Il sistema. Luca Palamara racconta di potere, politica, affari.
Il libro intervista di Alessandro Sallusti
Roma, 18 febbraio 2021 – Tutti dalla stampa e dalle tv abbiamo appreso del “Caso Palamara” poi oggetto di un interessante libro-intervista, scritto da Alessandro Sallusti, Direttore de “Il Giornale”, a seguito di un lungo colloquio con Luca Palamara, Magistrato italiano, già Presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati e membro del Csm, radiato dopo le inchieste piovute a suo carico.
Palamara, di fronte alle domande ficcanti di Sallusti, illustra quello che viene definito “il Sistema”.
Si, il Sistema. La parola chiave di tutte le vicende riportate nuovamente alla luce dietro le quali si svelano eventi nascosti che per decenni hanno caratterizzato i rapporti tra Magistrati, politicanti e giornalisti.
Così conosciamo quello che ormai si chiama “metodo Palamara” che però, a maggio 2019 finisce, a causa di un trojan inserito nel suo cellulare.
Il Sistema, chiarisce il magistrato, ha un nome emblematico: Magistratura democratica.
Chi tenta di ribellarsi è un eretico da allontanare e distruggere; solo se si è collaterali al PCI-PDS-PD «sei un sincero democratico» (SIC!).
I poli di interesse principali sono le quattro correnti della magistratura in competizione: Magistratura democratica, Unicost di centro, (a cui appartiene Palamara), Magistratura indipendente (di destra) e Autonomia e indipendenza (vicina al Movimento 5 stelle).
Esistono, ovviamente, delle regole, di cui la principale è: “una Procura, un giornale amico, un partito che fa da spalla politica”.
Il ruolo della stampa è fondamentale, in quanto essendo collegata alle parti più forti del potere, interferisce nelle scelte e influenza l’opinione pubblica.
Il compito della Magistratura, nell’ottica interna, è rincorrere le logiche della politica, “a volte addirittura le anticipa” sottolinea Palamara.
Il caso Berlusconi ne è un esempio.
Quindi un Sistema nel quale chi sbaglia o meglio, chi “sgarra” paga.
Leggiamo che a pagare è stato proprio Palamara caduto in trappola.
Resta inteso però che il Sistema non è costituito solo da Luca Palamara, ma tanti altri soggettoni – nella politica, nelle istituzioni, nell’associazionismo –, che l’ex Presidente dell’Anm non dimentica di citare nel libro.
Un grande merito,con questo libro, va ovviamente ad Alessandro Sallusti, impegnato con le sue domande a restituire una verità non bella.
No, non bella. Della quale da tempo però esistevano molti sospetti.
IL SISTEMA. Iniziamo la lettura di parti del libro.
– da pag.15 – “”Il Sistema. È innegabile che a partire da Violante, e, come vedremo, anche prima di lui, vi è stata una cinghia di trasmissione tra politica e magistratura. La presenza con me di due politici, Lotti e Ferri, a una trattativa sulle nomine di magistrati potrebbe sembrare sconveniente. La verità è che dietro ogni nomina c’è un patteggiamento che coinvolge le correnti della magistratura, i membri del Csm e, direttamente o indirettamente, i loro referenti politici, e ciò è ampiamente documentabile. Le persone coinvolte in una nomina sono sempre state tante, colleghi e politici. Si incrociano incontri e telefonate con altri attori che a loro volta fanno lo stesso lavoro, quello di costruire una nomina che regga la prova del voto. Solo uno stupido può pensare che Palamara abbia fatto tutto da solo. E quindi in quel momento parlo, all’ insaputa di tutti, anche con Fanfani, il referente politico dei renziani nel Csm: «Che facciamo, andiamo su Fuzio?». Lui non ha dubbi: «A questo punto,» mi dice «non possiamo più fermarci, spingi sull’ acceleratore, vedrai che reggiamo, su Fuzio e anche su Mammone. La sera prima della votazione, mi chiama Legnini: «Domani devo andare da Mattarella, ti prego solo di una cosa, di non farmi fare una figuraccia con il presidente. Lo devo sapere come finirà, comunque vada». Metto in campo tutto il cinismo di cui sono capace, e per non creare allarmi gli faccio credere di avere in tasca solo due voti su sei, quindi può stare tranquillo. Lui, saprò poi, se la vende così con il Quirinale e, sicuro, convoco la commissione. È il 14 dicembre 2017, finisce con quattro voti a Fuzio, uno a Salvi e un astenuto. Fuzio è il nuovo procuratore generale della Cassazione, Mammone il primo presidente.”
Pensa di aver firmato quel giorno la sua condanna a morte? “Penso di sì, e la sentenza mi arriva la sera stessa. Ma prima mi faccia dire che se sono andato avanti è perché non ho mai pensato di mancare di rispetto al presidente Mattarella. Sarebbe bastato un suo input, come avveniva ai tempi di Napolitano: avrei capito e mi sarei fermato. Non è arrivato e sono andato avanti. Io degli intermediari non mi fido fino in fondo, a quei livelli ognuno fa il suo gioco, e non sempre è un gioco leale e trasparente.”
Eravate, siete stati, convinti di essere così potenti? “Le spiego una cosa fondamentale per capire che cos’ è successo in Italia negli ultimi vent’anni. Un procuratore della Repubblica in gamba, se ha nel suo ufficio un paio di aggiunti e di sostituti svegli, un ufficiale di polizia giudiziaria che fa le indagini sul campo altrettanto bravo e ammanicato con i servizi segreti, e se questi signori hanno rapporti stretti con un paio di giornalisti di testate importanti – e soprattutto con il giudice che deve decidere i processi, frequentandone magari l’ abitazione, hanno più potere del Parlamento, del premier e del governo intero. Soprattutto perché fanno parte di un «Sistema» che li ha messi e che per questo li lascia fare, oltre ovviamente a difenderli. Tra di noi girava la battuta: «La vera separazione delle carriere non dovrebbe essere quella tra giudici e pm ma tra magistrati e giornalisti». Magistrati e giornalisti – lo dico anche per esperienza personale – si usano a vicenda, all’ interno di rapporti che si costruiscono e consolidano negli anni. Il giornalista vive di notizie, ogni testata ha una sua linea politica dettata dall’ editore, che ha precisi interessi da difendere. Il PM li conosce bene, e sa che senza quella cassa di risonanza la sua inchiesta non decollerà, verrebbe a mancare il clamore mediatico che fa da sponda con la politica. È inevitabile che una frequentazione assidua porti una complicità professionale, a volte anche un’intimità personale più o meno clandestina che crea qualche imbarazzo tra i colleghi. Ma c’è anche un livello superiore: io stesso ho avuto modo di partecipare a incontri riservati tra importanti direttori e procuratori impegnati su inchieste molto delicate.”
– da pag.254 – Lei, per esempio, il 16 dicembre 2020, ha ricevuto dalla procura di Perugia l’ avviso di conclusione indagine per violazione del segreto istruttorio e fuga di notizie, insieme al suo collega Stefano Fava e all’ ex procuratore generale della Cassazione Riccardo Fuzio. La vicenda riguarda l’ esposto presentato da Fava, di cui abbiamo già parlato, contro il procuratore di Roma Pignatone e il suo vice Ielo per presunti conflitti di interessi; esposto che avrebbe dovuto rimanere segreto, ma che fu reso pubblico contemporaneamente, il 29 maggio 2019, dal «Fatto Quotidiano» e dalla «Verità». “È un’ accusa assurda e mi difenderò in tribunale. Peraltro, solo dopo il mio interrogatorio a Perugia ho avuto modo di ricontrollare una chat del 23 maggio 2019 tra me e Cesare Sirignano, nella quale, commentando l’ esito della votazione alla procura di Roma, affermo: «A breve uscirà la verità». Mi riferisco ovviamente alla verità storica dei fatti, perché chiunque conosca un po’ di giornali sa che quelle testate hanno fonti ben diverse tra loro e da me. Quello stesso giorno, coincidenza sospetta, «la Repubblica» e il «Corriere della Sera» davano notizia di una fuga di notizie sull’ inchiesta contro di me, e non mi risulta che al momento si stia indagando con altrettanta foga. La cosa non mi stupisce: qualcuno ha mai pagato per la fuga di notizie avvenuta nel 1994 sull’invito a comparire a Berlusconi premier, all’interno della procura di Milano guidata da Borrelli, Di Pietro e Davigo, che pure cambiò il corso della politica? E per quelle successive che hanno riguardato il Cavaliere? Come presidente dell’Anm prima e consigliere del Csm poi, non ho mai detto una parola contro i colleghi le cui inchieste sono state al centro di clamorose fughe di notizie che hanno pilotato l’attacco giudiziario e mediatico della magistratura a un sistema politico avverso, da Berlusconi a Renzi fino a Salvini. E mi chiedo: ci saranno indagini a trecentosessanta gradi sulle fughe di notizie e sulle rivelazioni di segreti di ufficio che hanno riguardato la mia persona? La mia esperienza mi porta a ritenere che la fuga di notizie sia una delle tante armi usate dal «Sistema», l’hanno applicata senza conseguenze anche su di me non appena sono diventato scomodo. Si ricordi, da De Magistris alla Forleo fino a Ingroia, i magistrati vengono messi nel mirino solo se sfidano il «Sistema», altrimenti hanno mano libera, coperti da un’immunità di gregge. Io non credo alla favola che gli atti giudiziari escano perché a conoscenza degli avvocati difensori. No, c’è un momento in cui certi atti li hanno solo i pubblici ministeri e la polizia giudiziaria, e non c’è mai stata una seria attività d’indagine sulla procura da cui è partita una fuga di notizie. C’è un interesse professionale o politico dei giornalisti a portare fuori una notizia? Sì, c’è. C’è un interesse del magistrato a fare uscire una notizia certa in modo da attirare attenzione sulla propria inchiesta, che coinvolge personaggi noti della politica, e non solo di quella, per trarne vantaggio e popolarità, e c’è qualcuno che proverà a usare questa notizia per altri fini, nonostante nessun reato sia ancora stato accertato? Sì o no? Io dico di sì. In questi casi il processo penale viene inquinato e usato come una clava per eliminare l’ avversario politico o ribaltare un sistema interno alla magistratura.”
– da pag.265 – L’ 8 ottobre 2020, davanti alla commissione disciplinare del Csm, l’avvocato generale della Cassazione, Pietro Gaeta, chiede la sua espulsione dalla magistratura per fatti di «elevatissima gravità», in quanto «sceneggiatore e regista della strategia» per arrivare alle nomine dei vertici delle procure di Roma e Perugia. Lei, per Gaeta, non è un «pericolo astratto», ma un «pericolo concreto». “Pensi com’ è strana la vita. Pietro Gaeta è il figlio di Giuliano Gaeta, il magistrato che nel 1988 tenne l’orazione funebre ai funerali di mio padre Rocco. Un crudele e bizzarro incrocio di destini tra due generazioni e due famiglie. Pietro Gaeta, inoltre, anche per il tramite della collega Pina Casella, non aveva mancato di cercare il mio appoggio in occasione della sua nomina ad avvocato generale dello Stato e per superare una situazione di incompatibilità che si era creata a Reggio Calabria tra la sorella Rosalia Gaeta e il presidente della Corte d’ Appello Luciano Gerardis. Per sostenere la sua tesi, Gaeta cita diverse intercettazioni che mi riguardano, compresa quella in cui dico: «Senza di me non si muoverebbe foglia». Ma ne dimentica una a mio avviso fondamentale.” Quale? “Quella in cui Luca Lotti, quello stesso giorno, mi dice: «Sergio mi dice di andare avanti». Si riferisce alla nomina di Viola a procuratore di Roma.”
Quel Sergio è il presidente della Repubblica Mattarella? “Sì, proprio lui. Non posso escludere che Lotti millanti rapporti che nella realtà non ci sono, anche se fino a ora nessuno ha indagato sulla questione. C’è un processo in corso che mi vede imputato, posso solo confermare che la voce è la sua, non la mia. Mettiamola pure così: non è vero che Lotti sia così in confidenza con il presidente, che lo senta spesso. Eppure, è verosimile, direi sicuro, che sia in contatto con qualcuno al Quirinale che gli spaccia proprie indicazioni e propri desideri per quelli del presidente. Conoscendo quel mondo, avendolo addirittura frequentato ai tempi di Giorgio Napolitano, la cosa non mi stupirebbe, ci sta tutta. Quindi io in quel momento so, vero o falso che sia il rapporto millantato da Lotti nei confronti di Mattarella, che al Quirinale condividono la mia scelta, e so per certo che anche Davigo, con la sua corrente, approva l’idea di andare su Viola, cosa che poi farà nella votazione preliminare in commissione nomine del Csm. Devo essere sincero, a un certo punto mi sono assuefatto al potere: ero richiesto dalle televisioni, dalla stampa e come arrivavo a un convegno tutti i giornalisti e i colleghi venivano da me a chiedermi qualche cosa. Ho fatto parte di un’oligarchia giudiziaria, e ogni oligarca ha i suoi riferimenti nel mondo istituzionale e politico. C’è un’interlocuzione esterna, è chiaro che il mondo della politica sa chi sono i leader dell’ associazionismo giudiziario.”
Con il senno di poi pensa di avere sbagliato cavallo? “Con il senno di poi ho fatto un azzardo: smarcarmi definitivamente da quella sinistra ideologica anti-renziana con la quale avevo condiviso la lottizzazione della magistratura negli ultimi dodici anni, oltre che la gestione politica della giustizia. Ma il punto vero è che da un paio d’anni io e il renziano Ferri, come si è visto in queste pagine, avevamo stretto un patto tra la mia corrente di Unicost e la sua di Magistratura indipendente per tagliare fuori dalle nomine tutte le altre, in particolare quella di Magistratura democratica. Andando avanti così avremmo monopolizzato l’intera magistratura, e per questo occorreva fermarci.”
Sin qui il libro.
Ora, concludendo, consideriamo che da anni la classe politica vuole che la Magistratura sia soggetta al proprio controllo.
Addirittura due ex Ministri, Alfano e Castelli, in tv nella primavera del 2011, sorprendentemente dissero che ” Il nostro diritto prevede due poteri e un ordine, che è quello della Magistratura”.
Quindi un Ordine, anziché uno dei tre poteri su cui si fonda una Democrazia moderna, lasciando intendere una declassificazione e una subordinazione.
Si tratta della stessa teorizzazione che Silvio Berlusconi, Presidente del Consiglio, pubblicamente si chiese come fosse possibile che un Magistrato, semplice funzionario dello Stato vincitore di concorso pubblico giunga ad incriminare ed eventualmente condannare chi eletto dal popolo è legittimato a governare il Paese. Probabilmente, non ricordava che è proprio la Costituzione che prevede il concorso pubblico per l’accesso in Magistratura a garanzia di indipendenza dell’Ordine Giudiziario e della sua estraneità alle logiche e agli interessi della politica.
In primis, noi liberi cittadini e liberi pensatori, non dobbiamo condividere che ci si risenta per le doverose e giuste sentenze dei Magistrati, che ricordiamolo, ieri come oggi, svolgono attività di “supplenza” per le inguaribili inadempienze della politica, e da lunghi anni rappresentano l’unico controllo di legalità esistente per garantire la supremazia della Legge e la difesa del cittadino.
La storia della mafia è antica per l’inerzia della Politica locale e nazionale e dei Palazzi romani.
Ricordando annualmente la strage di Capaci e la morte di Giovanni Falcone nell’anniversario di quella tragedia nazionale, cui si aggiunge l’uccisione di Paolo Borsellino, a 57 giorni di distanza; poi, commemorando a fine di ogni estate anche l’ anniversario dell’uccisione dell’ Onorevole Pio Latorre e di Carlo Alberto dalla Chiesa, si riaccende il ricordo di tanti e tanti altri Servitori della Legge sacrificatisi sul Fronte del Dovere.
Così ricordiamo le uccisioni da parte di terrorismi e mafie di Magistrati e Uomini di Legge quali Rocco Chinnici, Pietro Scaglione, Francesco Ferlaino, Francesco Coco, Cesare Terranova, Mario Amato, Gaetano Costa, Giangiacomo Ciaccio Montalto, Alberto Giacomelli, Rosario Livatino, Antonio Scopelliti, Vittorio Occorsio, Riccardo Palma, Girolamo Tartaglione, Fedele Calvosa, Emilio Alessandrini, Nicola Giacumbi, Girolamo Minervini, Guido Galli, Bruno Caccia, Vittorio Bachelet, per cui prende la rabbia più forte nel rivisitare le inerzie e le corruzioni molteplici di uno Stato che non ha saputo, nel tempo, difendere tanti suoi Figli, anzi li ha già uccisi una prima volta lasciandoli soli e consentendo per taluni, come con Falcone, la nauseabonda e vigliacca macchina del sospetto e della illazione, mentre nascondeva a vari livelli di responsabilità complicità indicibili con la mafia e apparati occulti che avrebbero dovuti invece essere combattuti ad oltranza!
Questa la tragedia nazionale delle morti annunciate e non impedite.
Spesso la Politica si è ribellata ieri e si ribella oggi contro i Magistrati che, ricordiamolo, rappresentano l’unico controllo di legalità; ma cosa ha fatto e ora fa, la Politica, per garantire la supremazia della Legge e la difesa del cittadino?
Certamente ben poco!
Il mio nobile Amico, il grande costituzionalista Pietro Di Muccio de Quattro, il 01 febbraio ha scritto su “l’Opinione delle Libertà”: “Intrecciati come serpi in primavera due fatti sono capitati assieme quasi lo stesso giorno: l’inaugurazione dell’anno giudiziario e il libro di Alessandro Sallusti su Luca Palamara. Le relazioni del Presidente e del Procuratore Generale della Cassazione non trasudano neppure l’ottimismo di maniera, mentre le rivelazioni (?) di Palamara sono pessimismo allo stato puro.
I due più alti Magistrati dell’ordine giudiziario hanno elencato i mali della giustizia ripetendo grosso modo le denunce annuali dei loro predecessori…
Poiché non desidero apparire un commentatore esagerato, vi confido che, da Deputato al Parlamento, un anno presi la relazione di un Procuratore generale di Corte d’Appello e la trasmisi come “esposto-denuncia” alla Procura della Repubblica in sede affinché valutasse i reati all’apparenza ravvisabili e procedesse contro gli eventuali responsabili. Uno degli innumerevoli paradossi della giustizia italiana sta nel fatto che a denunciarne i mali sono gli stessi magistrati che l’amministrano in nome del popolo. Il quale popolo non riesce a raccapezzarsi in tutto questo, mentre il triangolo dello status quo (parlamentari, magistrati, avvocati) non può adottare i rimedi risolutivi perché ciascuna categoria invoca solo quelli non a proprio danno.”
Per chi volesse ancora leggere sull’argomento politica e Magistrati, altro mio articolo di www.attualità.it (di cui è direttore Salvatore Veltri) sul recente interessante libro di Piercamillo Davigo e Sebastiano Ardita: “Giustizialisti. Così la politica lega le mani alla Magistratura”, che si basa su un ragionamento: i politici e i giornali sostengono che la responsabilità è dei Giudici mentre il libro spiega giustamente che è del legislatore, del Governo, dei politici (https://www.attualita.it/notizie/tematiche-etico-sociali/giustizialisti-politica-e-magistratura-una-storia-solo-italiana-44789/)
DEL DIRETTORE – Per doverosa completezza di informazione, il Tar del Lazio ha accolto il ricorso del capo della procura di Palermo Francesco Lo Voi e del pg di Firenze, Marcello Viola in relazione alla nomina di Michele Prestipino a Procuratore della Repubblica di Roma