La ferocia dei banditi provocò, giustamente, reazioni notevoli. All’inizio del fenomeno il quadro socio-economico era quanto mai difficile; le eroiche gesta dei Mille di Garibaldi, in verità, avevano suscitato nelle popolazioni rurali del Mezzogiorno i più grandi sogni di uguaglianza civile ed economica ma, dileguata l’illusione dei primi entusiasmi, le disparità sociali apparvero ancora radicate e forti. Mentre la borghesia, venuta su dalle rovine del Feudalesimo, si esaltava al trionfo delle sue proprie idealità politiche, le popolazioni dei campi si dibattevano in difficoltà che erano poi il loro pane quotidiano. Francesco II di Borbone si trovava a Roma, esule, ed era accusato, forse ingiustamente, con la moglie, Sofia di Baviera (“l’Aquilotta bavara” di d’Annunzio), di complottare, armando galeotti e assassini. In tutto il Mezzogiorno si erano formati comitati di Corporazioni; il Clero, irritato dalle recenti riforme ecclesiastiche era, a dire di molti, incline ad ostacolare e, se possibile, rovesciare, il Governo Italiano. Soldati italiani, sempre più spesso, secondo quanto si diceva, si sarebbero uniti ai briganti per non dover più prestare servizio militare. Ma dovunque, le autorità si mossero con la necessaria energia. Il Gen. Cialdini annunciò che avrebbe fatto fucilare chiunque fosse stato trovato con le armi in pugno; il Generale Pinelli, lo storico militare, inviato a reprimere il fenomeno, si fece interprete dell’indignazione che destava in ogni patriota la protezione che, secondo alcuni, la Chiesa avrebbe accordato ai banditi; il Generale De Sonnaz, combatté nel territorio pontificio e, sconfinando, sequestrò moltissime armi, addirittura non poche, in un monastero. La legge Pica (1863), in cinque brevissimi articoli, metteva la repressione giudiziaria nelle mani della Giustizia Militare; fu operante sino alla fine del 1865. La lotta al brigantaggio, com’è noto, impegnò oltremodo l’Arma, ed innumeri sono gli atti di valore, con numerosi caduti sul campo, tanto da costituire vero e proprio punto di riferimento in tanto difficili circostanze. Non è dell’Arma, però, in questa sede, che desidero trattare, avendo recentemente illustrato su questa testata “L’ATTUALITA’.it” i suoi eccezionali comportamenti con l’articolo “L’ARMA DEI CARABINIERI BENEMERITA NELLA LOTTA AL BRIGANTAGGIO IN TERRA DI CALABRIA”, quanto di lumeggiare la figura di un illustre calabrese, Emilio Spina, di Savelli. Con ciò ritengo sia giusto ricordare, soprattutto ai più giovani, questo Eroe positivo, che tanto ha onorato la Calabria intera, perché oltre ad aver lottato contro il triste fenomeno del brigantaggio nelle campagne e nelle montagne del crotonese, per la sua fama e ardimento, nel 1872, fu trasferito con i suoi formidabili “Squadriglieri”, nel territorio del Comune di Taverna, per contrastare la famigerata e leggendaria banda Siinardi di Pietrafitta. Dopo quattro anni di ricerche e scontri a fuoco, con l’uccisione del Capo Banda, si pose fine al brigantaggio nell’intera Calabria. A conclusione della insostituibile sua opera, non accettò l’incarico di Sotto-Prefetto, bensì il grado di Colonnello di Fanteria nel Regio Esercito. Prima del collocamento in pensione, fu promosso Generale. Annoto alcuni cenni biografici. Nato a Savelli nel marzo 1828, vi morì il13 maggio 1901. Fu persecutore del brigantaggio calabrese fin dal1861, ed in seguito a molte operazioni cui prese parte, il 26 maggio 1863 ebbe la nomina a Capitano della Guardia Nazionale Mobile e, il 20 agosto dello stesso anno, ebbe menzione Onorevole del Ministro dell’Interno. Il 1 marzo 1872 meritò la Medaglia d’Argento al Valor Militare “..perché intimato l’arresto al malfattore Pietrangelo Sirianni, questi cercò prendere posto per far fuoco, ma lo Spina seppe con energia afferrarlo e disarmarlo..” (Serrastretta, il 21 maggio 1871). Altri riconoscimenti ricevuti: il 27 luglio 1877 Cavaliere della Corona d’Italia; il 2 marzo 1880 Cavaliere dei SS. Maurizio e Lazzaro; il 21 febbraio 1881 insignito della Medaglia di Bronzo al Valor Militare; il 12 maggio 1881 nominato Tenente Colonnello nella Milizia Territoriale. Dal 12 febbraio 1882 fu nominato, con Regio Decreto, Sindaco di Savelli e confermato in tale carica fino al 1891, epoca in cui, per ragioni di salute, inviò le dimissioni, che non ritirò benché pregato vivamente dalla popolazione e dalle Autorità superiori. Il 20 luglio 1883, fu nominato Presidente della Commissione Mandamentale delle imposte dirette e, poi, Membro della Commissione visitatrice delle Carceri. Numerosissime le lettere di elogio ricevute da Prefetti, Sotto-Prefetti ed uomini politici eminenti del tempo. Fra i numerosi servizi resi nell’interesse della sicurezza pubblica e fra le tante operazioni condotte contro le bande armate che infierivano in Calabria, nel periodo dal 1861 al 1873, sono da ricordare:
-16 settembre1861: dopo conflitto a fuoco assicurò alla giustizia il brigante Pietro Paolo Gentile da San Giovanni in Fiore, nonché “la guida” di questi, Giuseppe Ruggiero;
-3 gennaio 1862: cattura di Luigi Anania, alias “Zupo”, e Pasquale Cucchiarella, della consorteria di Tommaso Greco;
-5 gennaio 1862: arresto di Pietro Tallarico Selvaggio, della banda del famigerato Filiciani;
-26 maggio 1862: a seguito del sequestro di persona operato dalla banda di Francesco Amoroso, da Cotronei, nei confronti di Stefano Scaramuzzo, da Verzino, e Vincenzo Le Pera, da Savelli, furono attuati appostamenti, nel corso dei quali i banditi furono sorpresi in contrada Macchie di Lese, territorio di Cerenzia, e fu ingaggiato accanito e sanguinoso conflitto a fuoco che portò alla morte del capo banda, Amoroso, e alla cattura di due briganti, poi fucilati in Savelli, per ordine del Capitano Bolotta del 7° Reggimento Fanteria, inviato di supporto;
-10 agosto 1862: conflitto a fuoco, in territorio di Cerenzia, contro la consorteria di Fedele detto “lo Sciglianese”, nel quale restarono uccisi due malviventi;
-25 aprile 1863: cattura di Giovanni Dimarco, di Serra Pedace, della banda del famoso Pietro Monaco, inseguita fino alla distruzione della stessa;
-19 aprile 1867: arresto di sette malfattori eseguita nel Comune di Carfizzi e territorio di Umbriatico;
-8 maggio 1867: cattura di Filippo Caputo, alias “Mangia cullure” da San Giovanni in Fiore;
-24 maggio 1867: cattura del grassatore Condosta Tommaso.
-5 agosto 1869: arresto di Francesco Bisonti, gregario del famigerato capo banda Palma;
-9 gennaio 1871: conflitto a fuoco di oltre sei ore con la pericolosa banda Gigliotti, nel quale restò ucciso Giovanni Mancuso, da Polverini, e ferito il Gigliotti stesso, il che consentì, poco dopo, la sua cattura in Serrastretta, e la liberazione di due sequestrati;
-30 luglio 1871: ottenuta la costituzione del capo banda Vaccaro Tommaso, in territorio di Conflenti, si pervenne all’esemplare condanna di questi a 30 anni di lavori forzati;
-12 maggio 1873: arresto del bandito Gauri, evaso qualche tempo prima, in Brognaturo;
-23 luglio 1877 (data incerta) distruzione della consorteria Siinardi, evento che, come avanti scritto, pose fine al brigantaggio nell’intera Calabria.