Qualcuno, da alti pulpiti (anzi, il più alto), ha detto che siamo entrati nella terza guerra mondiale. Può essere, ma di quale guerra si tratterebbe, non si è poi tanto sicuri, elastici apparendo i suoi contorni.
Andiamo con ordine.
Di sicuro non è (fortunatamente) militare. Se il titubante occidente avesse voluto (o volesse ancora) mostrare i muscoli, non avrebbe soverchie difficoltà a sbaraccare, in qualche giorno, con le armi micidiali di cui dispone, il fantomatico I.S. (o ISIS che dir si voglia), stato nato per partenogenesi musulmana in poco più di tre (!) mesi, che si pone come il padre spirituale e materiale di tutti i terrorismi. Israele impiegò sei giorni per avere ragione di tutti (diconsi tutti) i suoi nemici limitrofi.
Guerra, allora, religiosa? Anche qui, direbbe il mio contadino, qualcosa non porta paro. Premesso che personalmente, ho sempre avuto una sana diffidenza verso tutte le guerre basate esclusivamente su una volontà di imposizione di una determinata confessione religiosa a danno di un ‘altra, i recenti fatti di Parigi ci debbono indurre, quanto meno, a coltivare il sano esercizio del dubbio. La domanda è questa: vista la levata di scudi dell’opinione pubblica e l’unanime esecrazione che ne è seguita, che guadagno è derivato alla causa islamica? Quale forza di penetrazione conserva in Europa dopo l’immagine sanguinaria che è stata offerta da quei cadaveri uccisi in nome di Allah? Può ancora apparire come religione di pace e di accoglienza? Può contare sull’ offerta di principi accettabili anche da un punto di vista razionale (come disse qualcuno in quel di Ratisbona)? Se non possiamo avere risposte immediate, è lecito, però, supporre che la strada, per qualsiasi musulmano pacifico e moderato sarà, d’ora in poi, senz’altro in salita. Es: la concessione per la costruzione di una moschea sarà, ora, più agevole? Non pare che, se lo scopo dei signori con la barba sia l’islamizzazione dell’occidente, i mezzi impiegati possano dirsi i più idonei.
Se, quindi, di guerra si deve parlare, ci sembra opportuno riflettere su altri fatti.
Fin che è esistito l’ Impero Ottomano, l’Europa, per tale intendendosi la gloriosa Repubblica Veneta, la Spagna e pochi altri, ha sempre intrattenuto con il medio oriente (interamente islamizzato) ottimi rapporti commerciali. I vari soggetti economici si sono sempre confrontati con rispetto e reciproca soddisfazione, avendo tratto dagli scambi sicuri vantaggi. Il teatro più fertile di arricchimento reciproco è stato sicuramente il Mare Adriatico che, pur macchiato di sangue, ha visto fiorire un commercio intensissimo tra mondo occidentale e medio orientale. In particolare, Venezia e Bisanzio si confrontarono sempre, anche duramente, ma capirono che avevano bisogno l’uno dell’altro, perché entrambi erano portatori, a loro modo, non solo di civiltà, ma anche di beni e di ricchezza. Questo stato di cose durò fin quando i due imperi videro decrescere il loro ruolo di competitors commerciali, a seguito della lenta decadenza della città lagunare e del penoso disfacimento dell’impero col turbante, a causa dello spostamento dell’asse politico, militare ed economico verso l’impero austro-ungarico. In tal modo, l’Adriatico vide tramontare la sua epoca d’oro e il medio oriente si avviò verso un progressivo e desolante inaridimento politico, economico e sociale. L’impoverimento di quelle zone, in particolare l’ Egitto e le zone rivierasche, ancora non definite politicamente come sarebbe poi avvenuto dopo la seconda guerra mondiale (Churchill che disegna i confini con il sigaro e il bicchiere di whisky), provocò danni incalcolabili. Quella pace che prima era assicurata dal sano commercio venne meno e, in quelle zone, la povertà, brodo di coltura ideale per chi semina odio e fomenta guerre, si diffuse a macchia d’olio. A quel punto, il ricco occidente cessò irrimediabilmente di dialogare con quel mondo musulmano con cui, ancora qualche secolo prima, aveva rapporti di scambio e, perciò, di rispetto. Le ragioni e i torti stanno da ambo le parti. Il mondo arabo era e, purtroppo, continua ad essere, di per sé, basato su di un organizzazione sociale primitiva e tribale, e, perciò, assolutamente inadeguata ai mutati tempi. Dal canto suo, l’ Europa si è sempre più staccata dalle sue radici culturali greco-giudaico-cristiane per inseguire il sogno finanziario, allontanandosi dall’ economia reale, basata sulla produzione di beni ed il loro scambio. È, quindi, ovvio che i due mondi non poterono e non possono più dialogare. Il mondo arabo (con esclusione degli stati filoamericani, ricchi e petrolizzati) appare sempre più in balia dei vari imam e capozzielli che armano i più poveri tra i poveri con l’ illusione delle quaranta vergini, mentre, dall’altro, gli stati europei, abbandonata la loro storia e la loro spiritualità, si sono suicidati votandosi alla fetida unione (in minuscolo) che ha fatto della finanza il suo unico totem. E così i due mondi, già di per sé lontani per quanto ora detto, si sono trovati nemici , ma non in nome del profeta, questo è il punto, ma solo della pagnotta. L’economia, la sana economia reale, fatta di lavoro e di etica, sia cattolica che protestante, non costituisce più il terreno d’incontro delle civiltà, perchè ha ceduto il posto ai salotti ovattati delle ricche banche d’affari che non possono avere interlocutori umani (musulmani o cristiani che siano) ma solo computer. Questo è il vero dramma dell’Europa, ammesso che ancora esista, e del mondo medio orientale.
In conclusione, a nostro modesto avviso, la religione, da sola, non aiuta a capire fino in fondo la vera ragione delle bombe. La pagliacciata dei peripatetici di Parigi è una vergogna per ogni stato europeo, che dovrebbe far riflettere chiunque abbia ancora a cuore le sorti del vecchio continente. Essa ci appare come uno sterile tentativo di difendere la satanica unione con tutti i suoi corollari germanocentrici ed euro (nel senso di moneta) centrici, quando sarebbe stato molto meglio per tutti (intendendosi tutti i popoli del mondo, sempre più globalizzato) che si fosse riservata ai paesi rivieraschi ( Italia, Spagna, Grecia, Portogallo, i pigs, per intenderci……) la possibilità di interagire col mondo arabo musulmano come, per secoli, era avvenuto, se non sempre in pace, almeno con rispetto.