Il libro di Enzo Ciconte… La nuova‘ndrangheta. Il 1980
Roma, 22 luglio 2020 – Due sono soprattutto le novità nel bel libro di Enzo Ciconte “Alle origini della nuova ‘ndrangheta. Il 1980” (Rubbettino, pp. 204) dove ravvisiamo in primis la valorizzazione e conoscenza delle figure di Peppe Valarioti e Giannino Losardo, che attendono ancora giustizia, con contestuale riferimento agli ambiti politici di quegli anni lontani ma non troppo, comunque difficili… Sono passati quaranta anni esatti dalla loro uccisione. Ciconte è docente di Storia delle mafie italiane presso l’Università di Pavia…
Ricordiamo intanto cosa accadde in quegli anni. A Palermo, il 6 gennaio 1980, viene ucciso dalla mafia il Presidente democristiano della Regione Siciliana Piersanti Mattarella; i costruttori romani Caltagirone sono coinvolti nello scandalo nazionale Italcasse; lo scandalo dei petroli che coinvolse alti ufficiali della Guardia di Finanza come il Comandante Generale Lo Giudice e il Ministro democristiano Bisaglia. Il finanziere Michele Sindona è arrestato negli USA per il fallimento della Franklin National Bank, e indiziato in Italia per l’omicidio Ambrosoli.Molti sono i morti per mafia e terrorismo: il 12 febbraio a Roma Vittorio Bachelet, Vicepresidente del CSM e docente universitario, è assassinato dalle B.R. all’interno dell’Università; il 19 marzo a Milano il Giudice Guido Galli viene ucciso da Prima Linea; il 28 maggio a Milano viene ucciso il giornalista del Corriere della Sera Walter Tobagi. Il 27 giugno un aereo dell’Itavia con a bordo membri dell’equipaggio e settantasette passeggeri, che da Bologna deve raggiungere Palermo, viene abbattuto da missili “misteriosi” nei cieli sopra Ustica; il 2 agosto a Bologna una bomba esplode nella sala d’attesa della stazione causando ottantacinque morti e centinaia di feriti. In autunno, lo scontro sociale in atto nel paese vede sfilare a Torino, ferita dalla cassa integrazione per decine di migliaia di operai della Fiat e dell’indotto, la” Marcia dei quarantamila” che manifestano per il ritorno alla normalità della vita e della città … L’anno si chiude con il terremoto dell’Irpinia del 23 novembre che provocò circa tremila morti, diecimila feriti e centinaia di migliaia di sfollati, dando inizio alla guerra di camorra per la spartizione degli utili (Cutoliani e Nuova Famiglia)…
Tornando alle vicende della Calabria, l’emergere della potenza ‘ndranghetista non si può capire senza soffermarsi sulla questione sociale calabrese di cui i moti di Reggio Calabria del 1970 sono il faro… Dietro la protesta per l’assegnazione a Catanzaro di divenire capoluogo regionale, esiste un grande malessere per la situazione complessiva della regione, per la mancanza di lavoro e per l’emigrazione… nonostante gli importanti progetti programmati dal Ministro Dc Emilio Colombo, quali il Quinto Centro Siderurgico di Gioia Tauro, la Sir di Lamezia Terme, la Liquichimica di Saline Joniche che non decolleranno mai.
Iniziamo la lettura dell’interessante libro…
– da pag.9…Introduzione… Il 1980 è un anno di cambiamento, di sperimentazione e di anticipazione. È l’anno in cui appare più visto sala trasformazione della ‘ndrangheta che accentua la mutazione dei suoi caratteri originari che erano legati al mondo agricolo. Oramai la mafia calabrese, senza abbandonare la terra, trasferisce molti dei suoi interessi in città e nel campo dell’edilizia. Ai reati tipici dell’era legata all’ agricoltura si sono aggiunti il contrabbando delle sigarette estere, il traffico di droga, il sequestro di persona, l’aggressione alle coste e la penetrazione nel settore del turismo. Adesso è arrivato il tempo di fare un salto avventurandosi nelle regioni del centro e del nord, valicando gli oceani. Mutano gli scenari: i mafiosi tentano di affrancarsi dal vassallaggio con la politica e candidano propri rappresentanti diretti per eleggerli nelle assemblee elettive. E dunque cambia il rapporto con i partiti. Il PCI entra nel mirino dei mafiosi che intimidiscono, aggrediscono uccidono rappresentanti autorevoli di questo partito come avviene nel giro di una manciata di giorni per Giuseppe, Peppe Valarioti a Rosarno e Giovanni,Giannino, Losardo a Cetraro.E subito si avverte che qualcosa non torna se, come denuncia il segretario del PCI Enrico Berlinguer, il fatto di cronaca di questi due morti «non fa notizia» in molti telegiornali, tranne il TG2 realizzato dalla rete regionale calabrese. «Questo comportamento indegno ha suscitato giustamente lo scandalo e la collera dei nostri compagni, in tutti i cittadini democratici della Calabria». Berlinguer addebitava il fatto a «un anticomunismo spinto oltre i limiti della peggiore faziosità»…Infine, c’è tutta la questione sociale con il fallimento del pacchetto Colombo e le crisi industriali del quinto centro siderurgico a Gioia Tauro per il quale erano previsti stanziamenti per 1.300 miliardi di lire e un’occupazione di 7.500 operai, alla Sir di Lamezia Terme con 1.000 miliardi di investimento e 2.500 posti di lavoro, alla Liquichimica di Saline Ioniche un investimento di 300 miliardi e un occupazione di 1.000 unità lavorative, del polo tessile a Castrovillari, Cetraro e Praia a mare in provincia di Cosenza e a San Gregorio di Reggio Calabria. È la “dissoluzione” della politica dell’intervento straordinario…”
– da pag.17… “Uno sguardo a inizio dell’anno… A 10 anni dai fatti dei”Boia chi molla” per Reggio capoluogo, nel gennaio del 1980, Paolo Romeo è tratto in arresto in esecuzione del mandato di cattura emesso dal Giudice Istruttore presso il Tribunale di Catanzaro Emilio Le Donne con l’imputazione di favoreggiamento personale nei confronti del neofascista veneto Franco Freda. In che modo Romeo avrebbe favorito Freda? Cosa legava i due uomini? Li legava la latitanza di Franco Freda che, imputato nel processo di Catanzaro per la strage di Piazza Fontana del 12 dicembre 1969, scappò nell’ottobre 1978 e fu catturato in Costarica nell’agosto del 1979. Aveva trascorso a Reggio Calabria dieci mesi di latitanza senza che nessuno lo disturbasse. Si accertò che la latitanza di Freda era stata garantita dagli uomini dei De Stefano ed altri uomini appartenenti alla massoneria…Troviamo sempre di più la massoneria in compagnia dei mafiosi. Quest’incontro l’aveva segnalato Valerio Strati confrontando i rituali massonici con quelli ndranghetisti. «Se noi facciamo un confronto tra l’iniziazione massonica (mi viene in mente la descrizione che ne fa Tolstoj in ‘Guerra e pace’) a quella della ‘ndrangheta, ci accorgiamo che ci sono delle frasi che hanno lo stesso significato»…”
– da pag. 27… “I sequestri di persona.. C’è una fabbrica, invece, che funziona a pieno regime ed è quella dei sequestri di persona che sono una triste specialità della ‘ndrangheta calabrese da tanti anni. A metà gennaio è rapito un bambino di Locri di appena nove anni, Giovanni Furci. Il padre, Rocco, è titolare di una catena ben avviata di magazzini tessili e di abbigliamento in tutta la regione e ha annunciato l’intenzione di non continuare più a gestire la sua attività commerciale che dà lavoro a oltre 40 persone nei vari centri di vendita. C’è una novità e una conferma in questo sequestro, ed è dovuta al cambio di strategia dei criminali che, sottolinea Filippo Veltri, «sembra privilegiare per i sequestri di persona i bambini in tenera età. Ormai,infatti non è più un caso: nelle mani dei sequestratori c’è un altro bambino di appena tre anni, Alfredo Battaglia di Bovalino, rapito il 30 ottobre dell’anno scorso; pochi giorni fa, inoltre, è stato liberato il piccolo Marco Forgione di Cosenza, 10 anni»…”
– da pag.33… “La ndrangheta… È un anno, il 1980, di particolare espansione della‘ndrangheta che trova il modo di presentarsi sempre più forte, aiutata in questo suo avanzare da comportamenti, a volte discutibili, da parte di magistrati che mostrano tutti i loro limiti a fronte di altri, più determinati, che intendono davvero contrastare l’avanzata mafiosa. Emergono valutazioni contrastanti tra i magistrati… Nessuno, all’epoca, era a conoscenza delle profonde trasformazioni della ‘ndrangheta fatte a partire da metà anni ‘70 quando diede vita alla Santa come esito inevitabile dell’ingresso dei capi delle ‘ndrine nelle logge massoniche deviate. Questi processi sotterranei verranno alla luce con l’operazione “Olimpia” della Dda di Reggio Calabria d’inizio anni Novanta (condotta magistralmente dal Colonnello CC. Angiolo Pellegrini n.d.a.)…”
– da pag.57…’’’L’omicidio di Peppe Valarioti… Un agguato in piena notte… Oltre al risultato del voto, «l’Unità» con poche righe in prima pagina informa che a Rosarno c’è stato un«gravissimo delitto di stampo mafioso. Il compagno Giuseppe Vallarioti, di 30 anni, segretario della sezione di Rosarno è stato barbaramente assassinato». La notizia, inaspettata, piomba in Calabria e rende subito cupa la situazione perché è chiaro a tutti, o a quasi tutti, che la ‘ndrangheta ha fatto un terribile passo in più nella sua scalata al potere e nella sua prepotente arroganza, forte dell’impunità che ha goduto da lungo tempo… Il giovane segretario di sezione aveva idee precise come ricordano subito i suoi compagni: «Aveva il pallino della cultura. Voleva che a Rosarno sorgesse un centro comunale di cultura. Era convinto che la mafia si sarebbe potuto vincerla veramente soltanto per questa strada». Valarioti, una quindicina di giorni prima della sua morte, aveva denunciato in un comizio, gli abusi e gli intrallazzi della giunta. E i comunisti, l’anno prima, “avevano rifiutato l‘alleanza con il PSI per ragioni di inquinamento mafioso – ricordava Salvatore G.Santagata – Era un giovane dai molteplici interessi”. Achille Solano, direttore del museo storico di Nicotera e segretario della locale sezione del PCI, aggiunge un dettaglio interessante: Valarioti, «fin dal giorno che ci siamo conosciuti, mi aveva confidato il suo desiderio di creare, al fine di preservare dalla distruzione il cospicuo patrimonio archeologico esistente nella zona, un museo gestito dalla pubblica amministrazione». Valarioti apparteneva a una generazione che credeva alla possibilità di cambiare la società con l’insegnamento … ””
– da pag.85… “L’omicidio di Giannino Losardo. Uno spietato agguato. Non si erano ancora asciugate le lacrime versate per Valarioti che i comunisti calabresi dovettero piangere un altro morto. Questa volta era toccato a Giovanni Losardo, «padre di due figli, dirigente comunista, assessore del Comune di Cetraro, segretario capo della Procura di Paola» … Per come si erano svolti i fatti, anche questa volta la mano mafiosa aveva lasciato, ben visibili, le sue impronte digitali… Una sfida alla mafia… Losardo era stato sindaco di Cetraro per un breve periodo tra il 1975 e il 1976 ed era stato anche assessore ai lavori pubblici. Era stato «uno dei primi a segnalare i pericoli dell’estendersi del fenomeno mafioso». L’ultima volta lo aveva fatto a un convegno del PCI a Paola. Il clima a Cetraro era molto pesante negli ultimi anni e la violenza e la tracotanza mafiosa erano quasi quotidiani. I cittadini, e in particolare i comunisti che erano i più bersagliati, sono stati costretti a imparare a convivere «col terrore giorno per giorno». Era questo il clima in cui è maturato l’omicidio di Losardo che cercava di incoraggiare i suoi compagni, a cominciare dai più giovani… Filippo Veltri (di cui sono amico – n.d.a.) su l’«Unità» delineava un quadro preoccupante dello Stato della magistratura nel Tirreno cosentino. A distanza di giorni dall’assassinio di Losardo, “non c’è un orientamento preciso nel lavoro della Procura della Repubblica di Paola che conduce l’inchiesta. Ieri a Fuscaldo mentre nella piccola chiesa del paese si svolgeva il rito religioso dei funerali di Losardo, il Sostituto procuratore Luigi Belvedere, magistrato molto chiacchierato, ha fatto il punto sulle indagini. 44 anni, originario della provincia di Reggio Calabria, Belvedere dirige da 10 anni le inchieste più scottanti della zona. Il Procuratore è stato reticente nel corso della conferenza stampa sull’escalation mafiosa degli ultimi tempi, sui morti, le intimidazioni e le bombe”… A conferma dell’importanza che i comunisti danno a quel messaggio, per i funerali di Losardo arriva una delegazione del PCI nazionale guidata da Enrico Berlinguer e composta da Occhetto e Pio La Torre che la Calabria la conosce molto bene…È uno dei pochi palermitani che si occupano di mafia ad aver compreso la pericolosità e la forza della ‘ndrangheta…””
– pag.131… “Dopo gli omicidi politico-mafiosi… I documenti riservati del Ministro dell’Interno. Ad inizio anno il Prefetto Ciompi scrive che «la diffusione delle “cosche” in alcune zone è tale che è impossibile svolgervi una qualsiasi attività economica e persino “fare politica” senza venire a patti con esse». Un quadro drammatico, desolante. Qualche mese dopo lo stesso Prefetto informa che “le Forze dell’Ordine operano in una situazione di inferiorità complessiva e in un ambiente che non isola la mafia, non la condanna apertamente, non collabora, con poche eccezioni, alla repressione dei reati …”.
– da pag.163…Conclusioni. Della presenza debordante della ‘ndrangheta ne fa le spese anche il PCI perché anche al suo interno si avvertono tentativi di infiltrazione. Ma, a differenza degli altri partiti, il PCI reagisce con nettezza e, bandendo ogni forma di garantismo, quando ci sono propri iscritti coinvolti li caccia via, senza attendere l’esito degli accertamenti giudiziari. È una comunità, quella del PCI, che si sente sotto attacco e reagisce. I movimenti di resistenza contro la mafia vedono i comunisti e le amministrazioni di sinistra in prima fila. E sono i comunisti, non a caso, a pagare il prezzo più alto. Losardo e Valarioti non sono eroi solitari e isolati dalla loro comunità o dalla società, ma sono espressione di una battaglia corale che in quei territori si combatte senza attendere l’intervento della Magistratura, anzi sollecitando la Magistratura a colpire i mafiosi e le loro continue violazioni di legge…””
Sin qui il libro.
Ora breve riflessione… Nel libro in esame si è trattato dell’inizio dell’azione politica e delle nuove strategie della ‘ndrangheta, che è penetrata nella politica, nei partiti, nelle istituzioni e nella massoneria; la mafia che s’impadronisce della Calabria e diventa la mafia più temibile d’Italia. Una storia non nuova che spiega quel che accade oggi. Mitica la figura di Valarioti che riteneva che la politica e in primis la cultura, fossero validi mezzi contro la ‘ndrangheta anche per assicurare importanti opportunità ai giovani della sua regione…
Il grande Giorgio Bocca, in un’intervista, disse “… in Italia se si fa un passo in avanti, qui (in Calabria) se ne fanno due indietro… forse per alcune cose è sempre peggio”. Racconta anche di Rosarno, della morte di Peppe Valarioti e della battaglia di Peppino Lavorato, che fu sempre vicino agli operai, ai disoccupati, ai giovani per difendere e garantire la tutela dei diritti Costituzionali… E aggiunge: “… per quale maledizione della storia, per quale fatalità geografica noi italiani del nord e del sud non riusciamo a fare di questo Paese un paese unito… nessuno si è occupato di capire la ragione vera di questo arretramento… La radice è storica. Ma non riesco a capire quale è, perché ci sia questa perseveranza nel male… C’è il sud peggiore del Mediterraneo… mi sono fatto la convinzione che le mafie sono parte costituente della politica italiana, perché credo che ci sia la necessità che esistano…”
Aggiungo, concludendo, che se continuiamo a credere e soprattutto operare in molti per un’Italia libera dalle mafie, è auspicabile che questo sogno diventerà realtà… Soprattutto per il bene dei Giovani… faro di luce… di civile futuro…