Tematiche etico-sociali

I ragazzi del sud d’Italia nella Grande Guerra

grande guerra vaccaRoma, 18 aprile – Lorenzo Del Boca prosegue le sue ricerche con l’interessante libro: “Il sangue dei Terroni”, con prefazione di Pino Aprile ( edizioni PIEMME-Mi, da un mese in libreria). L’autore, partendo da un dato statistico niente affatto secondario, la presenza di soldati meridionali nell’Esercito italiano durante la Guerra mondiale, ne ricerca le tracce ricostruendone vite, “carriere” e soprattutto morti di un’intera generazione spazzata via: contadini poveri, braccianti, piccoli artigiani, più della metà analfabeti, giovani di vent’anni che furono strappati alle loro famiglie e alla loro terra e mandati a morire in luoghi lontani, tra montagne spaventose e pianure riarse. Il volume si apre significativamente con la prima protesta al femminile contro la guerra (da pag.23), l’undici maggio 1915 a Collesano, nell’hinterland di Palermo: qualunque fosse stato il risultato della guerra, le donne erano consapevoli che avrebbero solo pianto padri, mariti e figli. Altre manifestazioni ci furono in provincia di Agrigento (a Campobello di Licata fu arrestata Maria Ponticello, l’anima della manifestazione pacifista; in prigione finì anche Maria Segreto a Ribera…A Pacecco si ritrovarono in cinquecento per raggiungere Trapani…) Questa la condotta della Guerra. La burocrazia dell’Esercito si rivelò un immenso caravanserraglio, dove ciascuno si trovava sempre in movimento senza sapere dove andare e cosa fare. Un grande agitarsi, con fatica e affanno… L’Esercito italiano andò in guerra in modo affrettato. Gli Stati Maggiori mancavano delle capacità strategiche e i magazzini dell’intendenza erano vuoti. Niente armi, niente divise, niente scarpe!
L’Italia (pag.34) contava 34 milioni e mezzo di abitanti. Gli arruolati furono 5.900.000. Nel 1920 si parlò di 517.000 caduti, che nel 1925 diventarono 572.000 e nel 1926 salirono a 677.000. Ma mancano i morti in prigionia, che furono almeno 100.000, e quelli ricoverati negli ospedali psichiatrici, frettolosamente indicati come “scemi di guerra”…La maggior parte dei feriti non sopravvisse oltre il terzo anno di convalescenza. Meglio dire che la guerra mondiale costò all’Italia un milione e mezzo di vittime….Nel triangolo industriale Milano-Torino-Genova, vennero dispensati 720.000 coscritti che rimasero a lavorare nelle fabbriche “per esigenze imprescindibili della produzione industriale bellica”…Il Sud le aziende le aveva avute ma il Risorgimento trovò il modo di asfissiarle (prima) per chiuderle (poi)…Nell’ottocento il Regno delle due Sicilie poteva considerarsi all’avanguardia nello sviluppo industriale…(da pag.39). A leggere le lettere e i diari che i militari scrissero al fronte, emerge il dramma del distacco (da pag. 25), la sensazione di affrontare un destino ignoto, precario e pericoloso.. L’Archivio diaristico nazionale di Pieve Santo Stefano si è rivelato essere una fonte preziosa, anche se difficile da consultare e da sintetizzare, perché nella maggior parte dei casi sono testimonianze in diari di persone non abituate a scrivere, che hanno voluto raccontare ciò che hanno vissuto. Presso la Fondazione Museo storico del Trentino è conservato un archivio di scrittura popolare, così come epistolari dei Soldati al fronte, sono custoditi nell’Archivio di Stato di Brescia.…. Di contro, molto interessanti  le “Lettere famigliari” del Generale Cadorna, che raccontano una vita al fronte completamente diversa da quella della realtà, che per altro il grande Generale non sapeva nemmeno esistesse.  “Perché devo andare a uccidere quel ragazzo, su quella montagna, o a farmi uccidere da lui, per rubargliela, se quella montagna è sua? (pag.63)- scrive il Soldato Luigi Postacchini – quando so che neppure lui vuole farlo?..”. Da molte testimonianze di soldati emerge che non c’era niente o nessuno da “liberare”… La strategia della guerra fu impostata su criteri burocratici e non adeguata alle situazioni. Sarebbe bastato un pizzico di coraggio-scrive Del Boca- e un minimo di intraprendenza per sfondare la linea difensiva Austro-Ungarica e realizzare (da pag. 68) davvero un progetto che, a tutta prima, poteva sembrare velleitario. Contro l’invasione italiana, infatti, le frontiere del Friuli e del Trentino non erano protette…Nelle prime settimane di guerra gli Austriaci furono in grado di schierare soltanto 44 Compagnie. I Soldati italiani erano solo 500.000 dei 900.000 teoricamente disponibili. E mancavano mezzi, auto, mitragliatrici. Ma un Comandante audace non si sarebbe lasciato sfuggire l’occasione…Occorreva muoversi senza esitazioni, e pochissimi Comandanti italiani mostrarono la consapevolezza  e la determinazione necessarie…..Sull’altro fronte, più concretamente, il Generale Konrad Krafft Dellmensigen osservò che “gli Italiani avrebbero potuto ottenere molto di più se avessero saputo sfruttare il vantaggio…. Potevano  al momento della dichiarazione di guerra penetrare da ogni parte con grandissima superiorità e impadronirsi di ciò che volevano..Immobili e quasi paralizzati dalla loro stessa superiorità”. Bellissime le pagine del Capitolo 8 (da pag.110) su “Il calabrese superdecorato e il Soldato Giuseppe Ungaretti”. Nazzareno Cremona, calabrese di Monteleone (oggi Vibo Valentia nda), Capitano del 19° Regt. della Brigata Brescia, sarebbe soltanto un nome se non avesse militato nello stesso reparto del Poeta Giuseppe Ungaretti…Per la grande maggioranza i Soldati di quel Reparto erano Calabresi con leccesi, qualche siciliano, un gruppo di Potenza e sei molisani. Alla fine del 1915 arrivò anche Giuseppe Ungaretti rampollo di una famiglia originaria di Lucca… Ungaretti si schierò con gli “interventisti”….La sua fu una scelta di cuore..e fu destinato nella Compagnia del Capitano Nazzareno Cremona…Il 23 marzo, Ungaretti spedì una lettera a Giovanni Papini (18811956; grande scrittore e  poeta italiano): “Quanto sacrificio ci vorrà ancora per vincere?” Il Poeta restava convinto della causa interventista ma si rendeva conto che l’obiettivo poteva essere raggiunto solo lastricando-letteralmente- la strada di cadaveri….Eccomi qui Papini. Poichè la morte significa annullarmi, per me, ho paura di morire, e forse dovrò presto morire.” Fra gli amici di Ungaretti caduti nel conflitto vi fu anche il citato Capitano Nazzareno Corona. Non mancò di far giungere un messaggio al Padre dell’Ufficiale:”…Il mio ‘Porto Sepolto’ con antologia della poesia nuova uscirà in edizioni forse presto…Ho amato a prim’anima il Capitano Cremona e vorrei portasse il segno di quest’affetto schiantato. Mi autorizza? Il mio libro di desolazione, nato nella guerra, quasi sotto gli occhi di lui, i suoi chiari occhi, avrà anche una visione di speranza…”. (Da pag.149) Leggiamo come il record della repressione tocchi proprio all’Esercito italiano che, per buon peso, accanto alla procedura “ordinaria”, fece largamente ricorso alle esecuzioni “sommarie”, che si riflettono con larga approssimazione nella documentazione giudiziaria militare. Eppure, il tormento più sfibrante si concretizzava quando, di fronte a mancanze collettive, si arrivò ad applicare la decimazione. Un soldato ogni dieci, estratto a sorte, veniva passato per le armi. Allo scoppio delle ostilità, proprio il 24 maggio 1915, Cadorna decretò che “in ogni contingenza di luogo e di tempo” doveva “regnare sovrana una ferrea disciplina….Essa era la condizione indispensabile per conseguire quella vittoria che il Paese aspetta e che il suo Esercito deve dargli. Il Comandante supremo pretendeva “ordine perfetto e obbedienza assoluta…La punizione intervenga pronta..distrugge sul nascere i germi dell’indisciplina, scongiura mali irreparabili”. I Tribunali Militari (pag.152) furono travolti da una fiumana di pratiche. Furono istruiti 400.000 processi..Alla fine 50.000 risultarono ancora pendenti. Vennero pronunciate 170.000 condanne. Furono pronunciate 4.000 condanne a morte, 15.545 ergastoli e 15.332 condanne a lunga detenzione.L’Ufficio statistico compilò un elenco di 107 esecuzioni sommarie comprovate da verbali o rapporti ufficiali…Ma è certo che il numero delle esecuzioni fu maggiore, al punto che gli storici ipotizzano un numero prossimo a mille….Anselmo Ruffini, di Castelfidardo, (pag.155) finì davanti al plotone di esecuzione perché salutò il Generale Graziani senza togliersi la pipa dalla bocca. E Pietro Scribante, di Gattinara, fu freddato perchè, in marcia, tentò di appoggiare lo zaino sul carretto di uno che passava….In una relazione del Generale Graziani si legge:” Ho ordinato la fucilazione alla schiena di tre soldati per saccheggio…” Erano i giorni della disfatta di Caporetto e l’accusa di saccheggio non poteva che apparire ridicola. I soldati senza comando e servizi per sopravvivere mangiavano quel che trovavano..Ci sono voluti novant’anni per far emergere i nomi dei Militari della Brigata “Catanzaro”, fucilati per decimazione e inghiottiti in un cono d’ombra (da pag.164). Fin dall’inizio del conflitto quei soldati vennero impiegati in prima linea, a diretto contatto con il nemico, e ci restarono praticamente per tre anni e mezzo, sopportando ogni fatica imposta dalla guerra. Il 26 maggio 1916, non ebbero la possibilità di reagire e si sbandarono. Al mattino, chi ritornò all’accampamento trovò la giustizia sommaria ad attenderlo.  Al muro finirono il Sottotenente Giovanni Romanelli e  tre Sergenti più altri otto soldati estratti a sorte fra gli 82 Militari che erano rientrati in ritardo, cioè quando avevano potuto. Altri sei graduati e 68 Soldati furono denunciati al Tribunale di guerra del XIV Corpo d’Armata. La Brigata “Catanzaro” lasciò sul campo il sessantaquattro per cento degli effettivi: 2.468 morti, 12.867 feriti e 2.203 dispersi. In premio, due Medaglie d’Oro al Valore.
Di fatto, si stavano combattendo due guerre speculari con protagonisti quelli che avevano studiato tattica e strategia militare per una vita, preparandosi alla guerra (gli Ufficiali di Stato Maggiore), che stavano a 12 chilometri di distanza dal fronte e si limitavano a dare ordini, e i ragazzi di leva che invece di  continuare a lavorare nei campi dei “terroni”, furono obbligati a improvvisarsi guerrieri.
Concludendo, rendiamo commossi Onore a quei giovani oscuri Soldati della Patria che lavarono con il loro sangue le pietraie del Carso e i dirupi dell’Altopiano; a quei ragazzi che nel corso del conflitto più vasto e spaventoso della storia, diedero la vita per una Patria unificata da pochi decenni. Un’intera generazione annientata! Rendiamo ovviamente ancora omaggio commosso e riconoscente ai tanti e tanti Eroi che hanno evidenziato immane coraggio e valore nel nome dell’Italia nostra !!

Sul tema della Grande Guerra, nostri articoli: – “La vita di Fulcieri: onore ai Caduti! ” del  30 Novembre 2014; -“L’Eroico e leggendario Alpino Iginio Coradazzi nella Grande Guerra” del 16 Dicembre 2015; – “Il timore dei soldati nella Grande Guerra: l’assalto” del 10 Marzo 2016 

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