Edgardo Sogno, grande patriota italiano!

Edgardo SognoEdgardo Sogno, nell’ottobre del 1978…

…pubblicò per le Edizioni dello Scorpione il libro “Il golpe bianco”, non più ristampato, uscito subito dopo la sentenza di assoluzione nel processo in cui, unitamente a Randolfo Pacciardi e altri, fu accusato di “cospirazione politica mediante associazione”. Un vero e proprio atto d’accusa contro Luciano Violante, il Giudice Istruttore di Torino che l’aveva arrestato. Sull’argomento, “Liberilibri” ha appena pubblicato un libro di Pietro Di Muccio de Quattro, intitolato “Il golpe bianco di Edgardo Sogno” (euro 15,00), dal quale emerge la figura di un grande patriota della Resistenza che rischiò la vita combattendo i nazifascisti ma anche difendendo la libertà dal totalitarismo comunista, tanto da essere ingiustamente e paradossalmente accusato di essere un fiancheggiatore dei fascisti.

 

Edgardo Sogno, racconta l’autore dell’interessante saggio, era contrario al compromesso storico e perseguiva l’idea di una “riedizione del centro degasperiano, costituito dai quattro partiti di centro contro i due estremismi di destra e di sinistra, il fascista e il comunista. Dunque, non solo un cuneo tra DC e PCI, ma anche un muro contro sinistre protese alla conquista del potere e contro le mene dell’autoritarismo neofascista … Come tale, Sogno divenne il nemico e l’avversario dei rossi e dei neri … Il suo modello era De Gaulle, non Pinochet”. Pietro di Muccio approfondisce un aspetto storiograficamente molto importante sul concetto di Resistenza, vale a dire che “mentre è incontrovertibile e universalmente riconosciuto che gli Alleati e l’Armata rossa hanno schiacciato le forze dell’Asse, in Italia permane la vulgata dell’Italia liberata dalla Resistenza partigiana anziché dagli angloamericani. Il sillogismo è il seguente:i comunisti sono stati gli artefici della Resistenza; la Resistenza ha liberato l’Italia; i comunisti hanno liberato l’Italia..(e ancora)..I comunisti, non solo mai hanno valorizzato l’antifascismo non comunista, hanno sempre cercato di occultarlo e screditarlo, presentandolo come irrilevante, viziato, sospetto. I comunisti (poi) non hanno mai smesso di considerare gli antifascisti borghesi, o semplicemente non comunisti, alla stregua di nemici di classe …

“Proprio quel che è successo ad Edgardo Sogno, che pagò amaramente le conseguenze di tutto ciò. La sera del 5 maggio 1976 Sogno fu arrestato su mandato del Giudice Violante e  trasferito a Regina Coeli. Subito dopo Violante si spogliò del processo per inviarlo a Roma per competenza. Sogno rimase in carcere un mese e mezzo non solo senza prove di colpevolezza ma addirittura sulla base di un indizio inesistente, cioè la fantomatica lettera di tal avvocato Antonio Fante di Padova (peraltro rinvenuta a seguito di perquisizione nell’archivio di Sogno con l’annotazione: “È un matto”), che farneticava di riunire tutti i gruppi di estrema destra in vista di un colpo di Stato.

Il Giudice del Tribunale di Roma, Francesco Amato, assolse Sogno e gli altri “cospiratori” perché “il fatto non sussiste”. Una piena assoluzione, che sancì che l’ex Ambasciatore, con la sua azione culturale e politica anticomunista e antifascista non perseguì alcuna intenzione golpista, argomentando tra l’altro che “.. È appena il caso di aggiungere che per costante giurisprudenza è questa la formula da adottare quando, come nella fattispecie, non ci si trovi di fronte a prove … ma a congetture, a meri sospetti, che non assurgono nemmeno a livello di indizi, a elementi fragili, evanescenti, di ambigua interpretazione o di insufficiente valore probatorio”.

A seguito di ciò, Violante fu denunciato da Sogno per falso ideologico, nella competenza della giurisdizione di Venezia, come stabilito dalla Cassazione. Per tale denuncia, il Giudice Villacara del Tribunale veneziano, nell’assolvere il Magistrato perché “il fatto non costituisce reato”, scrisse però nella sentenza che Violante “”..incaricato di svolgere un’istruzione su un caso giudiziario complesso, di portata nazionale e dagli sviluppi imprevedibili, nella vana ricerca della lettera chiarificatrice 1 luglio 1974, spiegò unilateralmente e forse affrettatamente, rimanendo egli stesso vittima di eccessivo zelo, la portata della più volte riferita missiva, pervenendo al convincimento, sia pure erroneo, dell’esistenza di una situazione identica a quella che attestava, poi, nel provvedimento de quo (il mandato di perquisizione) e quindi difettava in lui la coscienza e la volontà di immutare il vero e vi era il convincimento del contrario..(e, proseguendo)… né riveli, nel suo significato obiettivo, alcun elemento, che possa rendere manifesta od almeno raffigurabile la partecipazione del Sogno ad una organizzazione intesa a raggruppare tutti i gruppi di estrema destra, tra i quali anche Ordine Nuovo..”

Ma i guai di Sogno non terminarono perché dopo la prima edizione del libro, nel 1978, nonostante fosse stato assolto con formula piena, entrò in una serie di disavventure e guai giudiziari; la sua famiglia fu rovinata, tanto che per far fronte alle spese  fu costretto a vendere il palazzo avito. E tutto questo grazie, come afferma Di Muccio, alla consolidata giurisprudenza che lascia reintrodurre di fatto in Italia il “crimen lesae maiestatis”, rendendo incensurabile e inviolabile il Magistrato, anche quando sbaglia!

Ben diverso fu il destino del giovane Giudice Istruttore di Torino che nel 1979, l’anno dopo il processo, entrò in Parlamento come Deputato comunista.

Edgardo Sogno morì il 5 agosto 2000; quattro mesi dopo uscì il suo libro-intervista con Aldo Cazzullo, “Testamento di un anticomunista. Dalla Resistenza al “golpe bianco””. Il libro suscitò interesse e polemiche. In esso Sogno dichiarava di aver effettivamente ordito una “operazione politica e militare”. Ci fu chi disse che era necessario chiedere scusa a Violante che in quel momento era Presidente della Camera dei Deputati. Ma il quadro giuridico, come scrive Pietro Di Muccio de Quattro, “non cambia neppure se completato con le rivelazioni di Sogno alle soglie della morte … (perché) non costituiva affatto o non costituiva ancora una condotta delittuosa.. (ma una) lecità attività di opposizione e non di cospirazione politica”. Con questo l’autore del libro ha voluto affermare che tutta la vita e le opere di Sogno hanno costituito un’autentica e libera “orazione per la libertà e la giustizia contro abusi e manipolazioni”.

Con la pubblicazione de “Il golpe bianco di Edgardo Sogno”,  in molti, ora, dovrebbero chiedere scusa alla memoria illustre di un grande liberale, Eroe della Resistenza, Medaglia d’ Oro al Valore Militare e autorevole Ambasciatore d’Italia, tanto che la sua vicenda giudiziaria è assimilabile all’affare Dreyfus” proprio perchè in tutt’e due i procedimenti penali furono effettuati arresti ed emessi gravi provvedimenti solo sulla base di documentazioni che poco o nulla avevano a che fare con gli imputati. Ricordiamo che il caso Dreyfus, nel 1894,  si verificò in seguito al presunto tradimento di Alfred Dreyfus, un ufficiale francese, ebreo, accusato, condannato ai lavori forzati, e poi riabilitato, per presunto spionaggio a favore dell’Impero Tedesco. Per lui, il grande scrittore Émile Zola pubblicò la famosa lettera al Presidente della Repubblica Félix Faure, intitolata “J’accuse!”. La differenza con la nostra Sorella latina, consiste nel fatto che nella nostra bella Italia non c’è stato un personaggio di altissima levatura come  Zola che ebbe il coraggio di prendere le difese di Sogno, costringendolo a farlo in prima persona. E questo perché molti intellettuali italiani, imbalsamati nel credo della silloge sovietica, in quegli anni, erano tutti protesi a svolgere il triste ruolo dei cattivi maestri, ben acculturati nelle farneticazioni deliranti dell’ultracomunismo.

Come non ricordare, come già scritto in passato su questa testata, i motti e i lazzi degli spettacoli gratuiti, quale “Morte accidentale di un anarchico”, di Dario Fo (nella seconda metà degli anni ’90 “giustamente” gratificato dalla sinistra con il Premio Nobel per il Teatro), il quale prese spunto dalla morte, assolutamente accidentale, dell’ anarchico Giuseppe Pinelli, indagato nel quadro delle indagini per la strage di Piazza Fontana del 12 dicembre 1969? Questa farsa ispirò pure la lettera che fu pubblicata per tre settimane consecutive, a partire dal 13 giugno 1971, su “L’ Espresso”, firmata da 800 intellettuali, di cui alcuni di loro, ma solo alcuni, chiesero poi tardivamente scusa. Tale documento, tra l’altro, definiva il Commissario Luigi Calabresi, ucciso dagli eversori dello Stato nel 1972, “..un torturatore..”, lo accusava quale “..responsabile della morte di Pinelli..” e chiedeva di ricusare i “..Commissari torturatori, i Magistrati persecutori, i Giudici indegni..”. Tra i firmatari c’erano artisti, registi, editori, giornalisti, politici, accademici, filosofi, scienziati, sindacalisti e, in generale, molti tra i più noti esponenti della cultura italiana del tempo.

Lasciando queste tristissime oscenità, va un plauso a Pietro Di Muccio de Quattro per aver riproposto alla memoria una vicenda trascolorita dal tempo ma ancora attuale e vivida nel ricordo di chi non sa e può dimenticare.

Di credo liberale, con forti sentimenti di italianità, con un importante cursus nello Stato, quale Direttore Emerito del Senato della Repubblica, come anche di qualificata docenza universitaria, Di Muccio è stato Deputato al Parlamento e, sino al 2006, Consigliere Politico del Ministro della Difesa, Antonio Martino.

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