Ricordiamo che Aichner fu aiutante maggiore di Buscaglia. E così racconta:…..”Buscaglia sarà qui all’una, non sbaglia di un minuto. Mettiti al bar e aspettalo”. Seguii il suggerimento del collega e all’una mi trovai di fronte all’uomo che desideravo e temevo di conoscere: nato a Novara, nel 1915, Carlo Emanuele Buscaglia aveva allora 26 anni. Era un giovane alto, robusto, dal viso regolare con una leggera fossa sul mento, uno sguardo tagliente che aggrediva l’interlocutore con una espressione decisa e più vecchia della sua giovane età. Era l’asso degli aerosiluranti italiani e probabilmente anche di tutti i belligeranti, con 26 azioni di siluramento…”Sono il Sottotenente Aichner assegnato al suo reparto; vengo dalla Scuola di Gorizia”. “Molto bene, lei è il primo ufficiale assegnato al mio gruppo che tra l’altro comincerà a esistere da domani. Benvenuto..” e mi offrì un aperitivo…Questo era il duro comandante Buscaglia? Questa cascata di cordialità e cortesia? Ma forse cambierà umore…”ho chiesto che venisse assegnato al mio reparto. Qui non ci vogliono femminucce, ma piloti con grinta e esperienza. Lei esperienza di volo non ne ha molta ma un ammaraggio può sempre essere utile a un aerosilurante…” L’ordine di montare le corazze di acetato dietro la schiena dei piloti e del radiotelegrafista a me era sembrato quanto mai opportuno e non capivo perché il comandante fosse contrario. Quando gli portai il telegramma, convocò subito Graziani e Rivoli. Mi ordinò di far portare in fondo al campo una serie di corazze e una mitragliatrice da 7,7. Due avieri appoggiarono una lamina a un terrapieno; Buscaglia contò cento passi e sparò una raffica contro la corazza. Ci avvicinammo per vedere il risultato: alcune pallottole avevano perforato l’acciaio e erano penetrate nella terra una decina di centimetri. “Ora”, disse, “quei signori di Roma mi sentiranno”. Prende il telefono: “Caro Comandante, che si dice lì a Roma? Ah davvero! E la contessa vince sempre a ramino?.. A proposito di lavoro, le ho rispedito un campione di quelle corazze che resistono alle 12,7 da cinquanta metri. Ci sono dentro conficcate due pallottole da 7,7 e tre fori sempre da 7,7, il tutto ottenuto da una distanza di cento metri. Ho affidato ogni cosa all’ ingegner Baudazzi che arriverà a Roma domani e le potrà dare tutti i ragguagli. La prego di dire al Generale di restituirla a mio nome alla fonderia, e che le altre sono qui a disposizione del Ministero …E dica pure a chi va detto, che non me lo facciano a fettine. Mi ricordi alla contessa, Colonnello, e cordiali saluti”. Dopo la famosa restituzione delle corazze allo Stato Maggiore, dallo stesso era arrivato per Buscaglia il « veleno »: quindici giorni di arresti di rigore più trenta di semplice. E arriviamo così al fatale 8 novembre 1942. Gli anglo-americani iniziarono lo sbarco sulle coste dell’Algeria con una flotta mai vista prima d’allora, composta di trecentocinquanta navi da guerra e cinquecento navi da carico. Era entrata in azione l’America con i suoi milioni di tonnellate d’acciaio, le sue migliaia di navi, le sue decine di migliaia di aerei. All’ora di colazione, sul desolato campo di Castelvetrano, il Maggiore (da poco era stato promosso per benemerenze in guerra dallo stesso Mussolini a Roma) Buscaglia radunò i propri ufficiali e disse loro, pacatamente: “Tra un’ora, partiremo per un’azione nel porto di Algeri; arriveremo alle ultime luci per evitare l’attacco della caccia. Ognuno sgancerà contro il bersaglio più favorevole: precedenza alle navi da carico. Il rientro sarà individuale. Se troverete difficoltà nella navigazione strumentale, data la distanza dai radiofari, non perdete la calma: accostando a destra c’è sempre la costa africana. Costeggiando potete arrivare a casa anche senza bussola”. Quindi, l’azione. A circa cinque chilometri dai bersagli, d’improvviso “sgranocchiano” sopra di noi le « venti millimetri » di sette Spitfire, mentre le batterie delle navi da guerra aprono il fuoco di sbarramento che ci avvilupperà nella fase di scampo con una violenza mai vista prima. Questa coincidenza fu fatale per il nostro adorato comandante. I primi Spitfire si accanirono proprio contro di lui che era in testa e lo colpirono con le prime raffiche. Sul suo apparecchio si sviluppò subito un incendio; noi abbiamo ancora negli occhi e nell’animo l’immagine di quell’aeroplano che tira dritto con la scia di fumo che diventa sempre più grossa. È la descrizione del comandante perfetto quasi trasumanato, la veritiera immagine di lui: « Col cuore e con l’arma oltre ogni meta », il dannunziano motto del 132° gruppo aerosiluranti che da quel giorno prenderà ufficialmente il nome del comandante. Si addice a Buscaglia anche e particolarmente in questo suo ultimo attacco.
L’abbattimento di Buscaglia ha lasciato un vuoto incolmabile. Lui che aveva trasfuso in noi la sicurezza e la spavalderia era caduto. Che cosa poteva essere di noi? “Abbiamo perso un grande combattente”, dice il Generale Scaroni, “ma voi dovete raccoglierne l’eredità”. L’eroico Buscaglia venne dichiarato “disperso in azione” e sul bollettino n. 901 e gli venne assegnata la Medaglia d’Oro al Valor Militare alla Memoria. “..in trentadue vittoriose azioni di sfondamento tra uragani di ferro e di fuoco, confermava lo spirito guerriero dell’italica gente, infliggendo alla marina nemica la perdita di oltre centomila tonnellate di naviglio…”, come si legge sulla motivazione. Ma il Combattente Buscaglia, benché gravemente ferito, sopravvisse. Gli Americani lo catturarono e, dopo averlo curato, lo trasferirono in un campo di prigionia del Maryland. Dopo l’ 8 settembre 1943, la resa agli Angloamericani. Buscaglia chiese di poter combattere a fianco dei nuovi alleati. Gli Americani accettarono conoscendo le sue grandi doti militari, e lo riportarono in Italia arruolandolo nell’ambito dell’Aeronautica Cobelligerante Italiana. Così, il 15 luglio 1944 assunse il comando del 28° Gruppo da bombardamento equipaggiato con aerei americani, schierato sull’aeroporto di Campo Vesuvio presso Ottaviano di Napoli. Il 23 agosto decollò da solo con uno di questi velivoli ma l’aereo si impennò, urtò a terra con l’ala destra, si schiantò e si incendiò. Il pilota uscì dall’aereo in fiamme, venne soccorso e ricoverato all’ospedale militare di Napoli ma il giorno dopo morì a causa delle gravi ustioni. Aveva 29 anni. Gli avvenimenti politici e militari che hanno diviso tragicamente l’Italia dopo l’otto settembre 1943 sono noti. Peraltro, alcuni piloti restarono al sud con l’ex nemico, altri rimasero al nord a fianco dell’alleato germanico con il quale avevano diviso tre anni di durissima guerra. In entrambi i casi gli aviatori servirono l’Italia così come essi la concepivano, in obbedienza a un ideale che fu sempre, e in entrambi i casi, altissimo e comunque assolutamente al di fuori e al di sopra di qualsiasi calcolo e di qualsiasi considerazione di personale interesse. Questi uomini non si odiarono e, terminato il conflitto, si tesero l’un l’altro la mano, perché avevano avuto e conservano un ideale comune: l’Italia! Gli aviatori e in particolare quelli dei reparti aerosiluranti rimasero amici al di là e al di sopra di ogni barriera e di ogni divisione, nel ricordo di tanti loro compagni caduti e in particolare di quello di Carlo Emanuele Buscaglia, asso degli assi, leggenda e Bandiera attorno alla quale si stringono, uniti, tutti i piloti d’Italia!
Onore a lui, onore a questi per noi indimenticati Soldati d’ Italia!