Roma, 10 novembre 2019 – Interessante articolo di Marianna Savarese, Milano, su “Italia Imperial Buldog!”, novembre 2019…“”Come si tutela l’ambiente? Come per ogni altra cosa, la protezione di un bene avviene mediante l’applicazione di leggi contenenti concetti teorici acquisiti con lo studio e la comprensione dell’argomento. Certo, ciò vuol dire che l’ambiente, il bene in questione, risulti come un interesse della comunità tanto rilevante da rientrare nella sfera del diritto. Anche se oggi esiste la branca del diritto ambientale, e la cosa ci sembra alquanto normale, non possiamo dire che sia sempre stato così; infatti, l’interesse verso l’ambiente è comparso gradualmente ed ha subito una notevole evoluzione. Alimentazione, igiene, sviluppo o sicurezza erano sentite come necessità molto più urgenti e, quindi, al centro delle attenzioni giuridiche. Solo qualche decennio fa, con l’evidenza degli impatti negativi delle attività umane, si è cominciato a configurare un interesse verso l’ambiente in cui viviamo.
Considerando la grande trasversalità della materia, però, è impossibile credere che prima di allora non esistesse alcuna normativa di tutela riconducibile all’ambiente; infatti, in Italia come negli altri paesi, c’erano già diverse leggi riguardanti la tutela di valori paesaggistici o della salute, l’assetto del territorio e la costituzione di alcuni parchi nazionali. In particolare si trattava di disposizioni di contrasto all’inquinamento da industrie insalubri, acque reflue, smaltimento dei rifiuti e protezione di bellezze naturali; la prima vera normativa propriamente ambientale, però, è la cosiddetta “legge antismog” del 1966, seguita da quelle sulle sostanze pericolose e l’inquinamento idrico. La tutela del territorio, invece, era fortemente legata al profilo estetico in quanto le bellezze panoramiche da proteggere erano quelle “considerate come quadri naturali”. La somma di diverse leggi inerenti singole componenti dell’ambiente, però, non bastava a considerare la materia abbastanza importante. Infatti, fino all’inizio degli anni ’80, nessuna Carta, Trattato o Costituzione parlava di tutela ambientale in senso olistico, ovvero come un sistema complesso da proteggere in toto. Non ve n’era traccia nemmeno nella Carta dell’ONU che nel 1972, durante la conferenza di Stoccolma sull’Ambiente umano, aveva dichiarato “il diritto fondamentale dell’uomo a vivere in un ambiente che gli dia dignità e benessere e il suo dovere a salvaguardarlo per le generazioni future”.
Il vero passo avanti verso l’interesse ambientale si è fatto con la creazione di appositi centri di riferimento a livello statale e, nel caso dell’Italia, con l’istituzione del Ministero dell’Ambiente nel 1986 (e contestuale creazione del Comando Carabinieri Ambiente – NOE – di cui ho avuto l’onore del Comando Nazionale per tre anni, dal 2003 al 2006, con il grande Ministro Altero Matteoli, divenendo anche Consulente della Commissione Bicamerale Ecomafie di cui era Presidente l’ottimo Presidente On. Paolo Russo, coadiuvato, tra gli altri, dal Tenente Salvatore Ferraro, raffinato giurista (n.d.a.). Questo ha fatto sì che l’ambiente diventasse un bene giuridico a tutti gli effetti, configurando il diritto dell’ambiente come diritto della persona e interesse delle comunità. Lo stesso anno, l’Atto Unico Europeo, accordo con cui è stata istituita la Comunità Economica Europea, nel suo art. 25 ha manifestato l’obiettivo comunitario di salvaguardare, proteggere e migliorare la qualità dell’ambiente, di contribuire alla protezione della salute umana e di garantire un’utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali. Da quel momento in poi è iniziata un’escalation di nuovi principi e riconoscimenti utili alla causa, soprattutto durante accordi ed eventi internazionali…””
Sin qui l’articolo di Marianna Savarese…
Ora integriamo, come di consueto, valutando l’aspetto penalistico…Fattor comune che ha spinto alla istituzione dell’Unione Europea è stata proprio la rimozione di confini a merci e persone, consentendone, con il Trattato di Maastricht, la libera circolazione. Il nostro punto di vista, infatti, muove proprio da questo: una sempre più estesa connessione tra gli Stati, ha si favorito la costituzione di una UE sempre più unita e priva di vincoli territoriali, ma d’altro canto ha acuito l’interscambio fra criminalità, e la nascita di fiorenti attività illecite, come quella di traffico di rifiuti, che ben conosciamo…. Ci soffermiamo, quindi, a rilevare il processo evolutivo del concetto di ambiente per stabilirne le fattispecie e le peculiarità con la creazione di un vero e proprio Diritto penale dell’ambiente mediante un intervento normativo organico, assieme ad una seria politica preventiva. Considerato che esiste una evidente incompatibilità tra la sovranità nazionale di ciascuno Stato membro dell’UE e la configurabilità di obblighi comunitari di tutela penale,è necessario, tuttavia, ricordare che dopo i Trattati di Maastricht del 1992 e di Amsterdam del 1997 il Diritto penale è entrato nell’oggetto di possibili strumenti di Diritto europeo (in senso lato), per realizzare l’obiettivo di un unico “spazio di libertà, sicurezza e giustizia“, combattendo le forme più gravi di criminalità che spesso hanno dimensione transfrontaliera. Ciò ha determinato una progressiva “europeizzazione” del diritto penale degli Stati membri, causata dalla crescente incidenza del diritto comunitario sull’operato dei Legislatori e dei Giudici nazionali, non solo per l’apposizione esplicita di vincoli di trasposizione e di immediata attuazione, ma anche per la necessità di interpretazione ed applicazione del Diritto nazionale (anche penale) in senso conforme a quello europeo. È innegabile che l’Unione europea abbia dato una spinta determinante al processo di costruzione del Diritto penale dell’ambiente. La consapevolezza che l’inquinamento costituisce un fenomeno globale, infatti, ha imposto l’adozione di provvedimenti di carattere sovranazionale, come la Direttiva 2008/99/CE. Fine di questa direttiva fu armonizzare, secondo una comune “direttrice”, gli ordinamenti penali nazionali, rappresentando una vera e propria novità.
Veniamo, ora, per concludere, alle plastiche, che tanto occupano i media…Interessante l’articolo: ““Addio plastica monouso: cosa prevede la nuova normativa UE?”…”Secondo le stime, la Direttiva approvata dal Parlamento Europeo ridurrà il danno ambientale di 22 miliardi di euro da qui al 2030. Dal 2021, addio a posate monouso, cotton fioc e non solo…” Così scrive Marco Martinoia il 5 Novembre scorso… “Con 560 voti a favore, 35 contrari e 28 astensioni, il Parlamento Europeo ha approvato in via definitiva la Direttiva (UE) 2019/904 (pubblicata in Gazzetta ufficiale UE il 12 giugno) sulla riduzione dell’incidenza di determinati prodotti di plastica sull’ambiente. Nel prossimo futuro (il termine per il recepimento della Direttiva da parte degli Stati membri è fissato per il 3 luglio 2021) tale normativa cambierà drasticamente le abitudini di produttori, commercianti, esercenti e, soprattutto, di noi consumatori. Analizziamo, insieme, i principali aspetti di questa rivoluzione a tutela dell’ambiente.
L’art. 1 della Direttiva europea indica espressamente i due principali obiettivi della novella legislativa:
a) prevenire e ridurre l’incidenza di determinati prodotti di plastica sull’ambiente, in particolare l’ambiente acquatico, e sulla salute umana;
b) promuovere la transizione verso un’economia circolare con modelli imprenditoriali, prodotti e materiali innovativi e sostenibili, contribuendo in tal modo al corretto funzionamento del mercato interno.
Secondo la Commissione Europea, infatti, oltre l’80% dei rifiuti marini è costituito da plastica. A causa della sua lenta decomposizione, infatti, tale materiale si accumula nei mari e sulle spiagge di tutto il mondo. I residui vengono ingeriti dalla fauna acquatica e rientrano nella catena alimentare, fino ad arrivare, quindi, anche sulle nostre tavole.
Nelle premesse della Direttiva su richiamata, viene spiegato come “anche se la plastica svolge un ruolo utile nell’economia e trova applicazioni essenziali in molti settori, il suo uso sempre più diffuso in applicazioni di breve durata, di cui non è previsto il riutilizzo né un riciclaggio efficiente, si traduce in modelli di produzione e consumo sempre più inefficienti e lineari”.
La relatrice, Frédérique Ries (ALDE, Belgio), ha dichiarato che «questa legislazione ridurrà il danno ambientale di 22 miliardi di euro, il costo stimato dell’inquinamento da plastica in Europa fino al 2030. L’Europa dispone ora di un modello legislativo da difendere e promuovere a livello internazionale, data la natura globale del problema dell’inquinamento marino causato dalle materie plastiche».
Prodotti vietati
Nell’ottica di ridurre l’incidenza della plastica sull’ambiente, a partire dal 2021, sarà vietata l’immissione nel mercato dei seguenti prodotti:
– posate di plastica monouso (forchette, coltelli, cucchiai e bacchette);
– piatti di plastica monouso;
– cannucce di plastica;
– bastoncini cotonati (cotton fioc) di plastica;
– bastoncini di plastica per palloncini;
– plastiche ossi-degradabili, contenitori per alimenti e tazze in polistirolo espanso (le c.d. tazze da asporto).
Inoltre, le bottiglie di plastica dovranno contenere almeno il 25% di contenuto riciclato entro il 2025 e il 30% entro il 2030. Si consolida, peraltro, il principio “chi inquina paga”, estendendo la responsabilità dei produttori (ad esempio di filtri di sigaretta e degli attrezzi da pesca) al fine di coprire i costi di pulizia dei rifiuti dispersi a terra ed in mare. Infine, viene allargato l’elenco di prodotti per i quali sarà resa obbligatoria l’etichettatura informativa sull’impatto ambientale.””
Sin qui l’articolo di Marco Martinoia..
Il tutto molto interessante…per i miei 25 lettori…