IL GRANDE MISTERO DELLA SINDONE

La Sindone, testimone silenzioso carico di fascino e mistero, continua a far parlare di sé e del segreto che racchiude, anche se la scienza è riuscita a decriptarne il linguaggio e a chiarire molti dubbi.

Ma resta una domanda: “Chi ha avvolto?”, a cui possiamo trovare risposta nella fede, ritenendolo il lenzuolo funerario di Cristo o, se agnostici o atei, ritenendo che è un telo coevo di Gesù, che ha coperto pietosamente un cadavere.
Perché una cosa è certa, e ad affermarla è il professor Pierluigi Baima Bollone, professore emerito di medicina legale all’Università di Torino, il più autorevole studioso ed esperto della Sindone, di cui ha fatto una sorta di autopsia senza corpo: questo tessuto sorprendente, di grande finezza e pregio, un unicum nel suo genere, per le sue caratteristiche archeologiche proviene dalla
Palestina dell’epoca in cui visse e operò Gesù, dunque è coevo agli avvenimenti, e parla di un uomo
defunto che mostra i segni della rigidità cadaverica, deceduto per le torture subite con ripetuti colpi
di flagello, l’applicazione di un casco di spine sul cuoio capelluto e la crocifissione, non mediante
inchiodamento del palmo della mano ma in un punto del polso.
L’affermazione di Baima che l’ordito del tessuto da un punto di vista archeologico è riferibile
all’epoca di 1980 anni fa trova consenso dal punto di vista scientifico internazionale, sia per il manufatto, sia per la presenza di una cucitura del tutto particolare.  Inoltre, tra i pollini che ha trovato, ce ne sono tre tipi provenienti da piante anemofile (distribuiti cioè soltanto dagli insetti e quindi per un breve territorio circostante la pianta che li ha emessi), che vivono e fioriscono tutte e tre insieme in un unico posto al mondo incentrato sui monti della Giudea, e ciò dà l’assoluta certezza scientifica della provenienza geografica del tessuto della Sindone.
Infine, aggiunge Baima, questo reperto, autentico come epoca e provenienza geografica, trova
corrispondenze precise con la narrazione dei 4 vangeli canonici. E il professore a suo tempo ha accertato che le presunte macchie ematiche sono effettivamente di sangue umano di gruppo AB, oltre alla presenza di materiali conservativi come aloe e mirra, spezie funebri profumate usate
dagli Ebrei nel I secolo.  
Ma è ancora un altro, e più fitto, il mistero che aleggia intorno al lenzuolo: come si è formata la silhouette di quel corpo impressa sul tessuto? Essa, infatti, non è frutto di trasferimento di sangue
nelle fibre del lino, ma sembrerebbe dovuta a un imprecisato fenomeno fisico-chimico che non implica un contatto diretto col tessuto.
Qualcosa di straordinario infatti è accaduto, in quella pezza di lino, causando un’alterazione
delle fibre del telo in maniera superficiale e più o meno intensa.
E qui necessariamente si naviga nel mare magnum delle ipotesi: colpa delle esalazioni corporee, dei vapori cadaverici che avrebbero chimicamente interagito con la miscela di aloe e mirra?
O piuttosto emanazione di una potentissima energia radiante, che chi ha fede potrebbe ricondurre
al momento della resurrezione?
Lo stesso professor Baima, pur credente, non può prendere posizione in merito, perché ciò esula dal compito dello scienziato, costretto a fermarsi di fronte alle impronte della Sindone, che, dice, sono il risultato di un procedimento inspiegabile.
E dunque la domanda è ancora senza risposta: Come si è formata l’immagine del corpo sindonico? Forse perciò questo telo di lino, arrivato fino a noi dalla terra di Gesù e dal tempo in cui egli venne sulla Terra, attira così tanta gente in occasione della sua ostensione, che fino al prossimo 23 maggio permetterà a un numero altissimo di visitatori -si parla di 2 milioni di persone- di raccogliersi al suo cospetto per i minuti consentiti.
Poi verrà ripiegato e tornerà nell’urna blindata in cui è custodito, in una cappella laterale del Duomo di Torino, portando con sé l’affascinante mistero che l’avvolge da circa 2000 anni.
 
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