La Strage e il Miracolo di Antonio Padellaro… La tentata strage di Carabinieri allo Stadio Olimpico… Perché…?

Roma, 12 luglio 2020 – Ne “La strage e il miracolo”, editore Paper First, Antonio Padellaro ricostruisce la storia dell’autobomba che il 23 gennaio 1994 avrebbe dovuto seminare la morte davanti allo stadio Olimpico, tra il pubblico e i Carabinieri nel dopo-partita di Roma Udinese. In quel caso si sarebbe trattato di un attentato di mafia, nelle intenzioni il più sanguinoso tra quelli organizzati per indure lo Stato a trattare. Il racconto di Padellaro, che quel giorno era allo stadio, spiega il contesto in cui maturò il progetto di strage fallito ufficialmente per un difetto del timer, ma forse per altre ragioni: inaspettate, favorevoli e ancora inconfessabili..

Iniziamo la lettura di parti del libro…

– da pag.9…””Domenica 23 gennaio 1994 ore 15:00 circa…Suzuki, la GSX 750 2F, da viale dello Stadio Olimpico, all’ altezza della tribuna Monte Mario, la moto bianca e blu sale velocemente per via Edmondo De Amicis, che per la forte pendenza i romani chiamano K2. Rallentano, si fermano, con il motore spento si può sentire la voce dello stadio là sotto, che a tratti scoppia e poi torna profonda. Scendono dal sellino, sul cancello un cartello del servizio giardini del Comune di Roma, un tempo verde, ora butterato di ruggine, indica il luogo: “riserva naturale Monte Mario”… Atti della Corte d’Assise di Firenze… ”Antonio Scarano (killer calabrese di Cosa Nostra, poi collaboratore di giustizia) ha detto che il primo sopralluogo allo stadio avvenne alla fine della stagione calcistica del 1993, ad opera di Spatuzza… poi, il 21 novembre 2015: un suicidio in apparenza. Se non fosse che il cadavere è quello di un personaggio di spessore nel mondo della malavita romana. Si tratta di Alfredo Bizzoni, 64 anni, condannato e coinvolto per le stragi terroristiche che insanguinarono l’ Italia negli anni ‘90. Pochi mesi fa (quest’anno n.d.a.) la Dia ha confiscato beni per 6 milioni di euro… In effetti Bizzoni è una conoscenza altisonante tra le Forze dell’ Ordine. Pregiudicato per reati in materia di armi e stupefacenti, ha iniziato la carriera criminale nei primi anni ‘90, quella della violenza, delle stragi, delle auto imbottite di esplosivo. È la notte tra il 26 e il 27 maggio 1993, in via dei Georgofili a Firenze un’autobomba esplode e uccide 5 persone, distruggendo parte del patrimonio storico della città. Per questa vicenda Bizzoni viene condannato dalla Corte di Assise a un anno e sei mesi per favoreggiamento. Secondo gli inquirenti è l’uomo della logistica: avrebbe procurato alloggio e mezzi al gruppo di assassini che ha compiuto la strage. Si scopre infatti che è legato ad Antonio Scarano, pluripregiudicato di origine calabrese, divenuto collaboratore di giustizia, condannato a 18 anni perché ritenuto responsabile in concorso delle azioni dinamitarde avvenute a Firenze, nella Capitale e a Milano…””

– da pag. 21…””Autunno 2012. Località protetta. Mi chiamo Gaspare Spatuzza. Quando ho dovuto scegliere con chi stare, ho scelto lo schieramento con i Graviano. Nel settembre-ottobre del 1995 mi sono recato nel trapanese nei pressi di Segesta dove insieme ad altri c’era Matteo Messina Denaro. Ho avuto un ruolo in tutte le stragi del 92 -93, periodo che si chiude con un fallito attentato allo stadio Olimpico. Il mio ruolo nella strage di Capaci, nel furto della Fiat 126 che verrà usata come autobomba in via D’Amelio… È scritto tutto negli atti giudiziari. Vengo arrestato il 2 luglio 1997”…
Dichiarazione di Grigoli Salvatore, mafioso e collaboratore di giustizia. Questi ha detto che poco dopo il 22 maggio 1993 fu contattato da Nino Mangano, il quale ordinò di dare una mano ai “ragazzi” che stavano macinando e confezionando dell’ esplosivo. I “ragazzi” erano Spatuzza, Lo Nigro e Giuliano… Circa la destinazione dell’esplosivo così confezionato, il Grigoli ha mostrato di non essere sicuro (pur essendone convinto personalmente) che fu utilizzato per le stragi). Probabilmente, ha detto, finì a Roma per l’ attentato allo Stadio Olimpico, ovvero per l’attentato a Contorno…”
-Direzione Investigativa Antimafia, Roma 10 agosto 1993…Dopo via Fauro (14 maggio del 1993 attentato fallito contro Maurizio Costanzo) gli attentati hanno assunto le caratteristiche di avvertimenti ed intimidazioni. Le bombe, seminando vittime spesso impreviste, lanciano un segnale di grande capacità distruttiva e di efficienza organizzativa, i cui effetti appaiono volutamente circoscritti. È come se gli ispiratori di tale strategia avessero ritenuto di poter raggiungere i propri scopi limitandosi, in un primo momento, a fare sfoggio della propria forza e sotto sotto intendendo, al contempo, la minaccia di azioni più devastanti e sanguinose. Da via Fauro in poi, tutti gli attentati vengono eseguiti al di fuori della Sicilia e sono caratterizzati soprattutto dall’intento di suscitare il massimo clamore possibile e di creare sconcerto e disorientamento tra la gente…””

– da pag. 35… “” Carlo Azeglio Ciampi. Libro:“Non è il paese che sognavo, Il saggiatore“ … Il mio governo ha avuto il triste distintivo di essere stato accompagnato da una serie di attentati terroristici, che oggi sappiamo essere di stampo mafioso. La bomba di via Fauro, il fallito attentato a Maurizio Costanzo, esplose due giorni dopo il voto di fiducia; una settimana dopo, il 27 maggio 1993, c’è l’ attentato di via dei Georgofili a Firenze. Il 2 giugno, festa della Repubblica, viene scoperta a pochi metri da Palazzo Chigi un auto piena di esplosivo, mentre riunito con i sindacati e Confindustria conducevo la trattativa sul costo del lavoro; il 27 luglio i gravissimi attentati a Roma e a Milano… L’ attacco di Cosa Nostra contro lo Stato nel corso di quel governo richiede una riflessione. Gli attentati contro i Giudici Falcone e Borsellino nel 1992, rappresentano una svolta nelle strategie criminali di Cosa Nostra, la loro lettura non appare difficile: la mafia che avverte un crescente isolamento, una più intensa pressione investigativa, attacca duramente le due persone più esposte nella lotta contro la criminalità.
Gli attentati del 1993 sono di più difficile lettura, perché apparentemente non hanno dei precisi obiettivi militari, non perseguono l’ eliminazione fisica dei soggetti pericolosi per l’organizzazione mafiosa. Perché questi attentati durante il governo Ciampi? Forse che con esso ogni aggancio è impossibile e irrecuperabile? E forse per questo che, con una strategia stragistica, si vuole dimostrare l’incapacità di controllo dell’ Esecutivo sul territorio nazionale e per tale via delegittimarlo?… La notte, le bombe: a Milano, via Palestro; a Roma le chiese di San Giorgio al Velabro e San Giovanni in Laterano. Poco dopo le 2:00 di notte riuniì a Palazzo Chigi il Comitato Nazionale per l’Ordine e la Sicurezza. Si cercò di capire, furono prese decisioni, date direttive volte a rafforzare l’azione sia di prevenzione sia di investigazione. La mattina dopo ero in Parlamento dove volli, anche se non richiesto, far precedere le dichiarazioni del Ministro dell’Interno da un mio intervento… Si impedì che le polveri si mischiassero, che l’innesco ricercato nel turbamento dell’ ordine pubblico le facesse esplodere. Questi eventi mi indussero a porre mano a una radicale ristrutturazione dei servizi di sicurezza per accrescerne l’efficienza, migliorarne il coordinamento. Un disegno di legge di riforma venne presentata al Parlamento in settembre, ma nonostante gli sforzi del governo non riuscì a superare nemmeno l’iter in commissione…””

– da pag.45…””Gennaio-Aprile 1994. Dal 19 al 21 gennaio 1994 Gaspare Spatuzza viene convocato da Giuseppe Graviano al bar Doney di via Veneto a Roma. “Era gioioso, felice” racconterà ai PM. E chi erano le persone serie? “Quelli di Canale 5” cioè Silvio Berlusconi “e il nostro paesano” cioè Marcello Dell’Utri. I quali, dice Graviano a Spatuzza, ci stanno mettendo l’Italia nelle mani. Graviano aggiunge che l’ attentato ai Carabinieri va fatto comunque per “dare il colpo di grazia”. La DIA accerterà che il 18 gennaio Marcello Dell’Utri ha alloggiato all’ Hotel Majestic, di fronte al bar Doney…
-23 gennaio. L’ attentato all’Olimpico programmato subito dopo la fine di Roma-Udinese fallisce…
-26 gennaio. Berlusconi annuncia in un video messaggio televisivo la sua “discesa in campo”…
-27 gennaio. Giuseppe e Filippo Graviano vengono arrestati a Milano..
-27-28 Marzo. Berlusconi vince le elezioni e attende da Scalfaro l’ incarico per formare il nuovo governo…
-8 Aprile. Brusca e Bagarella – racconterà il primo – convocano Mangano e lo rispediscono a Milano da Dell’Utri per consegnare un preciso messaggio-avvertimento al premier in pectore Berlusconi: devono scendere a patti, altrimenti, senza più la revisione del maxi processo e del 41 bis e la fine dei maltrattamenti in carcere, le stragi continueranno. Il fallito attentato all’Olimpico può essere sempre ritentato in qualunque momento. Mangano deve aggiungere – per rassicurare gli amici milanesi – che anche la “Sinistra” sapeva della trattativa, quindi se il governo Berlusconi farà qualcosa a beneficio di Cosa Nostra e non in contrapposizione, è perché dietro la prima trattativa c’ era la Sinistra. Sinistra – spiega Brusca – nel senso della Sinistra DC, che fino ad allora aveva governato il Paese, ed era dunque ricattabile. Mangano va e – sempre secondo il racconto dei pentiti – torna raggiante: “Dell’Utri ha detto “grazie, grazie, a disposizione”. (dal libro Marco Lillo, Marco Travaglio, “Padrini fondatori”)…

– da pag.67…””23 gennaio 1994, ore 16:30 circa. Gaspare Spatuzza e Salvatore Benigno aspettano la fine della partita. Seduti sull’erba, nella piccola radura di Monte Mario. Il radiocomando è pronto per l’uso. Tra non molto insieme ai tifosi con le sciarpe giallorosse che escono dallo stadio si muoveranno i plotoni di Carabinieri, intruppati tra le transenne dietro un drappello a cavallo. Contatto. E sarà ciò che sarà.””

– da pag.89…””23 gennaio 1994, ore 16:40 circa. Sappiamo che il telecomando era stato anch’esso preparato in tempo per la bisogna. Si trattava di un telecomando per apparecchi da modellismo, di colore nero, dalle dimensioni di 20×20 centimetri circa. Eccoci. Ci siamo. Il pubblico sfolla dallo stadio, i pullman dei Carabinieri, come previsto, procedono lentamente, distanziati pochi metri l’uno dall’altro, lungo il viale dei Gladiatori che si restringe a causa delle transenne, collocate per dei lavori in corso. Ecco. Benigno preme il pulsante. Non succede niente. Preme ancora. Nulla. Ancora e ancora. Silenzio. Come se l’impulso da lassù non giungesse laggiù per essere captato dall’antenna della Lancia Thema. Non una frase, un commento. L’attentato è fallito, la più spaventosa strage non c’è stata, la vita della città continua inconsapevole, come se Roma e suoi abitanti non si fossero trovati distanti un decimo di secondo dall’ apocalisse. Tac, quell’istante è trascorso e non tornerà più. Perché? Prima ipotesi, quella presa per buona dai Giudici, il guasto tecnico. C’è però un’ altra ipotesi: il ripensamento. Non certo da parte degli alti comandi mafiosi, che da Matteo Messina Denaro ai fratelli Graviano aspettavano con ansia il botto. No, qualcuno all’ ultimo momento può avere rinunciato lassù, su quel prato. O forse sarà intervenuto qualcuno, ancora più in alto… È stato un miracolo, dirà Spatuzza in uno dei tanti interrogatori sulla mancata strage dell’Olimpico (espressione, miracolo, che ritroviamo anche nella sentenza sulle stragi del 93). Ci siamo già soffermati sulla prima ipotesi, il mancato funzionamento del telecomando. Abbiamo escluso la seconda: un contrordine dei Graviano e/o di Messina Denaro, convinti che rinunciare al “botto” alla vigilia della discesa in campo di Silvio Berlusconi fosse la scelta più saggia. Retromarcia che potrebbe avere un fondamento logico, ma non risulta convalidata da nessuna testimonianza, anzi, insiste Giuseppe Graviano con Spatuzza, “occorre dare il colpo di grazia” per dimostrare che Cosa Nostra non scherza. Silvio Berlusconi comincia a vincere una partita che durerà quasi vent’ anni. Di cui sappiamo tutto. E di cui Dell’Utri e Mangano sono a titolo diverso tra i protagonisti. Diciamo che lo Stato pareggia: ha subito danni gravissimi con gli attentati di Milano, Firenze, Roma e ha rischiato che saltasse in aria perfino Palazzo Chigi insieme al Presidente del Consiglio Carlo Azeglio Ciampi. Però ha evitato per pura casualità un’ecatombe.””

Sin qui il libro di Antonio Padellaro.

Ora integrazioni e valutazioni… Probabilmente si è dimenticato ciò che è stata l’Italia di 50 anni fa, dove si trovano le radici del clima di paura e odio degli anni successivi… e di oggi…
Si, la stagione delle bombe uccise 135 persone e ne ferì 500, con otto stragi in 15 anni. Una carneficina a cui ne seguì una di proporzioni devastanti, quella dei cosiddetti anni di piombo e della lotta armata. La stagione delle Brigate Rosse, dei NAR, del sequestro di Aldo Moro…
Veniva intanto delineandosi un quadro di una strategia congiunta tra “cosa nostra” siciliana e ‘ndrangheta calabrese finalizzata a colpire, questa volta non più monumenti e vittime indefinite, ma direttamente l’Arma dei Carabinieri, come dimostrato non soltanto dal fatto dell’obiettivo dello stadio Olimpico di Roma, ma anche dal fatto che nei tre diversi agguati organizzati in Calabria vennero ugualmente individuati come obiettivi sempre e soltanto Carabinieri e non altre Forze di Polizia che pure di certo non mancavano in quei territori.
Non va dimenticato la percezione che di tali episodi ebbe il grande Comandante Generale dell’Arma, Gen. Luigi Federici, che, appunto, all’indomani dell’ultimo episodio del l febbraio 1994, in Calabria, culminato con il duplice omicidio dei Carabinieri Antonio Fava e Giuseppe Garofalo e i tentati omicidi dei Carabinieri Vincenzo Pasqua, Silvio Ricciardi, Bartolomeo Musicó, e Salvatore Serra, eseguiti da due giovanissimi killer di ‘Nrangheta, disse al Presidente del Consiglio Ciampi che non si era trattato di un fatto occasionale e contingente, ma di una dimostrazione di forza della ‘Ndrangheta che aveva voluto colpire i Carabinieri… Ma perché l’ attacco proprio ai Carabinieri? “Perché sono un simbolo dello Stato”, affermò in Calabria il Magistrato Pedone, “perché colpendo loro, colpiscono l’immaginario collettivo”.
“Ma sia certo”, ribattè il Generale Federici, che giunse nell’immediatezza dell’ evento, facendo come di consueto visita ai feriti e ai familiari delle Vittime: “Gli uomini in divisa non arretreranno di un solo passo”; e così fu! ( https://www.attualita.it/notizie/tematiche-etico-sociali/la-ndrangheta-stragista-con-obiettivo-larma-benemerita-con-miei-ricordi-professionali-2-parte-42386/ )

Se così è, deve dedursi che con quella concentrazione di obiettivi in un lasso temporale limitato (meno di due mesi) si sia voluto mandare un messaggio proprio ai Carabinieri, messaggio che, evidentemente, però, non era quello soltanto della dimostrazione di forza, quanto un segnale ad una struttura dello Stato certamente emblematica….

Deve restare memoria, di tutto questo, certamente. Ma insieme alla memoria deve venir fuori anche la verità. “Perché senza verità – disse l’ex Presidente della Repubblica Ciampi – non c’è democrazia”.

Non aggiungiamo altro; quel che narra Ciampi è più che illuminante sui pericoli che correva l’Italia in quegli anni… Sono fatti narrati da un protagonista della storia repubblicana di intemerata coscienza, altissimo senso dello Stato e ammirevole dirittura morale.

Resta inteso che la guardia non va abbassata, soprattutto oggi che l’Italia vive momenti non facili, come tutti ben sappiamo… ! Ho finito.

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