LIBERALIZZAZIONE FARMACIE. RIFLESSIONI DI UN FARMACISTA

Confusi da una serie di notizie contraddittorie sulla liberalizzazione delle farmacie, abbiamo chiesto delucidazioni a quello che si può definire il “decano” dei farmacisti, Giacomo Leopardi, un uomo che ha dedicato la sua vita al settore farmaceutico, decorato di Medaglia d’Oro al merito della Sanità Pubblica e per  decenni Presidente dell’ordine dei Farmacisti .
 

Durante l’iter parlamentare, ed anche dopo l’approvazione del Decreto Legge “Cresci Italia” molto spesso le farmacie ed i farmacisti hanno avuto molto spazio sui mezzi di informazione che criticavano il comportamento della “casta”. Protezione di una “casta”? Difesa di una corporazione?
Anche se queste motivazioni possono avere traversato l’animo di qualche farmacista la definizione di “casta” rivolta ai farmacisti nasce da una considerazione superata e distorta. Superata perché il tempo di un farmacista cui era riservata in esclusiva la preparazione del farmaco non c’è più, distorta perché oggi il reddito del farmacista è di molto inferiore a quello di tanti professionisti ed imprenditori.
Ma allora perché tanto rumore?  Perché la legge non è come suggerito dai farmacisti una legge complessiva che esprime modernità rispondente alle necessità della gente nell’area della Sanità e del benessere. Ciò non è stato ed ecco alcune incongruenze che la legge “Cresce Italia” produce nei confronti del servizio di farmacia.
Il farmacista non può più essere direttore della propria farmacia superati i 65 anni.  C’è una tendenza generale ad aumentare l’età pensionabile e per il farmacista c’è un limite superato il quale per legge bisogna nominare un sostituto più giovane. La norma mette e rischio il servizio di numerose farmacie, quelle dei piccoli paesi, rurali condotte da un solo farmacista a basso reddito, spesso unico presidio sanitario del paese non in grado di assumere un giovane direttore. E la popolazione assistita da quell’unica farmacia? Ed il pensiero corre alla politica che consente l’attività di parlamentare anche ad un’età molto superiore al limite di età imposto ai farmacisti. A proposito il nostro Presidente delle Repubblica non ha 87 anni? Viene eliminata la definizione del territorio assegnato a ciascuna farmacia con la possibilità di generare discontinuità nel servizio e grande confusione per l’insediamento delle farmacie.La libertà degli orari di apertura e chiusura creerà confusione per l’utenza e potrà provocare l’eliminazione della certezza del servizio notturno.Il concorso per l’assegnazione delle 5000 farmacie previsto per soli titoli e non anche per esami (quiz) riduce la possibilità di assegnazione di farmacie ai giovani. In pratica una norma che scontenta tanti e non provoca vantaggi per l’economia nazionale. I farmacisti si aspettavano una riforma del loro servizio che esprimesse maturità rispondendo alle necessità della gente nel settore della salute e del benessere in un quadro regolare, chiaro ed ordinato. Ciò perché il servizio di farmacia necessita di regole certe e norme sicure per garantire alla gente una prestazione che pure in un periodo di generalizzata contestazione, gode della stima della popolazione.
Ma forse nella stesura della legge non è stato molto presente un requisito che spesso è latitante nella odierna società: il “buon senso”.
 
 
 
 
 
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