono state riferite le 14 opere di misericordia, 7 corporali e 7 spirituali, legate una ad una. Significative le coreografie evidenzianti i diversi contesti in cui nel mondo si vivono necessità e soccorsi.
La sera il saluto di Francesco dal balcone dei papi dell’arcivescovado, che riporta ancora una volta episodi di violenza attuali e risposte caritatevoli alle necessità dei bisognosi: proprio il tema della scelta che ancora uomini e donne di oggi compiono, come ha ricordato il pellegrinaggio silenzioso della mattina nei luoghi simbolo di sterminio, quali  Auschwitz e Birkenau.

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