Senza il riciclaggio il denaro delle mafie sarebbe un ricavato inerte. Perchè il crimine si rafforzi è necessario che quel denaro torni in circolo, diventi lo strumento attraverso il quale tessere una rete di relazioni che coinvolge broker e professionisti, intermediari ed esperti che prestano la loro opera per la costruzione di architetture illegali complesse.
Questo e altro ancora si legge nel bel libro Soldi Sporchi, scritto recentemente dal Procuratore Nazionale Antimafia Pietro Grasso unitamente al giornalista Enrico Bellavia, Dalai editore, che consiglio di leggere.
Ancora: Secondo il Fondo Monetario Internazionale il denaro sporco muove tra il 3 e il 5% del Pil del pianeta, pari ad una cifra che oscilla tra 600 e 1500 miliardi di dollari solo negli USA, come dire lintera economia italiana. In Italia, in particolare, ogni giorno, lindustria del riciclaggio produce 410 milioni di euro, cioè17 milioni lora! La Banca dItalia stima che rappresenti da sola il 10% del Pil. Con un fatturato di 150 miliardi di euro, il riciclaggio è la prima azienda del Paese.
La gravità della situazione è tale che dalla Banca dItalia il Vice Direttore Generale, Anna Maria Tarantola, ha scritto che
è una sfida per il Paese.. e che è in gioco la tutela dellintegrità del sistema finanziario. Il tema della finanza sporca ha assunto una centralità nellordinamento italiano solo da quattro anni con lemanazione nel 2007 della nuova normativa sul riciclaggio, giunta a due anni dalle perentorie indicazioni europee della Direttiva 60 del 2005. La stessa nostra legislazione, peraltro, è relativamente recente, se si considera che la previsione del reato di riciclaggio è del 1978, quando le centrali mafiose si erano già espanse per tutto il territorio nazionale ( Pippo Calò, il cassiere di Cosa Nostra, si trasferì a Roma a metà anni 70, sotto la falsa identità di Mario Aglialoro, investendo in beni immobiliari e operando nel riciclaggio di denaro per conto di molte famiglie mafiose, dimostrandosi abile nell’istituire stretti rapporti con la Banda della Magliana e membri dei servizi segreti italiani).
Negli ultimi trentanni, le mafie nostrane hanno accumulato capitali paragonabili a più bilanci dello Stato. Emblematica, al riguardo, lintervista a Giorgio Bocca rilasciata per La Repubblica il 10 agosto 1982, ventidue giorni prima del suo assassinio, dal Prefetto di Palermo, il grande Generale Dalla Chiesa: La Mafia ormai sta nelle maggiori città dove ha fatto grossi investimenti edilizi, o commerciali e magari industriali. A me interessa conoscere questa accumulazione primitiva del capitale mafioso, questa fase di riciclaggio sporco, queste lire rubate, estorte che architetti o grafici di chiara fama hanno trasformato in case moderne o alberghi o ristoranti à la page. Ma mi interessa ancor di più la rete mafiosa di controllo, che grazie a quelle case, a quelle imprese, a quei commerci magari passati a mani insospettabili, corrette, sta nei punti chiave, assicura i rifugi, procura le vie di riciclaggio, controlla il potere. Basta questo per capire perché Dalla Chiesa sarebbe stato ucciso di lì a poco, sebbene non avesse le disponibilità legislative invano richieste alla Politica; quelle Leggi che, in verità, furono emanate solo dopo la sua tragica fine, seguita di poco allassassinio di mafia del benemerito Onorevole Pio La Torre, la cui unica colpa fu quella di aver proposto una Legge antimafia innovativa rispetto a quella primogenita del 1965, che ben articolava la lotta agli accumuli e agli investimenti dei capitali mafiosi. Ricordo, ammesso ve ne sia bisogno, come dieci anni dopo la morte di Dalla Chiesa, si immolarono anche gli altri due indimenticati Eroi Positivi della Patria, Falcone e Borsellino, caduti sul Fronte del Dovere a causa delle stesse importanti intuizioni del grande Generale!). Tornando al riciclaggio, tra laltro va detto che, recentemente, è passata sotto silenzio la denuncia pubblica di Antonio Maria Costa, sino al 2010 Direttore dell Unodc, lUfficio dellONU per la droga e il crimine, il quale ha autorevolmente sostenuto in unintervista al settimanale austriaco Profil, che con il denaro del traffico degli stupefacenti si sarebbero salvate numerose banche dal tracollo derivato dal recente crak finanziario negli Usa. Infatti, durante la seconda metà del 2008, la mancanza di liquidità è stato il principale problema del sistema bancario. Tale esplicito riferimento al riciclaggio è legato agli effetti dello spaventoso tracollo di Lehman Brothers e alla crisi di liquidità che ha investito lintero pianeta con il fallimento di 200 società di mutui. A fronte di debiti per 1400 miliardi di dollari, a tanto ammonta lo sfacelo di Lehman Brothers, una grossa boccata di ossigeno sarebbe proprio arrivata da oltre 350 miliardi di narcodollari!! Gli stessi dati dellOnu intervengono a sottolineare che il mercato della cocaina si sta spostando verso lEuropa con gravi rischi di stabilità nei Paesi di transito nellAfrica occidentale, con un volume di affari di 88 miliardi di dollari, 34 dei quali prodotti in Europa. Il riciclaggio vive, lo sappiamo, di corruzione e la corruzione vive di riciclaggio. Il denaro liquido accumulato con i traffici, come denuncia Costa, è una risorsa della quale il sistema bancario non sembra poterne fare a meno in tempi di gravissima crisi, come lattuale. Quale futuro? Per quanto concerne limpianto normativo, come molto bene stigmatizzano gli autori del libro Soldi Sporchi, Pietro Grasso e Enrico Bellavia, cè da dire che lUnione Europea ha ben disciplinato lesecuzione dei provvedimenti di blocco dei beni o di sequestro probatorio, della confisca dei beni, dellapplicazione del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni di confisca. Purtroppo, si deve registrare che non tutti gli interventi adottati in sede europea sono stati tempestivamente recepiti, more solito, dallItalia. E così lItalia si trova in una condizione di isolamento per non aver ratificato e quindi adattato il proprio ordinamento agli strumenti europei, in primis la Convenzione sulla corruzione del 27 gennaio 1999 sottoscritta a Varsavia, né quella importantissima sullassistenza giudiziaria tra gli Stati dellUE, che costituisce uno strumento che consentirebbe di snellire le procedure di attacco ai patrimoni sospetti e di disporre di strutture di investigazione integrate.
Tutto ciò, sostiene autorevolmente il Procuratore Nazionale Antimafia, Grasso, costituisce un freno per le indagini allestero. Scusate se è poco! Tuttavia, nonostante l’impegno di Magistrature e Polizie, come ho avuto già modo di scrivere su questa illustre testata, le statistiche economiche sono oltremodo allarmanti per il Sud d´Italia.
La Confindustria reputa infatti quelle aree territoriali molto insicure e attribuisce ciò alla criminalità organizzata e al grande tasso di illegalità esistente. Il Presidente della Commissione Parlamentare Antimafia, on. Pisanu, nella recente sua relazione, è lapidario: “La crisi generale, che colpisce con particolare durezza le regioni e le categorie sociali più deboli, sembra preannunziare un’ulteriore, grande sconfitta del Mezzogiorno”, e le attività della criminalità organizzata storica nelle quattro regioni italiane, Sicilia, Campania, Calabria e Puglia, è causa di un mancato sviluppo equivalente al 15-20% del Pil delle stesse regioni. Pisanu, molto giustamente, e di questo dobbiamo essergliene grati, aggiunge che “se molto sappiamo su come i capitali mafiosi vengono raccolti, ancora poco sappiamo su come vengono occultati e investiti nell’economia legale e nei circuiti finanziari nazionali e internazionali”.
Vediamo, poi, con sorpresa, approvato il nuovo Codice Antimafia, ai primi di agosto scorso, che rischia di essere un bel regalo ai boss; lo dice, con motivate argomentazioni e autorevolezza, il Senatore Giuseppe Lumia, già Presidente della Commissione Parlamentare Antimafia. Lumia parte dalla nuova disciplina dei beni confiscati, aspetto pregnante della lotta alla criminalità organizzata, come sopra ampiamente descritto, in quanto i mafiosi temono più la sottrazione del loro patrimonio al carcere. Con in più, il valore simbolico della assegnazione di quei beni a fini pubblici o sociali. La nuova legge fissa un limite al tempo, che può passare tra il sequestro e la confisca: ben 18 mesi, con due possibili proroghe di sei mesi, con richiesta motivata del Tribunale. Il limite dei due anni e mezzo è troppo breve, dice Lumia, Le indagini patrimoniali sono complesse, soprattutto se parte delle ricchezze è nascosta allestero; questa è la prima finestra che il governo apre alla mafia, e rischia di diventare un portone. A titolo di cronaca, va anche ricordato che dallultima relazione della Corte dei Conti, si evince che oltre la metà dei beni confiscati resta inutilizzata per la lentezza delle procedure. E che, dal momento del sequestro, servono ancora tra i 7 e i 10 anni per giungere alla confisca definitiva dei beni e al loro successivo riutilizzo. Quindi, se qualcosa andava fatto, era quella di accelerare, non già di ritardare la procedura! Un altro limite è la possibilità di revoca della confisca di un bene, anche se questo è già stato assegnato, e per esempio è diventato una scuola, una Caserma dei Carabinieri ovvero un Commissariato di PS, come anche la sede di una cooperativa sociale. Mentre, prima, la confisca era definitiva, con il nuovo testo chi esce assolto da un processo per mafia può chiedere la restituzione di quanto gli è stato sequestrato. Concludendo, auspico che la Politica consideri con giusta, doverosa, improcrastinabile attenzione il problema oltremodo urgente della lotta alle mafie, che stanno occupando tutti gli spazi, prima che sia troppo tardi! Che futuro daremo ai nostri figli e nipoti in un domani non lontano?
Questa è la sfida che da subito deve impegnare la migliore società civile, soprattutto in presenza dellattuale, tremenda crisi economica. Le due situazioni vanno affrontate congiuntamente, senza esitazioni, perché fortemente interconnesse.
Ogni ritardo costituisce colpa grave, che si sappia!
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