Roma, 03 giugno 2021 – L’argomento è stato trattato recentemente con l’articolo di commento all’interessante libro di Mario Segni: “IL COLPO DI STATO DEL 1964 La madre di tutte le fake news”(https://www.attualita.it/notizie/tematiche-etico-sociali/il-colpo-di-stato-del-1964-non-dei-carabinieri-servitori-dello-stato-dal-1814-50162/), che ha molto interessato, con l’avvio di numerosi commenti.
Bene, approfondiamo, per quel che è possibile, l’argomento.
Sappiamo che nella primavera del 1967 “L’Espresso” pubblicò un articolo di Lino Jannuzzi in cui era scritto che, tre anni prima, il Generale Giovanni De Lorenzo – Medaglia d’Argento della Resistenza e nel 1964 Comandante Generale dell’Arma – con la protezione dell’allora Presidente della Repubblica Antonio Segni, avrebbe ordito un colpo di Stato.
In quell’estate del’64 era entrato in crisi il primo governo di centrosinistra presieduto da Aldo Moro, governo nato nel dicembre del 1963 con Ministri socialisti e con il leader del Psi, Pietro Nenni, Vicepresidente del Consiglio.
A seguito di ciò, le Commissioni sul Piano Solo hanno indagato. Tra il 1967 e il 1970 ben tre, una ministeriale, una militare e un’ultima parlamentare.
Esistono poi anche le pagine più significative dei diari e delle agende del Generale Giorgio Manes, già Vice Comandante Generale, ricordato per una nota relazione accusatoria sui fatti dell’estate del 1964.
Sempre nel mese di maggio 1967, il Comandante Generale Carlo Ciglieri affidò al suo Vice, Generale Giorgio Manes (che mai ebbe ottimi rapporti con De Lorenzo, ma ricordiamo che restò nell’ alto incarico dal 7 agosto 1963 al 2 luglio 1968, e per questo motivo il Generale di Divisione Giuseppe Cento non divenne Vice Comandante Generale dell’Arma), un’inchiesta per capire chi avesse fornito le informazioni alla base degli articoli de “L’Espresso” del 14 maggio. Al Generale venne poi contestato di aver oltrepassato i compiti affidatigli (doveva limitarsi a individuare le persone che avevano passato le informazioni a “L’Espresso”) e di aver redatto il rapporto “in modo preconcetto e non del tutto obiettivo”.
Così, quando il Generale, ex partigiano, fu incaricato di veder chiaro nel Piano Solo, interrogando alti ufficiali dell’ Arma sulle presunte deviazioni, incontrò Generali e Colonnelli.
Dinanzi al suo sguardo severo gli alti ufficiali parlarono.
Ammisero le riunioni al Comando Generale, ammisero le discussioni operative del Piano Solo, la distribuzione da parte del Sifar delle famose liste di proscrizione.
Nacque così il Rapporto Manes.
Due anni dopo, il 25 giugno 1969, Giorgio Manes moriva. Aveva 63 anni.
Morì dinanzi alla scrivania dell’ onorevole Giuseppe Alessi, nel palazzo di Montecitorio, nel giorno del tanto atteso appuntamento con la Commissione d’ inchiesta parlamentare, per attacco cardiaco.
Riportiamo alcune testimonianze, certamente non tutte per motivi di spazio, rese al Generale Manes.
– DICHIARAZIONE resa dal gen. Azzari Dagoberto il 4 giugno 1967 nell’Ufficio del Vicecomandante generale dell’Arma. “”Verso la fine del giugno 1964 fui convocato per le ore 11 circa del giorno dopo al Comando della Divisione di Roma, con chiamata telefonica fatta dal Ten. Col. Bittoni. Non ne chiarì il motivo e mi disse di indossare l’abito civile e di non preoccuparmi se, dati gli orari ferroviari, fossi giunto in ritardo sull’ora.
Credetti fosse una chiamata personale ma non mi stupii quando, giunto al Comando15 o 20 minuti dopo le ore 11 vi trovai diversi miei colleghi Comandanti di Legione tra i quali ricordo i Colonnelli Pucci, Citanna e Palombi; presente pure il Ten. Col. Gentile del SIFAR. Notai che mancava Bargero, Comandante della Legione di Perugia.
Il rapporto era già avviato ed il Gen. Cento rimase con noi pochi minuti, almeno dopo il mio arrivo. Fu Bittoni a proseguire nella trattazione dell’argomento che riguardava misure di sicurezza di emergenza; egli aveva già distribuito elenchi di persone appartenenti al P.C.I. che, da quanto potei capire, dovevano essere stati dati dal SIFAR, come poteva presumersi dalla presenza del citato Ten. col. Gentile, del C.S. (controspionaggio) di Roma. Gli elenchi che mi furono consegnati erano copie fotostatiche di quattro fogli divisi per provincia, contenenti una quarantina di persone appartenenti al P.C.I., tutte delle Marche, che avrebbero dovuto essere subito arrestate qualora fosse pervenuto l’ordine o dal Comandante Generale, o dal capo di S.M., Gen. Picchiotti, oppure dal Sottocapo di S.M col. De Julio. Gli arrestati avrebbero dovuto essere concentrati o all’aeroporto di Falconara, oppure nel porto di Ancona per essere poi fatti proseguire via aerea o via mare per un’isola di cui fu fatto vago accenno e in ogni caso secondo istruzioni che sarebbero state date al momento dovuto. Non furono dati ordini scritti. Rientrato in sede, chiamai separatamente, facendoli convenire ad Ancona in abito civile, i Comandanti di Gruppo ai quali, senza chiarire lo scopo, diedi i nomi delle persone della rispettiva provincia, per conoscere il grado di pericolosità degli iscritti. Appresi così che l’elenco non era aggiornato, figurandovi persone decedute, trasferite oppure affatto pericolose. Circa una decina di giorni dopo, ebbe luogo, con le modalità riservate della precedente, altra riunione al Comando della Divisione di Roma e qui rappresentai l’incompletezza degli elenchi, che peraltro anche il SIFAR aveva potuto constatare, tanto che ottenemmo fogli di aggiunte e varianti. Per quelli che prospettai non risultavano pericolosi, il Ten. col. Bittoni mi disse di lasciarli perché trattavasi di quadri dirigenti dell’apparato, aggiungendo che l’ente che li aveva segnalati sapeva bene il fatto suo. Non venne mai dato l’ordine di dar corso alle predisposizioni in argomento, ma gli elenchi li conservammo a titolo personale, come memoria, senza assumerli in carico. Ricordo che quando cedetti il comando della Legione, li passai, allo stesso titolo, al mio successore, col. Canger. Nessun accordo fu preso con la P.S. dato che avevamo ordini di non far parola ad alcuno. Non sono in grado di dare indicazioni su come o su chi abbia potuto far trapelare, né a quell’epoca, né di recente, notizie alla stampa, in relazione con quanto nel mese di maggio fu pubblicato dal settimanale l’ Espresso.””
Sin qui il Generale Dagoberto Azzari, che ebbi l’onore di avere quale grande Comandante della X Brigata Scuole quando dall’VIII Battaglione mobile fui trasferito dopo un anno di permanenza alla Legione Allievi di Roma (ott. 1969) in cui era comandante l’indimenticato Colonnello Andrea Ragni.
– DICHIARAZIONE resa dal Col. Luigi Bittoni al Gen. Manes il 23.5.1967 nell’Ufficio del Vice Comandante Generale dell’Arma.“”In epoca imprecisata, nella tarda primavera del 1964 fummo convocati al Comando Generale noi tre Capi di S.M. delle Divisioni di Roma, Milano e Napoli. Il Ten. col. Tuccari, capo del II Reparto, ci accompagnò nell’ufficio del Gen. Picchiotti, Capo di S.M. del Comando Generale, ove erano già due o tre ufficiali del Sifar dei quali ricordo il col. Allavena ed il ten. col. Bianchi. Fummo poco dopo ricevuti dal Sig. Comandante Generale, Gen. De Lorenzo, che ci intrattenne per circa 15 o 20 minuti. Ci ricordò che la situazione politica era pesante, che bisognava essere vigili perchè, qualora movimenti eversivi avessero tentato di travolgere i poteri costituiti, l’Arma avrebbe dovuto reagire prontamente per ristabilire l’ordine. Oltre alle brevi raccomandazioni e considerazioni che ci fece, disse al Col. Allavena di mandarci gli elenchi delle persone che interessavano l’operazione alla quale avremmo dovuto essere preparati a compiere. Non penso che questa riunione si possa identificare in quell’ipotetico rapporto di Generali e Colonnelli di cui parla il settimanale L’Espresso sia perché escludo si fosse nel luglio e sia perché eravamo in tutto 6 o 7 persone. Le direttive di dettaglio ci vennero date dal gen. Picchiotti nel suo ufficio, mentre il Ten. col.Tuccari ci chiarì qualche punto sul quale potevamo avere qualche perplessità. Per quanto riguarda la 2^ Divisione, di cui ero il C.S.M., ricordo che il Ten. col. Bianchi del C.S.(controspionaggio) mi portò gli elenchi che ci erano stati preannunciati. Essi erano molto manchevoli in quanto ad aggiornamento. Comprendevano, ad esempio, tale Gen. Zani, che era morto da molti anni e un certo Bonazzi, di 75 anni di età, persone che io conoscevo dall’epoca in cui prestavo servizio nella zona di Bologna. Provvidi a dividere gli elenchi per giurisdizione legionale e per ordine del mio Comandante di Divisione, Gen. Cento, convocai per il giorno seguente o due giorni dopo tutti i comandanti di legione, cioè i 9 Colonnelli seguenti: Di Falco, Palombi, Pucci, Bargero, Cognetta, Ferrara, Lepore e Citanna. Ai Colonnelli furono consegnati gli elenchi e date solo direttive verbali con raccomandazione di massima riservatezza. Mi sembra di ricordare che una riunione ristretta nei giorni seguenti vi fu, alla quale parteciparono solo i Colonnelli Ferrara e Lepore delle Legioni con sede a Roma, nonché il col. Sottiletti, Comandante della Legione Allievi; si trattava di predisporre misure per l’ordine a Roma, dividendo la città in 3 zone affidate ad ognuno dei predetti. Il piano da attuare non aveva nome.””
– DICHIARAZIONE resa dal Gen. Franco Picchiotti al gen. Manes. 20.5.1967 nell’Ufficio del Vicecomandante Generale dell’Arma.“” Con riferimento all’articolo apparso sul settimanale “L’Espresso” del 14 maggio 1967 devo escludere che il rapporto di ufficiali al Comando Generale abbia avuto luogo. Potrebbe trattarsi di una convocazione dei 3 comandanti di Divisione da parte del gen. De Lorenzo nel marzo o aprile 1964, durante la quale probabilmente si parlò di aggiornamento di noti piani. Dico probabilmente perché né io, né il sottocapo, Ten. Col. de Julio, vi assistemmo. Metto in relazione l’ipotesi con la successiva convocazione dei Capi di S.M. delle 3 divisioni, presenti alcuni ufficiali del SIFAR, nel quale io stesso impartii, su ordine del gen. De Lorenzo, disposizioni per l’aggiornamento dei piani per la tutela dell’ordine pubblico. Beninteso, il gen. De Lorenzo non parlò mai di pretesi colpi di stato o di finalità del genere a cui questa azione poteva essere diretta. Non sfuggiva però che la preoccupazione di mettere a punto la pianificazione era motivata da una situazione delicata per l’ordine pubblico e che si voleva mantenere l’apparato di sicurezza dello Stato pronto ad intervenire, in caso di emergenza per far fronte a qualsiasi sovvertimento. Peraltro la situazione politica del momento, com’è noto, si fece ancora più pesante nella 2^ metà del giugno 1964. Non mi consta vi siano state intese, almeno da parte del Comando Generale con le autorità di P.S.””
Sin qui alcune dichiarazioni di alti ufficiali dell’Arma.
Ora chiudo con riferimenti familiari. Il mio caro Padre, Giovanni, deceduto a 58 anni il 19 ottobre del 1964 per malattia oncologica (io ne avevo 17), da Tenente Colonnello comandò il Gruppo Esterno di Roma per mesi 6, nel 1955, e per tre anni l’impegnativo Gruppo Interno di Roma, nella storica Piazza di San Lorenzo in Lucina, dal 1955 al 1958; da Colonnello, dal luglio 1958 al 30 giugno 1961, la Legione Territoriale Carabinieri di Torino e, dal 1 luglio 1961 al 31 dicembre 1963, quella di Roma, come noto molto impegnativa (era in quell’ incarico quando nell’ottobre 1962 il Generale De Lorenzo divenne Comandante Generale sostituendo il Generale Renato De Francesco). Da Generale di Brigata, fu Comandante della IX Brigata di Bari, dal 20 febbraio al 30 dicembre 1963, e della IV Brigata di Roma, dal 1° gennaio sino al 30 agosto 1964, lasciando per malattia. Decedette il 19 ottobre di quell’anno. Al suo posto, il Generale De Lorenzo, per evitare noti bailamme successori di carrieristi sempre esistiti, inviò il Generale di Brigata s.p. “a disposizione” Roberto Cardinale, in servizio alla Commissione parlamentare Antimafia, da poco costituita.
Quindi, mio Padre visse in prima linea quel tormentato periodo.
Su di Lui, nel corso di moltissime testimonianze fece riferimento solo il Generale di Divisione Perinetti che così depose: “Furono immediatamente trasferiti circa 80 tra ufficiali, sottufficiali e Carabinieri. A quel tempo era Comandante della Legione Carabinieri di Roma il Colonnello Giovanni Vacca ed ha fatto una triste impressione il fatto che gli hanno dato una lista di nomi di persone da trasferire immediatamente”.
Alla domanda: “Questo fu fatto dal Comandante Generale dell’Arma ? “, il Generale Perinetti rispose: “Sì, dal Comandante dell’Arma”. Alla domanda se vi era una ragione di questi trasferimenti o se si trattava di cosa inspiegabile, rispose: “Il fatto stesso che, dopo appena quindici o venti giorni dall’insediamento (avvenuto nell’ottobre 1962 nda), il Comandante generale dell’Arma faccia una lista di trasferimenti, vuol dire, a rigor di logica, che c’era qualcuno che prendeva i nomi e li inseriva in quella lista”.
Tutto qui, nelle carte della Commissione. Null’altro. C’è da dire che nessun alto ufficiale “scaricò” colpe su di un Collega deceduto tre anni prima, e che certamente non si sarebbe potuto difendere… Come oggi si fa, in molti settori.
Aggiungo, che il Presidente del Consiglio dei Ministri, il grande Aldo Moro, volle presenziare alle esequie di mio Padre il 21 ottobre 1964 nella Parrocchia di San Pio X nel quartiere Balduina (vds foto in calce, accompagnato dal Maresciallo Oreste Leonardi e dall’ App. Domenico Ricci, che erano stati personalmente da mio Padre prescelti per la costituzione della scorta all’ eminente uomo politico, decisa dal Generale De Lorenzo, i quali, come noto, immolarono la propria vita nell’adempimento del dovere in quel maledetto 16 marzo 1978, che tutti ricordiamo!). Nella circostanza, Moro intervenne per rendere omaggio oltre che a mio Padre, anche e soprattutto all’intera Arma Benemerita, da Lui sempre altamente considerata! (https://www.attualita.it/notizie/tematiche-etico-sociali/storie-dellarma-da-allievo-carabiniere-verso-la-vita-manus-patris-protegat-me-41100/).
Concludo, escludendo che le iniziative tra la primavera e l’estate del 1964 avessero come fine la realizzazione di un colpo di Stato. La pur grave iniziativa di De Lorenzo è stata sopravvalutata nel suo aspetto militare, anche perché le interpretazioni politico-ideologiche mancano di un adeguato retroterra documentario.
La tesi del Piano Solo può essere “discutibile”, e che alla prova dei fatti quel Piano fu solo di predisposizioni di ordine pubblico e svolse un ruolo politico per favorire il ricompattamento del centrosinistra in versione moderata, per volere di Politici di altissimo livello, per una politica per la gente e non per interessi occulti…