Carlo Emanuele Buscaglia, un Eroe dell’Aviazione Italiana

Roma, 28 maggio – Dell’asso dell’Aviazione Italiana Carlo Emanuele Buscaglia ne ho sempre sentito parlare, sin da ragazzo. Poi, la ventura di avere una cognata umbra, Luciana Buscaglia, il cui Padre era Cugino dell’Eroe. Se ne parlava spesso anche con l’amico Augusto Piazza, colto titolare della libreria Vescovio, ormai deceduto, che aveva fatto parte delle formidabili Squadriglie; i racconti proseguono con i due figli…Quindi, la recente rilettura del bel libro “Il Gruppo Buscaglia e gli Aerosiluranti Italiani” edito da Longanesi nel 1972, scritto dal valoroso pilota trentino Martino Aichner, con la collaborazione per la parte introduttiva di Giorgio Evangelisti, noto giornalista aeronautico.

Ricordiamo che Aichner fu aiutante maggiore di Buscaglia. E così racconta:…..”Buscaglia sarà qui all’una, non sbaglia di un minuto.  Mettiti  al bar  e aspettalo”. Seguii il suggerimento del collega e all’una mi trovai di fronte all’uomo che desideravo e temevo di conoscere: nato a Novara, nel  1915, Carlo Emanuele Buscaglia aveva allora 26 anni. Era  un  giovane alto, robusto, dal viso regolare con una leggera fossa sul mento, uno sguardo tagliente che aggrediva l’in­terlocutore con una espressione decisa e più vecchia della sua giovane età. Era l’asso degli aerosiluranti italiani e probabilmente anche di tutti i belligeranti, con 26 azioni di siluramento…”Sono il Sottotenente Aichner assegnato al suo reparto;  vengo  dalla  Scuola  di  Gorizia”. “Molto bene, lei è il primo ufficiale assegnato al mio gruppo che tra l’altro comincerà a esistere da domani. Benvenuto..” e mi offrì un aperitivo…Questo era il duro comandante Buscaglia? Questa cascata di cor­dialità e cortesia? Ma forse cambierà umore…”ho chiesto che venisse assegnato al mio reparto. Qui non ci vogliono femminucce, ma piloti con grinta e esperienza. Lei esperienza di volo non ne ha molta ma un ammaraggio può  sempre essere utile a un  aerosilurante…” L’ordine di montare  le  corazze  di acetato  dietro la schiena dei piloti e del radiotelegrafista a me era sembrato quanto mai opportuno  e non  capivo perché il comandante fosse contrario. Quando gli portai il telegramma,  convocò  subito  Graziani  e Rivoli. Mi ordinò di far portare in fondo al campo una serie  di  corazze  e una  mitragliatrice  da 7,7. Due avieri appoggiarono una lamina a un terra­pieno; Buscaglia contò cento passi e sparò una raf­fica contro la corazza. Ci avvicinammo per vedere il risultato: alcune pallottole avevano perforato l’acciaio e erano penetrate nella terra una de­cina di centimetri. “Ora”,  disse, “quei signori di Roma mi sentiranno”. Prende il telefono: “Caro Comandante, che si dice lì a Roma? Ah davvero! E la contessa vince sempre a ramino?.. A proposito di lavoro, le ho rispedito un campione di  quelle corazze che resistono alle 12,7 da cinquanta metri. Ci sono dentro conficcate  due  pallottole  da 7,7 e tre fori  sempre  da  7,7, il  tutto  ottenuto  da  una distanza di cento  metri.  Ho  affidato  ogni  co­sa  all’ ingegner Baudazzi che arriverà a Roma do­mani e le potrà dare tutti i ragguagli. La  prego  di  dire al Generale di restituirla a mio nome alla fon­deria, e che le altre sono qui a disposizione del Mi­nistero …E  dica  pure  a  chi  va  detto, che non me lo facciano a fettine. Mi ricordi alla contessa, Colonnello, e cordiali saluti”. Dopo la famosa restituzione delle corazze allo Stato Maggiore, dallo stesso era arrivato per Busca­glia il « veleno »: quindici giorni di arresti di rigore più trenta di semplice. E  arriviamo  così  al  fatale  8  novembre 1942. Gli anglo-americani  iniziarono  lo sbarco sulle   coste dell’Algeria con una flotta mai vista prima d’allora,  composta  di  trecentocinquanta  navi  da  guerra e cinquecento navi da carico. Era entrata  in  azione  l’America  con i suoi milioni  di tonnellate d’acciaio,  le  sue migliaia di navi, le sue decine di migliaia di aerei. All’ora di colazione, sul desolato campo di­ Castelvetrano, il Maggiore (da poco era stato promosso per benemerenze in guerra dallo stesso Mussolini a Roma)  Buscaglia radunò i propri ufficiali e disse loro, pacatamente: “Tra un’ora, partiremo per un’azione nel porto di Algeri; arriveremo alle ultime luci per evitare l’at­tacco della caccia. Ognuno sgancerà contro il bersa­glio più favorevole: precedenza alle navi da carico. Il rientro sarà individuale. Se troverete difficoltà nella navigazione strumentale, data la distanza dai ra­diofari, non perdete la calma: accostando a destra c’è sempre la costa africana. Costeggiando potete arrivare a casa anche senza bussola”. Quindi, l’azione. A circa cinque chilometri dai ber­sagli,  d’improvviso   “sgranocchiano”   sopra  di  noi  le « venti millimetri » di sette Spitfire, mentre le batte­rie delle navi da guerra aprono il fuoco di sbarra­mento che ci avvilupperà nella fase di scampo con una violenza  mai vista prima.  Questa coincidenza fu fatale per il no­stro  adorato  comandante. I primi Spitfire si accanirono proprio contro di lui che era in testa e lo colpirono con le prime raffiche. Sul suo apparecchio si sviluppò subito un incendio; noi abbiamo ancora negli occhi e nell’animo l’immagine di quell’aeroplano che tira dritto con la scia di fumo che diventa sempre più grossa. È la descrizione del comandante perfetto quasi trasumanato, la veritiera immagine di lui: « Col cuore e con l’arma oltre ogni meta », il dannunziano motto del 132° gruppo aerosiluranti che da quel giorno prenderà ufficialmente il nome del comandante. Si addice a Buscaglia anche e particolarmente in questo suo ultimo attacco.

L’abbattimento di Buscaglia ha lasciato un vuoto incolmabile. Lui che aveva trasfuso in noi la sicu­rezza e la spavalderia era caduto. Che cosa poteva essere di noi? “Abbiamo perso un grande combattente”, dice il Generale Scaroni, “ma voi dovete raccoglierne l’eredi­tà”. L’eroico Buscaglia venne dichiarato “disperso in azione” e sul bollettino n. 901 e gli venne assegnata la Medaglia d’Oro al Valor Militare alla Memoria. “..in trentadue vittoriose azioni di sfondamento tra uragani di ferro e di fuoco, confermava lo spirito guerriero dell’italica gente, infliggendo alla marina nemica la perdita di oltre centomila tonnellate di naviglio…”, come si legge sulla motivazione. Ma il Combattente Buscaglia, benché gravemente ferito, sopravvisse. Gli Americani lo catturarono e, dopo averlo curato, lo trasferirono in un campo di prigionia del Maryland. Dopo l’ 8 settembre 1943, la resa  agli Angloamericani. Buscaglia chiese di poter combattere a fianco dei nuovi alleati. Gli Americani accettarono  conoscendo le sue grandi doti militari, e lo riportarono in Italia arruolandolo nell’ambito dell’Aeronautica Cobelligerante Italiana. Così, il 15 luglio 1944 assunse il comando del 28° Gruppo da bombardamento equipaggiato con aerei americani, schierato sull’aeroporto di Campo Vesuvio presso Ottaviano di Napoli. Il 23 agosto decollò da solo con uno di questi velivoli ma l’aereo si impennò, urtò a terra con l’ala destra, si schiantò e si incendiò. Il pilota uscì dall’aereo in fiamme, venne soccorso e ricoverato all’ospedale militare di Napoli ma il giorno dopo morì a causa delle gravi ustioni. Aveva 29 anni. Gli avvenimenti politici e militari che hanno diviso tragicamente l’Italia dopo l’otto settembre 1943 sono noti. Peraltro, alcuni piloti restarono al sud con l’ex nemico, altri rimasero al nord a  fianco dell’alleato germanico con il quale avevano diviso tre anni di durissima guerra. In  entrambi i casi  gli  aviatori servirono  l’Italia così come essi la concepivano, in obbedienza a un ideale che fu sempre,  e in  entrambi  i casi, altissimo e comunque assolutamente al  di  fuori  e  al di sopra di  qualsiasi  calcolo  e  di  qualsiasi  considerazione di personale interesse. Questi uomini non si odiarono e, terminato il con­flitto, si tesero l’un l’altro la mano, perché avevano avuto e conservano un ideale comune: l’Italia! Gli aviatori  e in particolare  quelli  dei reparti aerosiluranti rimasero amici al di là e al di sopra di  ogni barriera e di ogni divisione, nel ricordo di tanti loro compagni caduti  e in particolare di  quello  di Carlo Emanue­le Buscaglia, asso degli assi, leggenda e Bandiera attorno alla quale si stringono, uniti, tutti i piloti d’Italia!

Onore a lui, onore a questi per noi indimenticati Soldati d’ Italia!

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