Roma, 3 gennaio 2021 – Si, un paese sconvolto da pulsioni separatiste, stragi, piani golpisti, delitti eccellenti, tentativi insurrezionali di ogni colore ideologico e politico.
Basata su anni di ricerche negli archivi britannici, americani, italiani, compresi quelli del vecchio Pci, “Le menti del doppio Stato”, edito da Chiarelettere, è un’inchiesta giornalistica che evidenzia le attività nell’ombra delle varie agenzie di spionaggio (ufficiali e non) operanti in Italia già prima della fine della Seconda guerra mondiale: dal mancato attentato al governo Bonomi a quelli falliti contro De Gasperi e Togliatti, dalle “operazioni sporche” di vari Servizi clandestini, che hanno destabilizzato il nostro paese facendolo precipitare sull’orlo della guerra civile negli anni da piazza Fontana all’assassinio di Aldo Moro, fino al terrorismo mafioso dei primi anni Novanta.
Ecco perché, come affermano gli autori nella loro nota iniziale, la Magistratura non ha mai potuto aggredire il livello più alto delle complicità, dei mandanti e delle regìe occulte, che pure si intravedevano, si intravedevano solo, dietro le verità accertate.
Quindi, perché leggere questo libro?
Perché è un libro che risponde a una domanda storica: perché l’Italia è dilaniata da sempre da forze che minano l’integrità territoriale e gli equilibri politici?
Breve nota sugli autori.
Mario José Cereghino, saggista ed esperto di archivi anglosassoni, ha pubblicato vari studi di storia contemporanea con Bompiani, Castelvecchi, Chiarelettere, Feltrinelli, Garzanti, Mgs Press, Mondadori.
Giovanni Fasanella, giornalista e ricercatore, ha pubblicato libri sull’“indicibile” della storia contemporanea italiana con le case editrici più importanti, tra cui Einaudi, Mondadori, Rizzoli e Sperling & Kupfer, Chiarelettere.
Giuseppe Vacca è storico delle dottrine politiche. Docente all’Università di Bari, ha diretto a lungo la Fondazione Istituto Gramsci ed è stato per diciassette anni membro del cda dell’Istituto dell’Enciclopedia Italiana.
Iniziamo la lettura di parti salienti del libro.
-“”Prefazione del Prof. Giuseppe Vacca. Questo libro aggiunge un tassello molto significativo alla conoscenza del modus operandi del «doppio Stato» in Italia dalla fine del fascismo all’assassinio di Aldo Moro. Giovandosi di nuove fonti archivistiche inglesi e americane, riguardanti le reti di intelligence e la politica estera di Usa e Inghilterra, (gli autori) avevano già centrato due obiettivi importanti. Da una parte dimostrare che nella «strategia della tensione» e nei due tentativi di golpe degli anni Settanta – quelli di Edgardo Sogno e di Junio Valerio Borghese – s’intravedeva la mano degli inglesi piuttosto che degli americani e, dall’altra, che si dovesse risalire, per comprenderne la genesi e le finalità, agli anni della transizione dal fascismo alla Repubblica, in cui si erano formate le nuove reti della «politica segreta» e s’era dispiegata l’azione inglese per condizionare la vita politica e il ruolo internazionale dell’Italia. “Le menti del doppio Stato” mette meglio a fuoco sia il periodo del primo dopoguerra italiano sia i nessi fra il teatro d’azione nazionale e gli sviluppi della strategia globale delle maggiori potenze, nella quale ha un ruolo rilevante l’utilizzo delle reti di intelligence per il controllo delle rispettive sfere d’influenza.
Sotto questo aspetto, l’indagine si proietta su un arco temporale molto più lungo, risalendo agli anni Trenta del secolo passato, in cui l’unica grande potenza globale era la Gran Bretagna, e giungendo fino agli anni Ottanta in cui cominciarono a delinearsi interdipendenze mondiali asimmetriche, non più disciplinabili dal bipolarismo Usa-Urss.
Il paradigma del «doppio Stato» diviene così una chiave d’accesso non trascurabile agli intrecci fra politica interna e politica internazionale, liberandosi dalla torsione «dietrologica» per cui era stato respinto in una stagione storiografica ormai pregressa. La declinazione bipolare della Guerra fredda mette in ombra la complessità del periodo storico che la generò. La pianificazione congiunta del dopoguerra da parte degli Stati Uniti, dell’Unione Sovietica e della Gran Bretagna cominciò nel 1943, quando le sorti della guerra apparivano ormai decise. Nella Conferenza di Bretton Woods (luglio 1944) l’asse fra gli americani e i russi mise le basi per liquidare il potere mondiale della sterlina e rimuovere l’impedimento alla globalizzazione economica rappresentato dall’Impero britannico. Le conferenze internazionali che disegnarono la geopolitica mondiale, da Teheran a Yalta, assegnarono alla sfera d’influenza inglese l’Europa occidentale e in particolare l’Italia, per l’interesse strategico conferito a essa dalla collocazione mediterranea. Alla caduta del fascismo l’Inghilterra era la potenza imperiale che aveva sviluppato di più e meglio le reti d’intelligence; quindi era anche la più preparata ad attivare i dispositivi del doppio Stato nell’Italia «divisa in due», dove si svolgeva una guerra di liberazione nazionale in cui primeggiava l’iniziativa dei comunisti, definiti da Benedetto Croce «iniziatori di nuova politica». Per ragioni ben note, la transizione dal fascismo alla Repubblica si concluse quando il quadro internazionale era sensibilmente mutato e l’Inghilterra poteva ambire solo al ruolo di principale alleato degli Stati Uniti d’America; ma la sua capacità di condizionare la politica americana era notevole e andava ben oltre la riconfigurazione geostrategica del mondo scaturita dal Trattato di pace, dal lancio del Piano Marshall e dalla formazione dei «due campi» contrapposti. Gli inglesi avevano anticipato gli americani nella creazione delle strutture del doppio Stato radicando le proprie reti in quello che sarebbe stato «il sommerso della Repubblica» e questo accresce l’importanza del periodo storico compreso fra «la svolta di Salerno» (aprile 1944) e l’attentato a Togliatti (14 luglio 1948) che costituisce il focus di questo libro.””
– ””La nostra indagine si concentra su un periodo particolare, quello tra il 1944 e i primi Cinquanta. Perché proprio quello? Perché tutto ebbe inizio allora. Tutto ciò, s’intende, che è nell’orizzonte della nostra ricerca: i cosiddetti «anni di piombo», l’ondata di violenza politica che investì il nostro paese dalla bomba di piazza Fontana all’assassinio di Aldo Moro; e poi lo tsunami del terrorismo mafioso, con tutti gli annessi e connessi, che nei primi Novanta travolse la Repubblica nata dalla Resistenza. La «strategia della tensione», insomma. Chiunque si sia occupato del terrorismo – di matrice politica o mafiosa che fosse – ha sempre dovuto fare i conti con un interrogativo rimasto a lungo insoluto. Perché la Magistratura, colpita la bassa manovalanza, non è mai riuscita a spingersi oltre aggredendo il livello più alto delle complicità, dei mandanti delle regie occulte, che pure si intravedevano tra le pieghe delle inchieste? Neppure la storiografia, del resto, è riuscita a colmare il deficit di verità ricostruendo gli eventi all’interno di un quadro coerente, dal quale emergessero chiavi di lettura che superassero le vulgate. Così quei fatti sono rimasti avvolti in un alone di indicibilità, che alimenta ancora oggi diatribe infinite. Ma poiché è del tutto improbabile che le ondate violente subìte dal 1969 in poi siano state provocate da improvviso impazzimento della società italiana, è evidente che la loro radice debba essere rintracciata nella storia del paese. E in particolare, appunto, nell’esperienza vissuta nella seconda metà degli anni quaranta. Come del resto si intuiva già dalle mille piste emerse in altre nostre inchieste. In quel periodo di transizione dal fascismo alla democrazia, dalla guerra alla pace, furono create le basi sulle quali si è retto per una lunghissima fase l’equilibrio postbellico. Ma non fu un passaggio indolore. Perché i nemici interni ed esterni della nuova Italia – che stava prendendo forma attraverso un grande compromesso storico tra laici, comunisti e cattolici – non rimasero a guardare. Ci fu una risposta violenta e sul terreno rimasero migliaia di vittime tra morti e feriti. In quel breve lasso di tempo si formarono, per reazione al nuovo, grumi tumorali che in seguito degenerarono, intaccando il tessuto politico-istituzionale, sociale e civile della nazione.””
-””Il gruppo di Cambridge, Cosa nostra e la «Cia nella Cia».Una manipolazione della Storia.La controversa vicenda della Rete di Cambridge, nota tra i suoi adepti come The Group, è tornata alla ribalta nell’autunno del 2015, quando gli archivi nazionali britannici di Kew Gardens hanno aperto al pubblico oltre quattrocento fascicoli sull’organizzazione spionistica più celebre del Novecento. A scriverne è Richard Norton-Taylor («The Guardian»). Per più di sessant’anni, denuncia il reporter inglese, il Foreign Office ha conservato sotto chiave un’enorme quantità di documenti sulla fuga a Mosca di Guy Burgess e Donald Maclean, avvenuta a maggio 1951(erano le spie inglesi al servizio dell’Unione Sovietica che informarono Mosca per una quindicina di anni, mentre decine di agenti infiltrati nei Paesi comunisti persero la vita a causa delle loro informazioni – N.d.a.). Ma la loro desecretazione è una mossa che non ha affatto convinto Andrew Lownie, autore di una recente biografia su Burgess. Lo storico britannico si è quindi rivolto all’Information Rights Tribunal di Londra perché fossero desecretati molti altri dossier su quella rete spionistica in contatto con il Cremlino. La replica delle autorità inglesi è stata tuttavia secca; l’apertura di quei fascicoli «nuocerebbe alle relazioni internazionali del Regno Unito», senza contare che potrebbe creare «disagio» a varie personalità «ancora in vita». Stando a Lownie, continua a rimanere inaccessibile al pubblico un quinto dei fascicoli sul Group di Cambridge, per il semplice motivo che l’MI5 e l’MI6 «hanno tutto l’interesse a nascondere la verità» (Il Security Service, spesso indicato come MI5, Military Intelligence, Sezione 5, è l’ente per la sicurezza e il controspionaggio del Regno Unito. Si occupa quindi della sicurezza interna, mentre il MI6 si occupa della sicurezza esterna. – N.d.a.). Norton-Taylor, non a caso, osserva che sono ben diciannove i faldoni su Burgess ancora coperti dal segreto di Stato. Con una procedura del tutto illegale, afferma Ian Cobain («The Guardian»), il Foreign Office ha messo da parte per decenni oltre un milione di documenti storici che, al contrario, avrebbero dovuto essere desecretati e consegnati agli archivi nazionali di Kew Gardens. Quell’enorme mole di carte del Foreign Office e dell’MI6 è conservata in un sito ultrasegreto a Hanslope Park, nel Buckinghamshire, novanta chilometri a nord di Londra. La scelta di non renderle pubbliche è una violazione clamorosa del Public Records Act, sottolinea Cobain, una norma che prevede l’apertura degli atti pubblici allo scadere del trentesimo anno. Ma nemmeno il Freedom of Information Act è riuscito a togliere il segreto a quelle carte. Il sito di Hanslope Park è protetto da eccezionali misure di sicurezza. Custodisce i fascicoli del viceministro degli Esteri (è il responsabile dei rapporti tra il Foreign Office e l’MI6) e una gran massa di documenti prodotti per decenni dall’Information Research Department (Ird). Il Foreign Office ha confessato l’esistenza di quell’archivio blindato solo nell’autunno del 2012, battezzandolo The Special Collections Archive. Ma non è ancora chiaro se e quando quei dossier saranno messi a disposizione del pubblico. L’unica cosa certa è che l’eventuale apertura dell’archivio di Hanslope Park provocherebbe «un danno enorme alla reputazione del Foreign Office» nel Regno Unito e nel Commonwealth. Richard Drayton, Professore di Storia al King’s College di Londra, giudica «scandaloso» che una collezione di simile importanza continui a rimanere inaccessibile agli studiosi, poiché risulta «del tutto inappropriato che lo Stato britannico contemporaneo si senta in obbligo di proteggere la reputazione dello Stato britannico del Novecento. È una manipolazione della Storia, un evento che siamo soliti associare ai regimi comunisti della Guerra fredda». Per quanto riguarda l’Italia, un’indagine svolta dagli autori di questo libro ha rivelato che nei molti fascicoli intitolati Activities of Communist and Left-Wing Parties in Italy e Internal Political Situation in Italy – redatti nel 1976 e resi pubblici nel 2007 – sono nove le pagine ancora coperte dal segreto, fogli che saranno aperti al pubblico nel 2027. A mezzo secolo dagli eventi narrati. Come meglio vedremo più avanti, il governo inglese aveva discusso nella primavera del 1976 l’ipotesi di sferrare un golpe o «una diversa azione sovversiva» in Italia, con l’obiettivo strategico di sabotare con un’azione di forza il compromesso storico tra Dc e Pci. I folti incartamenti sull’Italia del1976 non sono i soli ad essere passati tra le mani dei censori del Regno Unito. Come è accaduto in tempi recenti ai quattro fascicoli sulla visita del Presidente Francesco Cossiga a Londra nell’ottobre 1990 – a Downing Street, all’epoca, c’era Margaret Thatcher –, dossier che sono stati «trattenuti» negli archivi del Foreign and Commonwealth Office nell’agosto2019. Passeranno alcuni anni prima che il loro destino sia «riesaminato» dai burocrati di Whitehall. La medesima sorte è toccata a vari documenti redatti nel 1994 dal gabinetto del premier John Major sulla «situazione interna» italiana, durante il primo governo di Silvio Berlusconi. Studiosi e giornalisti dovranno aspettare sino alla fine degli anni Trenta di questo secolo per poterli visionare. Il record, tuttavia, spetta ad alcune carte del Premier’s Office sull’Italia redatte nel febbraio 1990 (governo Thatcher) e nel luglio-agosto1991 (governo Major), quando il Presidente del Consiglio era Giulio Andreotti, documenti che saranno aperti al pubblico rispettivamente nel 2061 e nel 2074.””
Sin qui il libro, che invito a leggere.
Ora conclusione e brevi integrazioni. Si, al termine del secondo conflitto mondiale l’Italia fu teatro d’una violenta ma occulta azione di spie, di provocatori e di agenti più o meno segreti al servizio di diverse potenze straniere. Di questa macchinazione tratta il libro i cui autori hanno alle spalle lunghi anni di ricerche negli archivi anglo-americani e di quello che definiscono, a tutto tondo, “il servizio segreto del Partito Comunista Italiano”. “Una terra di nessuno tra l’Est e l’Ovest”: così l’intelligence angloamericana indica l’Italia del dopoguerra. Certo, un paese scosso da principi separatisti, orride stragi, piani golpisti, delitti eccellenti, tentativi insurrezionali di ogni colore ideologico e politico. La “strategia della tensione” non nasce con Piazza Fontana il 12 dicembre del 1969, ma come modello eversivo nel quadriennio 1944-1948 ed è teorizzata e attuata da Servizi segreti stranieri e organizzazioni transnazionali occulte, attraverso la creazione di reti per la guerra clandestina nelle quali risultarono implicati grandi gruppi industriali, mafia, massoneria e personaggi capaci di assoldare manovalanza di ogni tipo. Ecco perché, come suggeriscono gli autori nella loro Nota iniziale, data la mancanza di documentazioni formalmente valide dal punto di vista processuale, la Magistratura non ha mai potuto aggredire il livello più alto delle complicità, dei mandanti e delle regie occulte, che pure si intravedevano dietro le verità accertate.
Concludiamo, asserendo che si tratta di storie davvero complesse, come ha ricordato lo storico autorevole Walter Laqueur, che ha affermato: “lo studio del terrorismo è un terreno nel quale occorre guardarsi dal pericolo della semplificazione della generalizzazione”. Quindi, un suggerimento per una analisi approfondita, vista la complessità del terrorismo italiano, di cui sono pienamente consapevoli gli autori di questo interessante libro; come siamo consapevoli noi, semplici ma interessati lettori.
Concludiamo, con una piacevole nota di colore, ricordando che il grande James Bond, certamente il più famoso agente segreto cinematografico, operava alle dipendenze del già citato Servizio segreto inglese, l’MI6 (Sicurezza Esterna) a bordo della sua fantasmagorica Aston Martin DB5.
Poi, chi avesse interesse e pazienza per approfondire il tema dei Servizi segreti stranieri operanti in Italia, altro mio articolo su Attualità.it di cui è Direttore Salvatore Veltri (https://www.attualita.it/notizie/tematiche-etico-sociali/la-cia-e-il-terrorismo-italiano-45931/)