Riflessioni sul dissesto idrogeologico e sulla non-gestione del territorio
Ancora una volta un disastro. Solo tre anni dopo. Negli stessi luoghi.
Nel frattempo “la più grande Opera Pubblica d’Italia”, ovvero la manutenzione del territorio, non vede ancora la luce. Pur mantenendo una flebile speranza che la neonata Unità di missione della Presidenza del Consiglio contro il dissesto idrogeologico non si trasformi nell’ennesima occasione mancata, abbiamo però esaurito le parole per commentare l’ultima calamità (naturale?) che ha colpito Genova.
E allora lasciamo che lo faccia qualcuno che, pur forestiero, è di casa nei borghi marinari di Genova e dintorni, situati allo sbocco dei ripidi torrenti dell’Appennino ligure. Il Dottor Salvo Montalbano, Commissario di Pubblica Sicurezza nella città di Vigata, Sicilia.
“Non sulamenti chio viva a Vigàta, ma supra a tutta l’Italia. Al nord c’erano stati straripamenti e allagamenti che avivano fatto danni ‘ncalcolabili e da ‘na poco di paìsi l’abitanti erano stati fatti sfollari. Ma macari nel sud non si sgherzava, sciumare che parivano morte da secoli erano tornate ‘n vita armate da ‘na speci di gana di rivincita e si erano scatinate distruggenno case e tirreni coltivati.
La sira avanti, ‘n televisioni, il commissario aviva sintuto a ‘no scinziato diri che tutta l’Italia era a rischio di un gigantisco disastro geologico pirchì non c’era mai stato un governo che si fusse seriamenti occupato del mantenimento del territorio.
‘Nzumma, era come se il proprietario di ‘na casa non si fusse mai dato il pinsero di fari arriparari il tetto romputo o le fondamenta lesionate. E po’ s’ammaravigliava e si lamintiava se un jorno la casa finiva per crollarigli ‘n testa.
Forsi è la giusta fini che nni meritamo…”
(Andrea Camilleri, La piramide di fango, Sellerio, Palermo, 2014)
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