“Ha creato una nuova espressione poetica nell’ambito della tradizione della grande canzone americana“, è stata la motivazione ufficiale. Dopo l’”Oscar” a “La Grande Bellezza”, in cui Sorrentino ha fatto una brutta copia di “Roma” che è un capolavoro, e il Premio SIAE, a Venezia, per “The Young Pope”, non c’è più da meravigliarsi. È evidente che qualcosa non quadra più.
I due personaggi, oggi in due nature diverse, si incontrano in una sola dimensione. Retorica sconfinata alla quale manca poco alla divinizzazione per l’uno e per l’altro…ma, andiamo con ordine. Ho la pretesa di conoscere alcune discipline dell’arte e dello spettacolo. Perché? Perché per una ragione personale, ho questo interesse di natura ereditaria. A questo aggiungo il fatto che mia madre era insegnante di musica per cui posso dire di avere assimilato le nozioni di questa forma estetica e artistica insieme, in modo induttivo, fin dalla mia più tenera età e, nonostante gli studi seguiti, tecnico industriali, di conoscerla bene.
A questo aggiungo ancora che, grazie al matrimonio di una sorella di mia madre con un ufficiale dell’Aviazione Militare Statunitense, durante l’ultima guerra, ho una cugina nata negli USA, e che oggi vive in Italia, che mi ha fatto conoscere moltissime tendenze poetico-musicali del suo paese per cui, quindi, che anche di queste, ho una conoscenza non trascurabile.
La motivazione cui ha beneficiato Bob Dylan, di cui, grazie a mia cugina, il nome non mi è giunto nuovo, mi ha sorpreso e non poco. La ragione è una sola ed elementare.
Ricordavo Bob Dylan ragazzo che “abbracciando” i problemi sociali statunitensi, con la chitarra e l’armonica al collo, si esprimeva nel folck rock, Blues rock, rock and roll, Country rock. Mia cugina, una fan del rock, (come gran parte della gioventù statunitense che ha immortalato Elvis Presley) ne tesseva le lodi e me lo indicava sempre insieme ad una miriade di altri nomi che mi son perso per la strada.
Oggi, al conferimento del Nobel a Dylan, riascoltando alcune canzoni da lui interpretate e trasmesse dai notiziari a corredo della notizia, non ho potuto fare a meno di riconoscere in lui tutta quella miriade di voci i cui personaggi mi ero perduto un po’ per la strada. Non c’era alcuna differenza fra lui e mille altri cantanti dello stesso genere che negli USA, e che da qui giravano il mondo, i quali facevano esattamente la stessa cosa.
Ritmi sempre identici, a rigore di “fotocopia”, voce sempre impostata nella medesima tonalità, oggetto delle composizioni, non l’”amore”, come avviene nel 99% dei casi, ma i problemi sociali. Tutti perfettamente uguali; se è Premio Nobel lui, a giusta ragione, dovrebbero esserlo anche tutti gli altri.
Un commento estrapolato dall’Internet dice testualmente: “Un artista visionario, il simbolo di un’intera generazione, l’emblema della protesta contro il potere, la guerra, il razzismo e qualsiasi altra forma di ingiustizia sociale”. Probabilmente con queste parole lo scrivente avrà inteso di “celebrare” o il conferimento del Nobel a Bob Dylan e di esaltare il suo impegno sociale, ma se “leggiamo” attentamente le parole, ci accorgiamo di tutt’altro significato, “artista visionario”. Si; è questa l’espressione più giusta che gli si può attribuire, “artista visionario”. Simbolo di una generazione che è stata protagonista di una protesta contro tutte le forme di ingiustizia sociale, il potere, innanzi tutto, il razzismo ecc., ecc.… perché, quando si “abbracciano” questi temi bisogna avere chiaro il senso della realtà. Quella generazione ha prodotto il fenomeno non trascurabile e paradossale di “aderire” in un secondo momento, a tutte quelle cose che prima aveva condannato perché i valori nuovi che rivendicava non esistevano e quella società, costituita da quelle contraddizioni condannate prima, paradossalmente, poteva darle quello che lei desiderava.
A quale scopo ha “cantato” quei problemi Bob Dylan? Per risolverli? Non sembra; sono aumentati, alla pari di come descrive “Arancia Meccanica”.
Allora si fanno strada due sospetti. Primo, che abbia voluto strumentalizzarli, per avere un “soggetto” “da cantare” che, andando “controcorrente”, gli desse originalità e popolarità. Protagonista della lotta contro il “potere”. Certamente non avrà fatto questo “per la gloria” né per filantropia o per missione umanitaria, per cui il ricavato, che non immaginiamo di che patrimonio possa consistere, che è lo scopo per il quale lui ha cantato e canta, non è uno dei simboli di quel “potere” contro il quale “canta”? Che cosa ne avrà fatto, lo avrà devoluto al sostentamento della “causa” che “cantava” per essere coerente con le sue “cantate”…o non? Questo episodio mi ricorda un altro cantante rock, Sting. Aveva fatto una tournee intorno al mondo per “cantare” il “disboscamento” dell’Amazzonia e io lo seppi perché il giorno che aveva fatto tappa a Roma, era sabato ed io, armato di macchina fotografica, mi trovai a Trinità dei Monti, e vidi, avanti all’albergo Hassler, una gran folla di ragazzine in piena crisi isterica che aspettava che lui uscisse.
Qualche giorno dopo, nella banca in cui prestavo servizio, mi capitò l’occhio su un giornale lasciato da un collega nella pausa pranzo. L’articolo parlava della sosta a Roma di questo cantante, e menzionava il dato non trascurabile che, indipendentemente dall’entusiasmo suscitato nelle adolescenti, dopo aver “cantato” la condanna del disboscamento selvaggio dell’Amazzonia, se ne tornava a casa con un gruzzolo di quattro miliardi, di allora, che non devolveva, certo, all’Amazzonia; mica era fesso!
Secondo; nella nostra dimensione mi è capitato spessissimo di conoscere fenomeni che, apparentemente, hanno del paradossale. Personaggi che fanno cabaret, tutte le avanguardie del teatro, i teatri di ricerca e chi più ne ha, più ne metta e in mezzo ci mettiamo anche il Grande Fratello. Nel momento in cui a costoro “capita” il “momento di fortuna”, specie con il cinema, vi si gettano dentro capo e collo e vocazioni retoricamente decantate, passioni retoricamente nascoste ecc., ecc., se ne vanno “a farsi benedire”.
In Bob Dylan non ho trovato filmografia; “andreottianamente” ritengo che non gli siano state proposte offerte. Perché ritengo questo? Perché non credo che le avrebbe rifiutate; sarebbe stato uno stupido e non credo che lo sia. Ho trovato solo una miriade inesauribile di “attività”, scrittore, poeta, attore, pittore, scultore e conduttore radiofonico, che mi significano solo che “si gettava” dove capitava. Accade anche ai nostri “artisti” ma, fortunatamente, non vengono insigniti del Nobel.
Sintesi; suppongo che anche lui, come tanti aspetti paradossali, costituisca un fenomeno paradossale dei nostri “travagliati” giorni per cui, se la massa planetaria, subornata da quel “potere onnipotente” che domina incontrastato sugli esseri umani, segue il fenomeno come viene propinato, il “re”, “nudo”, non lo vedrà mai nessuno fin quando non ci sarà qualcuno che urlerà “Il re è nudo!” e…scompiglierà l’ordine.