Ispirandoci al Generale Dalla Chiesa e ad altri Martiri della legalità per un’Italia migliore
Dobbiamo avere il coraggio di affermare che il sacrificio dei Martiri della difesa della Democrazia e della Libertà a poco sia servito per giungere ad una società migliore.
“La decisione di giocare all’Olimpico di Roma la finale di Coppa Italia, nonostante i gravissimi incidenti prepartita, è stata giusta sotto tutti gli aspetti, ma averlo fatto dopo una trattativa con i capi degli ultras delle due squadre è davvero disarmante se non scandaloso. Che tutto questo sia accaduto alla presenza incurante delle massime Autorità dello Stato e dello Sport è persino patetico. Se fosse possibile, ma non si può, sarebbe una pagina da cancellare subito”.
Lo ha dichiarato il Senatore di Forza Italia, Altero Matteoli, già autorevole Ministro dell’Ambiente. “E’ una vergogna, lo stadio in mano a dei violenti e lo Stato che non reagisce, impotente e quindi ha perso”, dice invece sconvolta Marisa Grasso, la vedova dell’Ispettore Capo della Polizia di Stato Filippo Raciti, morto il 2 febbraio del 2007 nello stadio di Catania, che ha visto la maglietta del capo ultras “Genny ‘a Carogna”, con la scritta “Speziale libero”, l’omicida del marito, aggiungendo:”Lo Stato ieri era presente nelle massime espressioni, e che ha fatto? E’ ora che qualcuno ponga fine a tutto questo, ma non a parole…”. Il Questore di Roma, da parte sua, ha assicurato che nessuna trattativa c’è stata con gli ultras; mentre il Ministro dell’Interno, nel confermare ciò, ha dichiarato che “come Stato siamo e saremo in grado garantire l’ordine pubblico”. Anche i Sindacati di Polizia hanno “tuonato”, giustamente, sull’accaduto ponendosi a difesa dei Poliziotti.
Noi, da questo Giornale che si ispira ai valori di democrazia e civiltà giuridica del grande Gaetano Salvemini, cosa dobbiamo dire ai nostri lettori? Diciamo, ma ad alta voce, ripetendo concetti già espressi: mai più politica modesta e mediocre che offende quotidianamente i Cittadini con l’inefficienza e con loro le Polizie chiamate a difenderli ma da ben vent’anni dimenticate, senza accordare quanto spetta in termini di sostegno morale, materiale e norme di tutela; basta con l’illegalità, la corruzione e la criminalità che regnano sovrane tanto da aver cambiato il concetto di democrazia nel cui ambito fare il proprio dovere costituisce l’eccezione mentre assumere la “facies” del corrotto, corruttore e delinquente la normalità; mai più una società in cui anche il coraggioso debba temere di dire la verità perché il rischio provato e comprovato è che resti “ucciso” civilmente, favorendo l’ascesa di vigliacchi, pavidi e mezze tacche; basta con logiche “massonpiqquattriste” per nomine ed incarichi ad incapaci; non più una politica che sottovaluti colpevolmente la violenza subita e patita dai Cittadini, e questo con incursioni, saccheggi e aggressioni della malavita; basta con le città assalite da teppisti delinquenti armati; basta con i cittadini che devono fuggire con i loro bambini all’arrivo di torme incontrollate di feccia sfrenata e scatenata; basta con i negozi chiusi all’improvviso e persone che si chiudono in casa; non più, per motivi di campagna elettorale perpetua, questa tolleranza subdola e indegna che serve per far prendere voti ai politici dalle mafie in colletto bianco e non; basta con i “discorsi dal balcone” di alti esponenti dello Stato……
Diciamo basta a tutto questo!
Ora, una riflessione, perché diventa imperativo, a questo punto, porsi la domanda legittima, e magari difficile per la risposta che si può ottenere, su cos’è veramente cambiato nella società italiana a seguito del sacrificio di quanti hanno immolato la propria Vita sul fronte della Difesa della Legalità.
Parliamo dell’ uccisione di Peppino Impastato, nel 1978; dell’Avv. Ambrosoli, del Commissario Boris Giuliano e del Procuratore della Repubblica di Palermo, Terranova, nel 1979; del Presidente della Regione Siciliana Piersanti Mattarella e del Capitano Emanuele Basile e del Procuratore della Repubblica Gaetano Costa, nel 1980; dell’On. Pio La Torre e del grande Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, nel 1982; del Procuratore della Repubblica di Palermo, Rocco Chinnici, del Capitano d’Aleo con l’Appuntato Giuseppe Bommarito e il Carabiniere Pietro Morici già autista Capitano Basile, nel 1983; di Pippo Fava, nel 1984; del giovane giornalista napoletano Giancarlo Siani, nel 1985; del Presidente di Corte d’Appello, Saetta, con il figlio, e del Giudice Rosario Livatino (il “Giudice ragazzino..”, secondo l’irrispettosa e inopportuna definizione di Francesco Cossiga), nel 1990; del Procuratore Generale Antonino Scopelliti e dell’ imprenditore Libero Grassi, nel 1991; dei Maestri di Legalità Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e del Maresciallo Guazzelli, nel 1992; di Don Pino Puglisi nel 1993; infine, del Vice Presidente del Consiglio Regionale della Calabria, Francesco Fortugno, nel 2005. Diciamo pure che questi non sono i nomi di tutte le vittime uccise dalla mafia, e che abbiamo intenzionalmente tralasciato la lunga lista dei Caduti per Terrorismo, perché avremmo impegnato troppo spazio…..
Nel valutare la realtà tragica che viviamo, dovremmo quindi avere il coraggio di affermare che il sacrificio di questi Martiri della difesa della Democrazia e della Libertà a poco sia servito per giungere ad una società migliore.
Chiediamoci tutti, quindi, indistintamente, di fronte ad ideali tavole marmoree con scolpiti i Nomi dei sopra citati Eroi della Patria, come sia stato possibile e com’è possibile, ancora oggi, che la nostra democrazia non riesca a difendere le sue regole e i suoi principi e si dimostri debole e impotente.
Chiediamoci poi, come Cittadini, se ciascuno, nel suo modesto o grande ambito, abbia fatto di tutto per ottenere un’Italia migliore ..per i figli..per i nipoti…