Se ne riparla, non si smette mai di analizzare, psicoanalizzare, sceverare quello che comunemente viene definito un problema sociale, in cui il nostro stato moderno si trova tristemente a confrontarsi ogni giorno.
Telegiornali, quotidiani, riviste, sono piene di casi di violenza contro le donne, soprusi che avvengono dentro le pareti di casa per anni che poi vengono portati alla luce da un ultimo drammatico e definitivo evento di cronaca nera.
Ma io oggi non voglio parlare di violenza contro le donne. Voglio andare controcorrente, perché qui non si tratta di una violenza di una parte di umanità contro laltra che è più fragile e indifesa. Gli uomini non sono tutti bruti energumeni cattivi e le donne non sono tutte ebeti senza capacità di giudizio.
Innanzitutto le donne di oggi non sono né fragili, né deboli, nè sprovvedute, abbiamo professioniste di ogni genere, con carriere strepitose, siamo circondati da donne dinamiche, intraprendenti che non sono affatto vittime degli uomini, pertanto io voglio parlare piuttosto di queste donne come vittime di se stesse. Esiste un legame di interdipendenza tra la vittima e il suo carnefice. Una donna che subisce violenza partecipa di questa stessa violenza attivamente, si pone sullo stesso piano del suo antagonista, non sfugge ma a volte stimola, ristagna masochisticamente in una situazione dalla quale non vuole uscire, e cerca lei stessa il suo carnefice, in grado di trattarla così, trovandolo tra i vari profili di uomini disponibili.
Uomini che a loro volta, vuoi per violenze e maltrattamenti subiti durante linfanzia, vuoi per fragilità emotiva, vuoi per disagi lavorativi o crisi esistenziali di vario tipo, come la difficoltà ad esempio di sentirsi allaltezza delle aspettative, scaricano contro la partner, che ripeto, si presta a questo gioco di distruzione perpetua, i loro istinti più bassi e meschini.
Lautolesionismo delle donne è impressionante, si fanno del male usando luomo come specchio del loro animo nero. Laltro è il riflesso di un lato oscuro nascosto in profondità che emerge poi nel quotidiano innescato anche da motivi banali. Pertanto non si può deresponsabilizzare le donne da questa successione di violenze, ognuna è più o meno consapevole di essere parte di un meccanismo perverso dal quale non riesce ad uscire. Certamente non è facile, per chi sta intorno a costoro, capire le dinamiche o intervenire per aiutare.
Quindi, talvolta si accusano ingiustamente parenti o vicini o le forze dellordine di indifferenza.
Sovente è la vittima stessa lostacolo maggiore da superare per coloro che vogliono prestare soccorso.
So già che le mie parole saranno impopolari, ma io mi rifiuto di togliere dignità alla donna relegandola a vittima passiva della vita.
Ogni individuo, maschio o femmina che sia deve sapersi prendere cura di se stesso. Questa è una condizione indispensabile per sopravvivere.
La vita è anche lotta, ma il nemico numero uno spesso non è fuori di noi, ma dentro. Ed è il nemico più temibile, pericoloso e infido che ci sia. Può prendere diversi nomi: insicurezza, paura, depressione, ansia ..ma nessuno può sconfiggerlo al posto nostro né può liberarcene.
Quindi le donne che subiscono devono trovare la forza in loro stesse di uccidere il loro demone interiore che viene proiettato al di fuori nelle sembianze di un uomo geneticamente e socialmente predisposto ad una consumata violenza.