Il Governo dei Giudici
Di Sabino Cassese, Giudice Emerito della Corte Costituzionale
Roma, 28 luglio 2022 – Ex ministro, Giudice Emerito della Corte Costituzionale e insigne studioso Sabino Cassese ha recentemente scritto il suo nuovo libro, edito da Laterza, che s’intitola “Il GOVERNO DEI GIUDICI”.
Il libro si articola in due parti.
Nella prima illustra il mondo di ieri e quello che esiste negli altri Paesi.
Nella seconda parte i problemi della nostra Magistratura.
Una volta i Giudici erano la bocca della legge. Un potere neutro. Ma alla divisione dei poteri di un tempo è seguita la confusione dei poteri.
La Magistratura si è espansa dappertutto.
Non si limita ad amministrare la giustizia e ad avere uno straordinario potere sulle persone e sulle cose.
Ma ormai fa parte del potere legislativo perché crea diritto di continuo.
E fa parte del potere esecutivo in quanto i Magistrati sono in gran numero nei Ministeri, a cominciare da quello di via Arenula.
Per non parlare del fatto che i Magistrati diventano Parlamentari, Sindaci, Presidenti di Regione per tornare alle loro funzioni.
E poi abbiamo il nuovo potere dei Procuratori, appena un quinto dei Magistrati.
E ormai si parla di una «Repubblica dei Pubblici Ministeri».
Tant’è che «a metà 2020 i procedimenti pendenti civili e penali erano quasi sei milioni».
È agevole far coincidere l’avvio di questo racconto con Mani Pulite, che, trent’anni fa, apparve a molti una rivoluzione necessaria per il rinnovamento del Paese.
Iniziamo a leggere parti del libro.
– da pag.33 “”La Magistratura al centro dello spazio pubblico. La Magistratura italiana è al centro dello spazio pubblico, eppure è in crisi. Riferendosi ad essa, nel dibattito pubblico vengono usate espressioni come “protagonismo” e “populismo giudiziario”, ma anche come “autoreferenzialità” e “chiusura corporativa”. I Magistrati detengono l’uso della forza legittima, hanno il potere ultimo sulle persone e sulle cose, perché possono limitare la libertà delle prime con il carcere e il possesso delle seconde con il sequestro e la confisca. Dunque, controllano i due beni essenziali della vita e, insieme con questi, anche la reputazione delle persone. Inoltre, godono del sostegno di forze politiche che per questo loro ruolo vengono chiamate giustizialiste. Esercitano, quindi, un condizionamento della vita pubblica… Tuttavia la Magistratura non svolge in maniera soddisfacente la sua funzione principale, quella giudicante e quella requirente (l’Accusa), e gode di sempre meno apprezzamento sociale. È sempre in ritardo e ha accumulato un enorme arretrato (quasi sei milioni di procedure), con conseguenze gravi per il rispetto della legalità. Abusa delle misure cautelari, dell’impiego delle intercettazioni, delle cosiddetta obbligatorietà dell’ azione penale, della modalità dell’inchiesta (con la conseguente “gogna giudiziaria”), dell’uso del reato di concorso esterno in associazione mafiosa, delle “esternazioni”. L’immagine pubblica del Magistrato, quello giudicante, e il PM, dopo aver raggiunto, dagli anni ‘90 in poi, un diffuso e spesso ingiustificato prestigio (il Giudice come angelo sterminatore della corruzione) ad oggi, da qualche tempo, è nettamente declinante. Secondo un sondaggio condotto il15 maggio 2021 si è registrato in un breve tempo un crollo della fiducia nella Magistratura, che passa dal 68% del 2010 al 39% del 2021. Tale crollo è dovuto ai tempi lunghi della giustizia per il 24%, per la presenza di Magistrati politicizzati per il 17% e a sentenze discutibili per il 16%. Con la conseguenza che un potere chiamato a difendere i diritti dei cittadini appare esercitato in modo tanto arbitrario da richiedere che i cittadini si difendano da esso.””
– da pag.40. “”Tuttavia, il sistema giudiziario italiano appare bloccato: il Presidente della Corte di Cassazione, nella relazione del 2021, ha notato che a metà 2020 i procedimenti pendenti civili e penali erano quasi sei milioni. Se la si compara con la situazione in Francia e in Germania, questa anomalia diventa ancora più vistosa: per 100.000 abitanti, i procedimenti civili pendenti in Italia sono 3789, in Germania 1324, in Francia meno di uno; quelli penali in Italia 2089, in Germania e in Francia meno di uno. Insomma, la capacità di smaltimento dell’arretrato e di far fronte ai nuovi ricorsi è molto minore rispetto a Francia e Germania. Segno di una scarsa produttività del sistema giudiziario italiano… La riforma del Codice di procedura penale del 1988 puntava sui riti alternativi, che avrebbero dovuto assorbire il 70% dei processi, mentre ad oggi ne definiscono soltanto il 30%. Lo stesso Codice non predispone efficaci filtri per selezionare i processi che meritano di arrivare al dibattimento e questo consente l’invio al dibattimento di molti procedimenti non adeguatamente selezionati (di qui l’alto numero di assoluzioni). Poi vi sono le carenze del Codice, un vero moltiplicatore di inefficienza, dal momento che il perseguimento di ogni reato deve percorrere la tortuosa strada da esso indicata… La durata media dei processi civili in Italia, comprensiva dei 3 gradi di giurisdizioni, è di poco più di 7 anni, di quelli penali di poco più di tre anni, mentre i processi civili in Francia non durano più di due anni e quelli penali non più di un anno; in Germania i processi penali durano anche meno di un anno. In ritardi della giustizia italiana sono contestati sulla base della Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo (dove si è giunti a criticare la lunghezza delle cause di indennizzo che mirano a compensare la lunghezza dei processi) e degli obblighi disciplinari. Su tutto questo si innesta la tanto discussa questione della prescrizione, senza però tenere conto che “la maggior parte delle prescrizioni si verificano già nella fase delle indagini preliminari e nella stasi prodromica alla fissazione della prima udienza dibattimentale” (ma questo deriva anche dal ritardo con il quale gli uffici giudicanti fissano la data del dibattimento). Anche la fase precedente alla giustizia vera e propria presenta aspetti critici. Le persone iscritte nei registri delle Procure sono quasi un milione e mezzo. Solo per circa il 47% dei casi viene iniziata l’azione penale e solo per il 44% di questi ultimi si giunge a una condanna.
– da pag.45. “”I punti critici. Passiamo in rassegna i punti critici: la qualità delle leggi pessima (ma nessuno se ne dà a carico); eccessive figure di reato; gli avvocati troppi (ma continuano ad aumentare), reclutati in concorsi a base regionale, sia pure con la correzione incrociata di commissioni di altre circoscrizioni; i Magistrati selezionati male, con commissioni che non rispettano il principio di collegialità, senza misurare l’equilibrio e la maturità di giudizio dei candidati; il CSM dominato da gruppuscoli denominati correnti (ma non c’è accordo, a quanto sembra per uscirne); la Cassazione sopraffatta da un numero abnorme di ricorsi (ma le proposte di soluzione sono sinora troppo timide); il carico di lavoro delle Procure troppo alto a causa della obbligatorietà dell’azione penale (alla quale però le Procure non vogliono rinunciare)… Risulta palese l’inadeguatezza – con l’eccezione di alcuni importanti Procure – del contrasto alla criminalità organizzata, che si è diffusa in vaste aree del territorio nazionale: non varrebbe la pena di fare un’analisi sulla preparazione di chi ha il diritto di dirigere le investigazioni?… Non da ultimi, 3 altri punti critici: intercettazioni, carcerazione preventiva e separazione delle carriere. Prima ancora della loro divulgazione è l’uso a volte eccessivo delle intercettazioni (specialmente di quelle indirette) come mezzo di prova che andrebbe disciplinato, ricordando che, secondo la Costituzione la segretezza delle comunicazioni è inviolabile. La carcerazione preventiva è stata talvolta usata come mezzo di pressione per ottenere ammissioni di colpa, anche qui mostrando le debolezze investigative nella raccolta documentale di prove. Per quanto la sua importanza sia diminuita dopo la distinzione funzionale, la separazione delle carriere, ambedue con indipendenza garantita, è dettata molto semplicemente dal fatto che accusa e giudizio sono mestieri diversi, che richiedono una selezione, una preparazione, un addestramento e una professionalità differenti.””
-da pag.59. “”La Magistratura nel sistema politico – La Magistratura è “diventata parte della governante nazionale”. “Dagli anni ‘70 la politica cede alla Magistratura quote rilevanti della propria sovranità; la Magistratura, non per sua scelta è diventata una componente del sistema di governo del paese”. Gli elementi che dimostrano questa conclusione sono molti. Il primo è il numero dei membri del Parlamento che provengono dalla Magistratura, triplicato dopo Mani pulite (1992-1994), nonché il numero di Presidenti di Regione e Sindaci magistrati… Sul rapporto tra Magistratura e politica si è pronunciata la Corte Costituzionale con la sentenza numero 170 del 2018, sottolineando che “i Magistrati possono partecipare alla vita politica, accedendo a cariche elettive e uffici pubblici, e manifestare le proprie idee politiche con l’ equilibrio e la misura che debbono caratterizzare ogni loro comportamento di rilevanza pubblica e mettendosi fuori ruolo, ma non possono partecipare sistematicamente e continuativamente alla vita di un partito politico”. Supplisce a questo limite alle iscrizioni ai partiti la presenza dei Magistrati nello spazio pubblico. Più volte hanno sottolineato il diritto-dovere di schierarsi, tanto che è stato criticato il protagonismo politico-mediatico dei Magistrati e il loro atteggiamento tribunizio, non di esecutori della legge ma portavoce della volontà popolare.””
– da pag.86. “”Per concludere. Quella separazione dei poteri è ora tradita dall’espansione del potere giudiziario in Italia, “una società amministrata dalla giustizia penale”, che ha l’ambizione alla popolarità ed è circondata da “un alone mediatico”. Di qui “una crisi di effettività di autorevolezza della giurisdizione”, alimentata anche dal “dato inconfutabile della irragionevole durata del processo italiano”, nonché da “deprecabili episodi di illegittima diffusione dei dati lesivi della dignità e della riservatezza e della presunzione di innocenza”… La macchina della giustizia italiana è inadeguata a far fronte all’esplosione del diritto degli ultimi decenni e lascia la crescente domanda di giustizia insoddisfatta. Le cause iscritte a quelle pendenti sono troppe. La durata media dei processi è tra le più alte d’Europa. Per questo, l’Italia è continuamente sanzionata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, la fiducia degli italiani nell’affidabilità del ricorso alla giustizia è nettamente inferiore alla media europea, la maggioranza degli italiani è convinta che i giudici non siano imparziali, molte multinazionali sono restie dall’investire in Italia… Sono le corti che debbono assicurare in ultima istanza il rispetto del diritto. Ma giustizia ritardata è giustizia negata… Insomma, l’insufficienza grave dell’intera macchina giudiziaria produce effetti che si ripercuotono sull’intero vivere civile, impediscono o rallentano gli investimenti, disabituano a quel severo minimo di governo che è necessario in ogni società, introducono a comportamenti illegali, incentivano la lawlessness (illegalità, anarchia, disordine). Un altro paradosso è quello di un corpo giudiziario composto da persone mediamente ben preparate, ma chiuso in sé stesso, corporativo, che non riesce a trovare nella sua esperienza le idee per correggersi e che pare incapace di far maturare le proposte di ordinamenti migliori per dialogare con la cultura, le professioni, il mondo politico. Il corpo si compone di persone laboriose e di sfaticati, di pochi ciarlieri e molti silenziosi, di difensori a spada tratta del diritto di non essere misurati né valutati, e di pragmatici programmatori. Di qui una grande varietà tra Corti e Tribunali, anche con molti divari territoriali… In conclusione, l’ordine giudiziario ha acquisito un ruolo diverso da quello prefigurato dalla Costituzione. Nel 1948, si pensava a un corpo che amministrasse la giustizia, difeso da possibili interventi esterni grazie alla sua indipendenza. Domanda di giustizia, debolezze del corpo politico, interesse di quest’ultimo a sfruttare l’indipendenza della Magistratura, chiusura corporativa hanno invece modificato la “Costituzione materiale”: la Magistratura ha fatto nello stesso tempo troppo e troppo poco. Troppo poco per l’enorme domanda di giustizia insoddisfatta e per la fuga dalla giustizia; troppo per la politicizzazione endogena del corpo dei Magistrati (o almeno di quelli di essi più attivi), e per il posto nuovo da essi occupato sia nell’opinione pubblica sia tra le forze politiche: nell’opinione pubblica, nel senso di avere nutrito un’attesa di giustizieri e una delusione di giustizia, nelle forze politiche, nel senso di condizionarne l’agenda. Il posto, quindi, della Magistratura nella Costituzione materiale è ben diverso da quello prefigurato dalla Costituzione formale.””
Sin qui parti del libro.
Ora integrazioni, valutazioni e conclusioni. Ho letto recentemente libri scritti da importanti Magistrati che hanno trattato questa grande materia, con articoli pubblicati su Attualità.it di cui è Direttore il giornalista Salvatore Veltri.
– Il Magistrato Nino Di Matteo e Saverio Lodato hanno scritto: “I NEMICI DELLA GIUSTIZIA “ (edito da Rizzoli) che mette in luce quei mali che hanno fatto sprofondare in basso la Magistratura. Per questo vi sono capitoli dedicati alla riforma della giustizia Cartabia o al referendum che è tornato a proporre questioni come la separazione delle carriere o la responsabilità civile dei Magistrati. (https://www.attualita.it/notizie/tematiche-etico-sociali/i-nemici-della-giustizia-il-libro-di-nino-di-matteo-e-saverio-lodato-52473/)
– Tutti dalla stampa e dalle tv abbiamo appreso del “Caso Palamara”, poi riversato nell’interessante libro-intervista, scritto da Alessandro Sallusti, a seguito di un lungo colloquio con Luca Palamara. Palamara, di fronte alle domande ficcanti, ha illustrato quello che viene definito “il Sistema”, la verità indicibile sulle correnti e la spartizione del potere all’interno della magistratura. (https://www.attualita.it/notizie/tematiche-etico-sociali/il-sistema-luca-palamara-racconta-di-potere-politica-affari-49103/)
– Nell’interessante libro “Giustizia Ultimo Atto” pubblicato nel febbraio 2022, Carlo Nordio ci fa sapere che quindici anni fa l’ottanta per cento degli italiani confidava ancora nei Magistrati. Oggi, dopo gli ultimi scandali emersi nella Procura di Milano, le faide tra le correnti interne e gli innumerevoli episodi di protagonismo dei Pm, non solo la percentuale è crollata, ma a documentare la sfiducia dei cittadini è anche un mezzo milione di firme raccolte per il referendum «Giustizia giusta».(https://www.attualita.it/notizie/tematiche-etico-sociali/giustizia-ultimo-atto-di-carlo-nordio-53829/)
Ciò premesso, continuiamo sull’argomento.
Il nuovo Parlamento di nominati, per il cui rinnovo con molte perplessità voteremo a breve, formato si spera da persone capaci e preparate, avrà molto da lavorare nelle Commissioni e nelle Aule per porre rimedio allo sfacelo di legalità esistente in Italia per raddrizzare una volta per tutte questa nostra Italia! Lavoro, Istruzione, Sanità e Sicurezza dovranno essere le linee principali della nuova Politica, si spera!
In ultimo, che si ratifichino subito, senza ingiustificabile indugio – soprattutto oggi che la gente è preoccupata da una crisi economica ampliata dal biennio epidemico e da allarmanti tematiche di guerra che coinvolge tutto e tutti, e che proprio non riesce a spiegarsi perché poco o niente si fa per colpire Mafie e faccendieri organizzati.
Eppure, noi Italiani, di Mafie ne dovremmo sapere qualcosa, con ben quattro Regioni condizionate da Criminalità stanziali storicamente radicate, oggi espanse, come noto, oltre i confini di origine ed anche all’estero.
Detto questo, certamente non si potrà riformare la Giustizia con il solo e unico tentativo assurdo di attaccare i Magistrati con nefandezze scellerate, che certamente non onorano la Politica, che sebbene oggi modesta, è espressione certamente non felice di un’Italia che, in passato anche non lontanissimo, è stata culla di sapienza, arte, somma cultura e, soprattutto, diritto!
Cinque sono stati i referendum in materia di giustizia del 12 giugno 2022: abolizione legge Severino, custodia cautelare, separazione delle carriere, valutazione dei magistrati ed elezione dei togati del CSM. Il referendum riguarda uno dei cardini del sistema democratico. Da liberale, libero cittadino libero pensatore non massone, ho votato “No” per mantenere l’assetto corrente.
Il capitolo dedicato all’Italia della Relazione sullo Stato di diritto 2022, il documento annuale redatto dalla Commissione di Bruxelles, contiene durissime considerazioni sia sulla riforma del processo penale che su quella del sistema giudiziario che qui riportiamo.
Rispetto alla prima si scrive che l’improcedibilità può mettere a rischio “l’effettività del sistema giudiziario” soprattutto “in relazione alla lotta alla corruzione, in particolare nel grado d’appello”.
La riforma del processo penale di Marta Cartabia può mettere a rischio “l’effettività del sistema giudiziario” e sarà necessario “uno stretto monitoraggio per assicurare che i processi per corruzione non si interrompano automaticamente in grado d’appello”. Mentre quella dell’ordinamento giudiziario “rischia di comportare indebite influenze sull’indipendenza dei Giudici.
Bruxelles boccia gli aspetti più contestati delle due riforme firmate dalla Guardasigilli del governo Draghi.
La riforma del processo penale, ricorda peraltro la Relazione, è una di quelle “adottate in base agli impegni presi dall’Italia nell’ambito del Piano di ripresa e resilienza, mirata a migliorare la qualità e l’efficienza del sistema giudiziario”.
La nuova legge, approvata a settembre 2021, introduce il contestato meccanismo dell’improcedibilità che fa estinguere i processi penali dopo due anni in grado d’Appello e un anno in Cassazione (con eccezioni per reati particolarmente gravi e un periodo transitorio di quattro anni in cui i termini sono allungati).
Secondo la Relazione, “le nuove norme richiedono uno stretto monitoraggio per assicurare che l’effettività del sistema giudiziario sia mantenuta. La riforma – ricorda Bruxelles – include previsioni, applicabili ai reati commessi dopo il 1° gennaio 2020, che introducono limiti temporali massimi per concludere i processi in Corte d’Appello e Corte di Cassazione, altrimenti il caso verrà archiviato”.
E “i processi per corruzione sono tra quelli che in appello si estingueranno automaticamente dopo due anni, a meno che il giudice non richieda un’estensione.
L’entrata in vigore della riforma richiederà quindi una stretta sorveglianza in relazione alla lotta alla corruzione, in particolare nel grado d’appello”.
Le nuove misure, infatti, “rischiano di avere un impatto negativo sui processi penali, soprattutto quelli in corso, che potrebbero essere interrotti in modo automatico”.
La Commissione ha parole forti anche sulla riforma del CSM e dell’ordinamento giudiziario, diventata legge a giugno dopo una gestazione durata quasi un anno.
“Il Csm e gli altri soggetti interessati – ricorda il documento – hanno espresso preoccupazioni sul fatto che alcune norme possano comportare un’indebita influenza sui giudici. (…) In particolare, la legge introduce una valutazione professionale dei Magistrati che, tra le altre cose, terrà in considerazione il raggiungimento dei risultati attesi dai dirigenti dei Tribunali, nonché la possibilità di iniziare l’azione disciplinare in caso di mancato adeguamento alle indicazioni dei dirigenti sul modo in cui raggiungerli. (…)
“Il combinato disposto delle nuove norme potrebbe portare a dipendenze che rischiano di comportare indebite influenze sull’indipendenza dei giudici”.