Il 24 gennaio 1979, a Genova, il sindacalista della CGIL Guido Rossa, appena salito in macchina per recarsi al lavoro, veniva ucciso dalle brigate rosse.
Il commando omicida era composto, tra gli altri, da Vincenzo Guagliardo, nome di battaglia “Pippo”, arrestato il 21.12.1980 in un bar a Torino. Il brigatista, irriducibile, venne condannato allergastolo ma 6 anni fa, ha ottenuto lammissione al lavoro esterno e da 4 anni è semilibero, unitamente alla moglie Nadia Ponti, anchella terrorista. Ora il Tribunale di Sorveglianza ha negato la libertà condizionale allassassino di Guido Rossa perché, tra laltro, “non ha mostrato alcun ravvedimento né coltivato rapporti con le vittime”.
E qui, ancora una volta,scatta larcano.
La figlia del morto, Sabina Rossa, deputata del PD, invita i magistrati a rivalutare il loro giudizio, perché, secondo lei, luomo correo nellomicidio del padre, si è ravveduto ed ha già pagato il suo conto con la giustizia.
Mi ricorda la parente di un grande statista ucciso dalle brigate rosse, la cui scorta è stata massacrata per strada come cani randagi, che anziché passare il Natale con le famiglie delle vittime lo ha passato con gli assassini del padre.
Che strano però!
Mentre le famiglie degli operatori di Polizia di basso grado ammazzati dai delinquenti comuni e politici raramente riescono a perdonare, forse anche perché vengono dimenticati ed abbandonati dallo Stato per il quale il congiunto ha dato la vita, i parenti dei personaggi uccisi diventano a loro volta famosi e parlamentari, e quindi sono subito pronti a perdonare coloro che li hanno resi orfani!
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