COME CREARE POSTI DI LAVORO?

 

Evidentemente, contrasta con l’occupazione e incide, quindi, negativamente sul “fattore lavoro” tutto ciò che costringe le imprese a diminuire il personale o addirittura a chiudere i battenti per fallimento o altra causa di forza maggiore.

 

E che possiamo fare per fronteggiare questa autentica sciagura?
A parer nostro, applicando nel senso più ampio il “principio di solidarietà”, estendendolo ben oltre la lettera dell’art. 38 della Costituzione: intervenendo con sostanziose agevolazioni fiscali e prestiti a interessi bassissimi e in taluni casi, quando occorra in settori strategici dell’economia, anche a fondo perduto, in favore di imprese in gravi, obiettive difficoltà o a rischio di involontario fallimento (si pensi, per es., a quelle imprese che sono sull’orlo della bancarotta perchè non riescono a riscuotere vecchi crediti verso la Pubblica Amministrazione), purchè sia garantita la conservazione dei posti di lavoro; creando nuovi posti di lavoro, attraverso l’apertura e la riapertura dei cantieri, per realizzare grandi, medie e piccole opere pubbliche.
Ma, solito ritornello, dove trovare i soldi? Rispondiamo: riducendo drasticamente tutti gli sprechi, che sono ancora tanti: burocratici, istituzionali (troppi Parlamentari e Consiglieri regionali e provinciali e quant’altro da snidare ed eliminare. Qualunque macchina, infatti, compresa quella dello Stato, inteso come Pubblica Amministrazione in senso lato, non riesce a funzionare bene se non si eliminano tutti gli ingranaggi parassitari. Al tempo stesso, avvalendosi della leva fiscale e principalmente del recupero a tassazione conseguente alla lotta contro l’evasione fiscale e del prelievo fiscale mirato, cioè della c.d. “imposta di destinazione”.
I professori sanno bene di che parliamo e conoscono anche bene, scientificamente, quali sono i limiti entro cui mantenersi affinchè il prelievo fiscale non abbia effetti distorsivi devastanti per l’economia.
Ciò che, naturalmente, se non si vuol trasmodare in una vera e propria dittatura fiscale, deve contemperarsi con quel compendio di norme che porta il nome di “Statuto dei diritti del contribuente”, già legge vigente dello Stato, ossia, detto in senso ampio, con la pari esigenza di una giustizia fiscale equa, che non divenga mai una “caccia alle streghe”, istituendo anzitutto un nuovo processo tributario, che sia veramente alla portata di tutti, anche dei contribuenti più sprovveduti, come voleva la grande riforma tributaria approvata con la legge delega n. 825 del 1971, solo in parte attuata con il D.P.R. n. 636 del 1972. E di questo abbiamo gia trattato diffusamente in precedenza su questo giornale.
Ed ancora due parole vogliamo dire sulle tanto discusse “liberalizzazioni”.
Al riguardo, se lo scopo precipuo di questa importante riforma è quello di aprire ulteriori spazi al mercato del lavoro, a nostro avviso, le relative norme tanto più offriranno nuove possibilità di lavoro ben qualificato, quanto più sarà data a chi ha conseguito un titolo abilitante la possibilità di esercitare liberamente la professione a prescindere dall’iscrizione o meno in uno dei vecchi albi corporativi.
Fuori di questa possibilità, riteniamo che i provvedimenti legislativi adottati sarebbero del tutto inadeguati al suddetto scopo.
 
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