Roma, 28 febbraio 2020 – “A Taranto la pax mafiosa pronta a saltare, a Brindisi nuovi gangster, vecchi boss”, articolo della Redazione Cronaca Telerama News del 19 luglio 2019…“”La pax mafiosa che sta caratterizzando la provincia di Taranto potrebbe presto saltare: la fase di quiete criminale potrebbe, in prospettiva, essere minata dalla scarcerazione di alcuni elementi di spicco della criminalità organizzata che, tornati in libertà, potrebbero riorganizzarsi e stabilire nuove alleanze… Il patto di non belligeranza in corso, comunque, non ha impedito il concretizzarsi di episodi intimidatori e di ritorsione, specie nel capoluogo ionico dove, alle figure criminali storiche, si affiancano diverse, nuove formazioni delinquenziali, molte delle quali a connotazione mafiosa, desiderose di ritagliarsi autonomi e maggiori spazi di manovra nei traffici di droga e delle estorsioni. Secondo la Dia, è in tale ambito che “vanno inquadrati i numerosi rinvenimenti e sequestri di armi e munizioni effettuati in città, custoditi a volte da incensurati, anche a dimostrazione della fitta rete di fiancheggiatori a disposizione della criminalità organizzata tarantina”. I gruppi malavitosi si spartiscono la città di Taranto in base a rioni e quartieri …
Sgomitano tutti, ma ancora non sono in grado di scalzare le consorterie storiche… I vecchi boss detengono soprattutto il controllo del traffico di droga e delle estorsioni, a volte anche direttamente dalle carceri. Non va meglio in provincia di Taranto, dove le consorterie si aiutano a vicenda in un evidente mutuo soccorso. Anche nel Brindisino, resta in sella la vecchia guardia: i capi storici, anche se dietro le sbarre, tendono a gestire le attività criminali realizzate nei rispettivi territori attraverso parenti e affiliati in libertà …”.
Sempre la D.I.A., nel suo rapporto del secondo semestre del 2018, consegnato al Parlamento, ha sostenuto: ”Nell’ambito della provincia tarantina, rispetto ai sodalizi operanti nella provincia di Lecce ed in quella di Brindisi, il panorama criminale presenta connotazioni differenti soprattutto in relazione alla capacità delle consorterie di condividere, in maniera apparentemente pacifica, le attività illecite e il controllo del territorio.
Nella provincia di Taranto, la fase di quiete criminale, già registrata nel precedente semestre, potrebbe, in prospettiva, essere minata dalla scarcerazione di alcuni elementi di spicco della criminalità organizzata che, tornati in libertà, potrebbero riorganizzarsi e stabilire nuove alleanze””. L’articolo prosegue: “”Nella città di Taranto, alle figure criminali storiche si affiancano diverse, nuove formazioni delinquenziali, molte delle quali a connotazione mafiosa, desiderose di ritagliarsi autonomi e maggiori spazi di manovra nei traffici di droga e nelle estorsioni. In tale quadro, vanno anche ricordati i numerosi rinvenimenti e sequestri di armi e munizioni effettuati in città, custoditi a volte da incensurati, anche a dimostrazione della fitta rete di fiancheggiatori a disposizione della criminalità organizzata tarantina. Nel variegato scenario criminale tarantino, pur cercando spazi di autonomia nella gestione delle illecite attività, i gruppi criminali non sembrano in grado, al momento, di scalzare il potere acquisito dai clan storici della mafia tarantina (D’Oronzo-De Vitis, Ricciardi, Cesario, Cicala, Pascali e Di Pierro), tutti capeggiati da soggetti dotati di una elevata caratura criminale…””Sin qui l’articolo di Telerama News. It.”
Passiamo ad altro…Lo spiega il Procuratore Nazionale Antimafia Federico Cafiero de Raho, che recentemente ha risposto alle domande della brava giornalista Annalisa Latartara, del giornale “Taranto Buonasera”, sui nuovi assetti della malavita pugliese.“”Taranto… Non chiamatela più Sacra Corona Unita. La mafia pugliese è cambiata, si è riorganizzata e resta sempre pericolosa, ma utilizzare quella denominazione che ha sancito la nascita di una mafia autoctona pugliese, la quarta in Italia dopo Cosa nostra, Camorra e ‘Ndrangheta, è ormai superata…Oggi non si chiama più Sacra Corona Unita, ci sono nuove associazioni mafiose che l’hanno sostituita, che sono strutturate in modo simile ma sono cambiate. Quindi – evidenzia il Capo della Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo – parlare ancora oggi di Scu significa affermare qualcosa che non corrisponde più alla situazione attuale. Sono consorterie mafiose che utilizzano i riti di affiliazione e hanno i gradi come la camorra.
L’affiliazione è il punto di partenza per il primo livello e avviene attraverso una cerimonia che prevede il taglio del dito per il patto di sangue e l’utilizzo di una figurina del santo. Questi aspetti sono analoghi a quelli della vecchia Scu, ma la nuova criminalità si è rinnovata totalmente pur rimanendo strutturata su modelli mafiosi. Così come sono strutturate su modelli mafiosi la “Società” foggiana e le organizzazioni criminali di Bari e Lecce”. La risposta dello Stato alla riorganizzazione di vecchia e nuova mala non si è fatta attendere ed è stata pronta ed incisiva, ha fatto notare Cafiero de Raho:”Nel Salento sono stati effettuati recentemente arresti importanti di componenti di una organizzazione mafiosa. Si tratta di sodalizi, e questa è un’altra differenza sostanziale, che non hanno l’unitarietà della ‘Ndrangheta o di Cosa Nostra. Non hanno organismi comuni di vertice. Si tratta di una mafia frammentata, frazionata, più sul modello della Camorra. In alcuni casi si tratta di una criminalità con una organizzazione a cellule. Una strutturazione che caratterizza i gruppi criminali tarantini. Il livello è nettamente inferiore a quello delle mafie storiche come la capacità di infiltrazione nell’economia legale e nelle istituzioni, anche se negli ultimi anni non sono mancati i casi di scioglimento di consigli comunali, come dimostra Manduria… Al momento non risulta – dichiara il Capo della DNA – che la mafia tarantina abbia una sua autonomia. Ha un assetto basato su gruppi di non grandi dimensioni che agiscono in diversi quartieri della Città e potrebbero essere legati ad altre organizzazioni”. Liberarsene è possibile? Il Magistrato è ottimista: ”Credo molto nell’impegno di tutti e i buoni esempi nel Mezzogiorno non mancano…””. Sin qui l’articolo della brava giornalista tarantina.
Ora, per conoscere, a chi è interessato, diamo spazio a quanto fatto durante la mia quadriennale presenza in Taranto quale Comandante Provinciale, negli anni 1997/ 2001, sulla “Sacra Corona Unita”…
A partire dal mese di febbraio 1998 si avviò un’attività di indagine, dirette dal bravissimo Ten.Col. Agostino Galati, collaborato dal Maggiore Giovanni Spirito, che avrebbe portato all’identificazione di una articolata organizzazione criminale, facente parte della Sacra Corona Unita, dedita al traffico internazionale di sostanze stupefacenti, nonché al traffico internazionale di armi. Inoltre, fu scoperta un’altra organizzazione collegata ad elementi della Sacra Corona Unita finalizzata al favoreggiamento dell’introduzione clandestina di cittadini stranieri extracomunitari nel territorio italiano (operazione Apulia). Tale indagine, supportata da numerose intercettazioni telefoniche, ambientali, nonché da pedinamenti, si concludeva con l’identificazione della maggior parte dei correi ed il deferimento degli stessi per traffico di sostanze stupefacenti tra l’Italia e l’Albania. La droga giungeva dalla Turchia in Albania e veniva controllata da personaggi appartenenti alla criminalità locale albanese. Particolare attenzione meritò la figura di Cinieri Massimo che rappresentò, nell’intera provincia tarantina, il personaggio che seppe imporsi per determinazione e grande carisma dimostrando di possederlo non solo all’interno del proprio clan ma anche soprattutto nei rapporti con le altre organizzazioni criminali extra regionali, anche all’interno delle strutture carcerarie. Da giovane, fedele a Stranieri Vincenzo, passò ad assumere, con l’arresto di questi, una propria figura autonoma cui la guerra di mafia del tarantino degli anni 90 lo aveva visto alleato ai De Vitis-Ricciardi-D’Oronzo contro il clan Modeo.
Latitante, arrivò con complice greco a gestire un vasto traffico di sostanze stupefacenti dalla Grecia in Italia con ingentissimi quantitativi di eroina. Poi per contrasti sorti tra i due, lo stesso Cinieri attenterà alla sua vita, facendo esplodere un ordigno sotto casa del complice, ad Atene, ed entrando in contrasto con elementi di un clan di Catania. Arrestato nel 1992, avrà la possibilità di crescere sempre all’interno delle strutture carcerarie, fino ad assumere la carica di uno dei quattro capi della Sacra Corona Unita… Ulteriori indagini accertarono le attività illecite del clan Cinieri, dalla gestione del traffico di droga e d’armi a quello del contrabbando di Tabacchi Lavorati Esteri, e soprattutto si delinearono le nuove alleanze all’interno dei gruppi emergenti del sodalizio criminale Sacra Corona Unita. L’egemonia del Cinieri nella gestione di tutte le attività illecite era profondamente radicata nei territori della provincia orientale tarantina ed occidentale brindisina… In Albania, come era già emerso nel corso dell’operazione Apulia, le organizzazioni internazionali per convogliare i canali di trasporto dello stupefacente proveniente dalla Grecia e dalla Turchia in Albania, si organizzarono per la produzione stessa dello stupefacente nel “paese delle aquile” mediante istallazione di raffinerie di cocaina e di eroina e le piantagioni di cannabis, materia prima per la produzione di marijuana, hashish e derivati. Le organizzazioni provvidero al trasporto dello stupefacente sia mediante gli scafi utilizzati per il trasporto dei clandestini, sia mediante le navi di linea che collegavano l’Albania con i porti di Brindisi, Bari ed Otranto (LE).
L’articolazione della nuova struttura si basò essenzialmente su personaggi di origine albanese ormai disseminati sull’intero territorio nazionale e quindi in grado di poter gestire autonomamente i traffici. Tali clan erano caratterizzati dalla capacità di tessere rapporti tra connazionali presenti in altre città italiane per la commercializzazione dello stupefacente. Tutto ciò rese tali organizzazioni particolarmente impermeabili alle investigazioni. Di particolare interesse si rivelò nella medesima operazione una organizzazione dedita al contrabbando di ingentissime quantità di t.l.e. condotta dalle coste montenegrine a quelle italiane. A gestire l’illecito commercio un gruppo di pregiudicati tarantini e brindisini che, in piena autonomia, riuscirono ad organizzare diversi sbarchi sulle coste ioniche, aggirando pertanto i controlli attuati con l’operazione “Primavera”. In particolare, mentre i brindisini si occupavano dell’arrivo a largo e dello scarico del tabacco, i tarantini fornivano appoggio logistico.
Concludiamo, con articoli di stampa sulla situazione tarantina, di interesse… Su “Il Fatto Quotidiano” del 24 febbraio 2016 abbiamo letto l’articolo di Tiziana Colluto dal titolo: “La ‘Ndrangheta ha mezza Taranto, Scu nuovo welfare del Salento” nel quale si è scritto che “”la Commissione Parlamentare Antimafia, dopo tre giorni a Lecce, ha rivelato gli interessi della mafia calabrese nel Tarantino e il salto di qualità che la Scu è pronta a fare, ora che è diventata il nuovo welfare del Salento. La ‘Ndrangheta ha messo gli occhi su Taranto e sotto la sua influenza c’è già metà provincia. Dopo gli ascolti dei Magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia e dei Prefetti, la fotografia è chiara: quello ionico (tarantino n.d.a.) è un territorio a sé rispetto al resto del Salento, dove la “Sacra corona unita sta diventando un sistema alternativo allo Stato, il nuovo Welfare”, ha detto la Presidente Rosy Bindi. Ad accomunare la mafia calabrese che sguazza nel Tarantino a quella leccese e brindisina è il core business degli affari: la droga. Paradossalmente – è stato spiegato – la forza della Scu sta nella sua configurazione reticolare, senza vertice, con famiglie che si spartiscono pacificamente il Salento. E se questo rende possibili operazioni di smantellamento delle singole realtà, ciò però complica la completa bonifica del territorio. A Taranto, dopo la decapitazione del clan Modeo, le ‘ndrine (calabresi) hanno pian piano penetrato la piazza. E il passo dal mercato degli stupefacenti agli appetiti nel resto dell’economia, anche quella legale, pare essere breve.
Quindi, la Sacra corona unita è pronta a fare il salto di qualità. Non è ancora mafia imprenditrice, al pari delle altre, e il suo terreno è tuttora quello classico di droga, estorsioni, usura, oltre ai traffici di armi, sigarette e persone sulle rotte di collegamento mai abbandonate con l’altra sponda dell’Adriatico. “Per esempio – ha spiegato l’On. Bindi – il recupero crediti sembra sia quasi totalmente affidato agli esponenti dei clan. I pentiti hanno riferito che i cittadini si rivolgono a loro per avere, in questo periodo di crisi, ciò che non viene concesso dalle istituzioni. Così chi presta soldi rischia di essere visto non come un usuraio, ma come colui che dà credito”.
Comunque stiano le cose, al di là di organigrammi e sigle, anche in quella Regione l’assalto al potere e all’economia è guidato dalle mafie, probabilmente anche da quelle dai colletti bianchi e, perchè no, finanche inamidati…
Allora, lo Stato. faccia la sua parte una volta per tutte, sia dotando le Forze dell’Ordine di quanto necessario, sia non depotenziando le leggi anticrimine come avviene, purtroppo, da anni; sia costruendo nuove carceri, come in altri Stati civili… Ho finito.