Facciamo ora una breve analisi sulla travagliata legislazione antidroga nostrana.
Il 12 febbraio 2014 la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima la Legge Fini-Giovanardi del 2006, perchè improvvidamente equiparava le droghe leggere, come la cannabis e l’hashish, a quelle pesanti, come eroina e cocaina. Uno spacciatore di hashish, infatti, con la legge precedente, la cosiddetta Iervolino-Vassalli, rischiava il carcere tra due e sei anni, mentre con la Fini-Giovanardi, la Legge cassata, la reclusione era aumentata da sei a vent’anni.
Per informazione, partiamo dalla Legge del lontano 1923 che puniva la vendita, la somministrazione e la detenzione e, con una multa, la partecipazione “a convegni in fumerie”(era l’epoca dell’oppio e delle bevute di assenzio). Successivamente, la Legge del 1934 introdusse il ricovero coatto dei tossicomani in “case di salute”(leggi manicomi). Novità rilevanti furono invece apportate dalla Legge n.1041 del 1954, che i vecchi operatori di Polizia giudiziaria ricordano, che non prevedeva, aggiungo pericolosamente, alcuna distinzione tra commercio e uso personale. Quindi, spacciatore e consumatore (anche con un grammo di cannabis), erano arrestati e condannati indistintamente. La svolta decisiva, con una legge di grande civiltà giuridica, si ebbe invece nel 1975 che, pur vietando la detenzione, prevedeva la non punibilità per l’uso personale di una “modica quantità”, introducendo quindi una più che intelligente distinzione tra spacciatore e consumatore, secondo il principio che la trattazione del tossicodipendente era di competenza sociale e medica mentre quella dello spacciatore della Polizia Giudiziaria. Proprio in virtù di ciò, furono adottate misure di prevenzione per chi volontariamente si sottoponeva alla riabilitazione presso presidi medici e sociali, mentre permaneva il ricovero coatto da parte dell’Autorità Giudiziaria per motivi di necessità e urgenza.
Come alcuni ricorderanno, lo Stato, che avrebbe dovuto presiedere al recupero e all’assistenza, delegò con forti contributi tale aspetto a privati, a volte improvvisati, che gestirono il fenomeno con prospettive di grandi guadagni. Comunque, la diffusione del fenomeno e l’allarme mediatico portò a criteri maggiormente repressivi, per cui si arrivò al “Testo Unico” del 1990, che introducendo il principio dell’illegalità della detenzione, anche per uso personale, prevedeva sia l’attivazione di un procedimento amministrativo del Prefetto sia anche l’istituzione dei servizi pubblici (Ser.T) con compiti di prevenzione, cura e riabilitazione, sia infine l’abolizione del ricovero coatto disposto dall’Autorità Giudiziaria. Il referendum del 1993 modificò in parte questa norma, eliminando la dose media giornaliera ed abolendo la competenza dell’Autorità Giudiziaria nei casi di recidiva nella detenzione per uso personale, che restava di pertinenza prefettizia.
Dalla relazione 2016 della Direzione Nazionale Antimafia (Dna) presentata a Roma dal Procuratore Nazionale Franco Roberti apprendiamo che il controllo del traffico di droga fornisce alle mafie una forza economica che non hanno mai conosciuto. Il giro di affari in Italia è calcolato attorno ai 35 miliardi di euro, nel mondo si arriva a ben 560 miliardi di euro. Siamo di fronte a una vera e propria epidemia: 250 milioni di persone al mondo assumono droghe almeno una volta l’anno, 25milioni sono veri e propri tossicodipendenti. Almeno 200.000 persone ogni anno muoiono per conseguenze del consumo di droghe. Quindi, abbiamo assistito ad un’altalena di Leggi che mai hanno affrontato, “more italico”, la complessa, delicata materia in modo organico, compiuto e definitivo; materia che, certamente, non troverà soluzione nella legalizzazione di droghe leggere da taluni ben noti ambiti politici auspicata.
Certo, il problema è tutto politico; di quella politica che dovrebbe per carità di Patria evitare decreti come il recente “svuota carceri” che riduce della metà la durata delle pene e che consente l’uscita da galera di migliaia di delinquenti, spacciatori e mafiosi. Tutto ciò si sarebbe potuto evitare se per tempo, proprio per decongestionare le carceri ed evitare le sanzioni dell’Europa, fossero stati ampliati gli ambiti di detenzione esistenti e riattivate strutture ancora valide e utilizzabili, come anche assunto personale di Polizia Penitenziaria, oggi sotto organico, ma soprattutto accelerando i processi.
Concludendo, invitiamo a considerare se la legalizzazione delle droghe leggere risolverà il problema dei giovani… magari vendendola in farmacia. Chissà? Sarebbe stupendo! Va considerato però che le mafie, per coltivare la canapa o importarla dall’estero, riferisce Gratteri,non pagano luce, acqua e personale. Se lo Stato legalizzerà dovrà assumere operai, pagare le coltivazioni e il confezionamento.
Si è fatto un esperimento a Modena creando delle serre e si è visto che un grammo costerebbe 12 euro, mentre sul mercato clandestino da 3 a 5…
Che dire?
Del direttore:
Certo è da ridere, per non usare altri termini quale potrebbe essere da idioti, pensare che la legalizzazione è consentita per “uso ricreativo”. “No droga? Ahi, ahi, ahi!… No svago, no divertimento!”parafrasando una nota pubblicità, perchè senza droga non ci si può divertire.
Nessuno, però, ha spiegato in cosa consiste questa “ricreatività” con la droga…
Pertanto, dopo aver consumato legalmente la droga per “uso ricreativo”, anche la guida è da ritenersi legittima con tutte le sue conseguenze…