Roma, 18 agosto 2019 – Su “Il Foglio”, la riflessione di Mario Mori: “”Il recente caso della morte del Brigadiere dei Carabinieri Mario Cerciello Rega presenta connotazioni tuttora non definite e al vaglio della Magistratura requirente. Non è quindi il caso di esprimere giudizi in merito, ma appare forse opportuno mettere a fuoco l’aspetto che sembra costituirne l’effettiva causa scatenante. Mi riferisco cioè al rapporto tra l’investigatore e la fonte confidenziale o l’informatore, ovvero ancora ad un altro dei tanti modi con cui può essere chiamato chi si presta a collaborare con le istituzioni per interesse. Pratica questa il cui uso si perde nella notte dei tempi. Il problema della gestione di una fonte, seppure ampiamente trattato e analizzato dalla dottrina giurisprudenziale, trova esclusivo riscontro formale nell’art. 203 del codice di procedura penale, che ne prescrive i limiti di utilizzo ma non va oltre, destinando quindi, di volta in volta, la definizione e l’interpretazione di questa figura alla singola attività investigativa ed al giudizio nel procedimento penale che ne deriva…
La pubblica opinione è sollecitata dai fatti delittuosi quando la loro tipologia o la notorietà delle persone coinvolte ne richiamano l’attenzione, talvolta solo morbosa. Il contrasto alla criminalità, anche e soprattutto quella spicciola, la più diffusa, è però un fatto di quotidianità e nel quotidiano sono impegnate le forze proporzionatamente più numerose dei nostri Corpi di polizia. Non si tratta quindi dei così detti “specialisti”, ma degli operatori comuni, quelli che normalmente non vanno agli onori delle cronache per imprese fuori dall’ordinario, ma professionisti che con la loro attività rendono la vita possibile al consorzio civile, sia nelle grandi città che nei piccoli centri del nostro paese. Se si scorrono le statistiche in merito, si constaterà che al cittadino medio importa sì che la grande criminalità, mafiosa e non, sia contrastata efficacemente, ma ancor più, l’interesse comune è in primo luogo rivolto alla sicurezza del proprio quartiere di residenza, alla lotta contro lo spaccio di droga al minuto, l’esercizio della prostituzione, le bande di violenti che infestano le strade, in pratica alla possibilità per sé ed i propri cari di potere circolare senza il timore che qualsiasi persona che ti si para davanti sotto casa possa essere un malintenzionato.
Questa branca di attività, nelle Forze di Polizia, è svolta per lo più dal pattugliamento con autoradio, dai Commissariati di zona, e dalle Stazioni dell’Arma; tutte piccole unità operative queste che affrontano il problema il più delle volte con un rapporto sperequato di forze con la controparte criminale. Occorre essere del mestiere ed avere vissuto in queste strutture (giusto!!! nda), per comprendere la pressione costante che grava su di esse: da una parte gli abitanti della giurisdizione in cui operano che pretendono giustamente di vedere tutelato il diritto alla sicurezza sancito dalla Costituzione, dall’altra le rispettive scale gerarchiche che premono per ottenere risultati che, statistiche alla mano, attestino anche l’efficienza dell’organizzazione e la bontà delle direttive impartite al rispettivo complesso operativo…Risultati questi, per i tipi come Cerciello Rega, per i quali vale la pena di svolgere l’attività anche al di fuori delle ore di servizio comandate, sino a farne una modalità di routine. Prassi questa che induce anche, in qualche circostanza, a disattendere l’osservanza di quelle norme di comportamento doverose nell’esecuzione di un impiego potenzialmente sempre pericoloso…Da qui si ricava ovviamente l’esigenza di una formazione, costantemente aderente alle dinamiche sempre in evoluzione delle moderne indagini, che deve essere però sostenuta dall’assidua riproposizione di fasi addestrative, mirate allo scopo del miglioramento professionale che si raggiunge anche e soprattutto memorizzando i comportamenti, così da renderli quasi degli automatismi intelligenti che servono a ridurre, anche se non ad eliminare del tutto, i rischi che il servizio su strada propone costantemente a chi lo svolge.
In una fase in cui ci si riempie la bocca sull’esigenza dell’effettivo coordinamento tra i diversi Corpi di polizia, la definizione di precisi approcci comportamentali, comuni e codificati, davanti a fenomeni ed aspetti professionali delicati, in grado come sono di creare al proprio personale danni fisici, penali, ed economici, fino ad arrivare, in casi estremi, anche a metterne in gioco la vita, rappresenta un dovere per le nostre gerarchie. Occorre individuare e codificare linee d’impiego, al contempo giuridicamente accettabili e operativamente consone, così da tutelate sotto ogni aspetto il personale dipendente. Gerarchie che poi dovrebbero sempre ricordare come comandare o dirigere non è solo impartire direttive, ma anche intervenire e sostenere quelli a cui diamo gli ordini, evitando loro per quanto possibile, rischi ed errori, perché chi non si comporta così non è un capo, ma solo un modesto burocrate.
Tanto lo dobbiamo, non già ai “culi di pietra” e a coloro che offrendo all’Istituzione poco chiedono tutto, certamente presenti nelle nostre organizzazioni, ma ai vari Cerciello Rega, la maggioranza, che pur nelle scontate umane debolezze, proprie di ciascuno di noi, affrontano quotidianamente il servizio svolgendo con impegno i compiti assegnati e talvolta andandone anche al di là, intendendo così rispettare il proprio dovere, ma anche e soprattutto la propria dignità di uomini e di professionisti.””
Generale Mario Mori
Questo argomento è stato da me trattato nei giorni sorsi, ed ora condivido il pensiero del carissimo Amico, Collega e Maestro Mario Mori….Aggiungo che tale situazione è ben nota a noi Veterani tanto che taluni soggetti esterni all’Istituzione, soggiogati dal pensiero estremo, sono presi da ignobile situazione di rivalsa soprattutto su social e giornali… Il grande Leo Valiani sostenne anni addietro: “Non lottizzate anche l’Arma dei Carabinieri..” L’uomo della strada, pur non conoscendo la storia dell’Arma nei dettagli, che è sempre quella scritta sulle tavole della storia Patria, però ben appreso quanto fatto nella lotta al terrorismo e alle mafie, nei grandi soccorsi pubblici, sa bene che esistono ancora i Marescialli descritti da Mario Soldati…Ricordo che il grande scrittore Carlo Levi, a Villalba, descrisse in “Mafia e politica” una scena che avvenne nella piazza del paese dove si verificava un preciso rituale simbolico. “”Ero arrivato a Villalba la sera, avevo cenato nella casa di Michele Pantaleone, vi avevo dormito, e ci eravamo levati, per tornare a Palermo…Quando mi affacciai, sul selciato della piazza deserta passeggiavano, come fossero lì prima di tutti e di tutto, da sempre, soli, due uomini. Uno, con la coppola calata sugli occhi, alto, grosso e tarchiato, aveva, in ogni suo movimento, l’aspetto del potere. Il suo compagno era con ogni evidenza un secondo, un compare, un subordinato o un guardiaspalle….. Lanciavano di sotto la coppola sguardi obliqui verso la mia finestra, subito rivolgendoli in modo da sembrare di non guardare. Subito, dal corso, entrò in piazza un terzo personaggio. Questo non aveva mistero, era in divisa: era il Maresciallo dei Carabinieri e cominciò a passeggiare in mezzo ad essi. Quei tre potenti andavano così, avanti e indietro sulla piazza vuota. I loro passi risuonavano nel silenzio: la passeggiata era una dimostrazione…””.
Bellissima raffigurazione di una realtà tragica e amara, in cui il Comandante della Stazione dei Carabinieri non poteva sottrarsi per affermare la presenza dello Stato e della Legge, quale monito ai rei e messaggio di sicurezza per i cittadini onesti. Questa figura dell’Eroe positivo è sempre esistita nell’immaginario popolare, perché davvero aderente alla realtà della vita in ogni dove, dalle Alpi alla Sicilia.
E ciò si è verificato anche in televisione; ed è così che il Maresciallo Rocca lo abbiamo visto operare in una Stazione Carabinieri di Viterbo, vedovo da anni, con tre figli, con una relazione con la bella farmacista. Le sue brillanti indagini coinvolsero spesso la sua famiglia, ma grazie al suo intuito, il Maresciallo imboccò sempre la pista giusta, tutelando da buon Padre di Famiglia i suoi cari e assicurando i criminali alla giustizia. Certo, l’Arma, nella sua essenza, è quella di sempre, e le sue 5000 Stazioni garantiscono la presenza dello Stato e danno ancora il senso di un’Italia consapevole delle sue tradizioni e delle sue libere Istituzioni. Sappiamo però che la società mutata in peggio che fa ritenere giusto il superfluo colpisce oggi anche i Carabinieri, con tentennamenti, sbandamenti ed anche suicidi…I Carabinieri ieri erano USI OBBEDIR TACENDO E TACENDO MORIR..; oggi si interrogano e chiedono di essere ascoltati.. ”Potrebbe scapparci fuori un’ammirazione delusa, un’autorità senza valore..” scrisse un 7 febbraio di anni addietro il “Corriere della Sera”…; “I superiori sono molto spesso attenti solo a far carriera. Viene così meno il dialogo necessario tra la base e le gerarchie..” scrisse La Repubblica di un 11 febbraio ;”Marescialli e Capitani dovrebbero capire di più, aiutare di più…manca un vero sostegno e una disciplina morale” disse Giovanni Agnelli junior sull’Espresso di un 11 febbraio…Perché tutto questo?.. Forse oggi c’è fretta di fare carriera…; fretta di buttarsi alle spalle il periodo di comando perché le responsabilità sono maggiori…; fretta nel fare le visite periodiche, scarsi i controlli, l’azione di addestramento di guida superficiale come la conoscenza dei problemi del personale.. e dei loro problemi familiari… E’ probabile che sia così oggi…Nella Pubblica Amministrazione un gran danno l’esasperazione delle carriere, le collocazioni significative di status symbol, gli orpelli del dopo che conti….E un domani così bisogna chiederlo…saperlo richiedere…il richiamo va alla Politica, che troppo spesso si mostra disattenta alle varie esigenze e si muove soltanto quando ritiene, come allora Cicerone, che “Annibale sia alle porte..”
Ho terminato per i miei 25 lettori…rinnovando un dovuto ONORE AI CADUTI!!
CARABINIERE Raffaele Vacca, Generale di Divisione nella Riserva