MAFIE – Storia della criminalità organizzata – LA CAMORRA

Di Dario Fiorentino

Roma, 10 febbraio 2023 – La parola «CAMORRA» è di origine incerta; il fenomeno designato ancor di più, perdendosi nella notte dei tempi di quel labirinto plurisecolare di documenti che mescola leggende, folklore, mito, storia, letteratura popolare, memorialistica, rapporti polizieschi e atti giudiziari.
La storia della camorra è in realtà un coacervo di storie lungo una traiettoria in cui si incontrano miseria, costumi, mentalità, usi, affari e rapporti con il mondo politico, il cui tratto comune e costante è costituito dal sistema dell’estorsione organizzata oltre che dalla violenza impiegata per imporlo. Organizzazione proteiforme, la camorra è come l’araba fenice, capace di risorgere ciclicamente e di evolvere nelle sue forme e nei suoi campi d’azione, diventando anch’essa da mafia del sottosviluppo una grande impresa criminale globalizzata.
Dario Fiorentino (Lecce, 1983) è Docente in diritto e scienze sociali presso il LIER-FYT dell’École deshautes études en sciences sociales di Parigi e ricercatore afferente al Centro di studi sul rischio dell’Università del Salento. I suoi interessi vanno dalla storia del diritto alla sociologia del diritto, sino alla teoria dei sistemi. La sua ricerca si incentra sul “Processo 7 aprile” e sulle più ampie dinamiche della storia della giustizia politica, dall’antichità ai giorni nostri.
Su queste tematiche ha già pubblicato numerosi volumi editi da “La Gazzetta dello Sport”.

Iniziamo a leggere parti dell’interessante libro.

– da pag. 99. “”La camorra va in America. Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento si verificò un importante movimento migratorio dall’Italia verso il continente americano, allora considerato una terra per una nuova opportunità di riscatto sociale. Migliaia di napoletani si stabilirono sulla costa orientale degli Stati Uniti impiantando comunità a New York e a New Orleans. Insieme agli immigrati che sbarcavano oltreoceano per guadagnarsi da vivere, viaggiavano anche i criminali, sia per sfuggire alla giustizia italiana sia per creare nuovi gruppi delinquenziali. Questo movimento ha portato alla nascita di diverse bande conosciute generalmente come il nome di Mano Nera, sodalizio dedito principalmente all’estorsione. A New York, gangster siciliani si insediarono a Manhattan, East Harlem e Greenwich Village, mentre i guappi napoletani, residuato delle rovine della Bella Società Riformata, a Brooklyn… All’inizio del XX secolo viveva a New York mezzo milione di italiani, per lo più provenienti dal Mezzogiorno. Una delle organizzazioni criminali nascenti che operavano in città era la camorra di Brooklyn, la maggior parte dei suoi membri è nata negli Stati Uniti, anche se le loro famiglie avevano radici napoletane. Si distinguono due bande principali in questo contesto: la banda di Navy Street, guidata da Alessandro Vollero e Leopoldo Lauritan, e il gruppo di Coney Island, diretto da Pellegrino Morano, un leader carismatico e importante da indurre tutti i facinorosi di Napoli a cercare prima o poi il suo consiglio o la sua protezione. In città esisteva una importante rivalità tra bande napoletane e siciliane. Morano, cercando di estendere il proprio potere ad altre zone di New York, si scontrò subito con i siciliani… Durante il regime fascista la camorra, qui intesa sempre come sinonimo di criminalità napoletana, è sopravvissuta grazie a trattative sotterranee con il regime e coloro che hanno accettato di collaborare con il governo, sono stati tollerati o addirittura cooptati a guisa di forze d’ordine. Non è insolito vedere infatti i guappi all’opera per reprimere la delinquenza cittadina di basso cabotaggio dietro promessa di veder cancellati i propri precedenti penali; quando il movimento fascista sale al potere diventando forza di governo, la situazione a Napoli è di nuovo potenzialmente esplosiva, dato che il regime si trova a fronteggiare una plebe ribelle. Facinorosi, un tempo destinati a entrare nella camorra organizzata, optano per profondere le proprie energie nello squadrismo, mezzo ideale per sfogare il proprio carico di violenza altrimenti repressa brutalmente. Per esempio, per restare nell’orbita del rione Sanità, l’ordine pubblico viene assicurato grazie all’opera del guappo Salvatore Macchiulella. Al contrario, i guappi “ribelli” o troppo problematici vengo sistematicamente arrestati e inviati al confino. Si può dire dunque che la camorra entri in un periodo di bassa visibilità, in qualche modo dormiente, mantenendo in piedi solo quelle attività che non generano l’allarme sociale: contrabbando, usura, piccole estorsioni e, in provincia, il controllo del commercio ortofrutticolo… La fine del regime fascista crea dunque le condizioni per lo sviluppo di una nuova forma di camorra, modernizzata, soprattutto grazie al controllo capillare dei mercati e al contrabbando di tabacco. Possiamo distinguere tra camorra urbana e rurale: la camorra urbana trae importanti fonti di reddito dal contrabbando di tabacco e dal settore immobiliare, partecipando alla ricostruzione di Napoli. Le famiglie camorriste cittadine sono più piccole di quelle delle zone rurali e si distinguono stavolta per l’esercizio di una maggiore carica di violenza; mentre i clan della camorra rurale si propongono come mediatori agricoli, controllando i mercati di Napoli, come quello di corso Novara. Impongono i loro prezzi con la persuasione o l’intimidazione, acquistando a basso costo da agricoltori e allevatori, incrementando i guadagni vendendo i prodotti a un prezzo più alto a Napoli o nelle altre province.””

– da pag.111. “”Lucky Luciano arriva a Napoli. Il 28 Febbraio 1946 arriva a Napoli il gangster Lucky Luciano, espulso dagli Stati Uniti. Una volta insediatosi nella città partenopea, comprende immediatamente l’importanza strategica e geografica del porto e organizza una solida rete di traffico di tabacco e di stupefacenti che opera a pieno regime tra il 1947 e il 1955. Luciano inizia inoltre a collaborare con le cosche siciliane e con i gruppi dei cosiddetti “Marsigliesi”, criminali per lo più di origine nordafricana anche se di base a Marsiglia, dediti alla raffinazione e alla distribuzione della droga su larga scala… L’epoca di Achille Lauro. Risale infatti proprio a questo periodo la folgorante ascesa politica napoletana di Achille Lauro, detto il Comandante. Lauro, descritto come megalomane, politico frenetico con spiccate tendenze di destra, anche se carismatico, di professione armatore, ha sessant’anni quando con regalie di viveri e di denaro al popolo dei quartieri bassi della città riesce a procacciare per sé e per il Partito monarchico a cui appartiene i voti sufficienti e diventare Sindaco di Napoli. Viene eletto alla massima carica cittadina nel 1952… Nuovamente emergono pressioni politiche sociali nei confronti del Governo affinché questo assuma misure adeguate per una risposta repressiva tempestiva ed efficace nel novembre del 1955. L’ Ispettore Generale di Pubblica Sicurezza Carmelo Marzano, dopo aver prestato servizio in Aspromonte, è inviato a Napoli con l’incarico di dirigere i servizi di Polizia del capoluogo e della provincia. Anche questa volta la reazione politica segue antichi canovacci, con il Sindaco Lauro che attraverso il suo organo di stampa inaugura una campagna di contestazione del processo di criminalizzazione della città di Napoli, dichiarando addirittura che non bisognava dimenticare che “la camorra ebbe aspetti di generosità e cavalleria”. Siamo nel bel mezzo di un periodo storico-politico conosciuto come “laurismo”, vale a dire di un sistema basato sulla speculazione edilizia sistematica e intrisa di abusi perpetrati dal nuovo ceto politico e affaristico della città, il quale si è già organizzato in clientele. Le operazioni bancarie di credito sono fuori dalla legalità se non proprio gestite dagli esponenti che dirigono il sistema dell’estorsione, i quali tornano a garantire consistenti appoggi elettorali.””

– da pag.129. “”La nuova camorra organizzata di Raffaele Cutolo. L’irruzione sulla scena criminale napoletana di Raffaele Cutolo rappresenta a partire dalla seconda metà degli anni Settanta, una vera e propria rivoluzione. Personaggio altamente carismatico e dotato di una personalità magnetica, riceve nel tempo una vera e propria ammirazione mistica da parte dei suoi adepti. Don Raffaele, già in carcere per scontare una condanna a trent’ anni per omicidio, acquista da subito un ascendente irresistibile sui giovani detenuti nelle carceri in cui è stato recluso. Con pazienza e metodo Cutolo costruisce in prigione un proprio gruppo connotandolo di due elementi portanti: il sentimento e l’identità di appartenenza al clan e un’organizzazione ferrea, verticale e rigidamente gerarchizzata… Come ha scritto lo storico Coletti, “Don Raffaele fonda nel carcere di Poggioreale la nuova camorra organizzata, NCO. Delinea lo statuto, i rituali, i vari gradi della gerarchia interna. Cutolo è il “Vangelo”, i componenti della direzione strategica sono detti “santisti”, “sgarristi” i capizona, mentre la base è costituita dai “picciotti”. La cerimonia di affiliazione o “fidelizzazione” rafforza negli associati, soprattutto nei giovani, la volontà di dedizione al gruppo e alla di partecipazione a comuni obiettivi. Prioritario quello di contrapporsi ai siciliani di Cosa nostra, rei di voler colonizzare la malavita napoletana”… Mentre l’organizzazione di Cutolo si rinforza di giorno in giorno ed espande ovunque i suoi tentacoli, gli altri gruppi connessi a Cosa nostra siciliana nel1978 si riorganizzano in un’unica associazione denominata Nuova Famiglia, NF, per proteggere le proprie quote di mercato nell’ambito del contrabbando di sigarette e del traffico di droga. Personaggi come gli Alfieri, Michele Zaza, Umberto Ammaturo, i Giuliano di Forcella, Antonio Bardellino, Lorenzo Nuvoletta e Adriano Spavone costituiscono una nuova organizzazione dotandola anch’essa di rituali, cerimonie di affiliazione e di una struttura gerarchica per intraprendere la resistenza nei confronti dell’ascesa della nuova camorra di Cutolo, resistenza che sfocerà presto in una lotta senza quartiere tra le due fazioni.
L’occasione del terremoto del 1980. Un punto di svolta nella storia della camorra di questo periodo è costituito dagli eventi successi della notte tra il 23 e il 24 novembre 1980, quando un fortissimo terremoto colpisce la Campania e la Basilicata, provocando danni che peggiorano la situazione abitativa campana e inaspriscono le tensioni sociali, rappresentando un’occasione unica per i gruppi camorristici per infiltrarsi nei meccanismi di gestione dei finanziamenti disposti per la ricostruzione delle zone devastate dal sisma. Ciò è possibile in virtù del fatto che i sindaci, le giunte comunali, agli assessori provinciali e regionali dispongono di un ampio margine di discrezionalità nella gestione degli stanziamenti pubblici, rendendosi protagonisti di numerose collusioni con la camorra che non fa fatica a inserirsi in questo gigantesco ed epocale affare… Una situazione disastrosa che mostra la sua reale consistenza non appena si conoscono i risvolti dell’omicidio del Capo della Squadra Mobile della Questura di Napoli Antonio Ammaturo, commesso dai NAP (Nuclei Armati Proletari) il 15 luglio 1982, costato la vita anche all’autista del Vicequestore, l’agente di polizia Pasquale Paola. Ammaturo, prima di essere assassinato, aveva probabilmente raccolto materiale scottante sul caso Cirillo, materiale poi scomparso e mai più ritrovato. Ciro Cirillo, appartenente alla Democrazia Cristiana, all’epoca era il Presidente del comitato per la ricostruzione delle zone terremotate, nonché assessore regionale all’urbanistica ed ex Presidente della stessa giunta regionale. Considerato a livello locale l’alter ego del Ministro democristiano Antonio Gava, Cirillo viene rapito nell’aprile del 1981 dalle Brigate Rosse, al termine di un impegno politico a Torre del Greco. Viene rilasciato tre mesi dopo, apparentemente dietro al pagamento di un riscatto, frutto di una compromettente trattativa svolta tra Raffaele Cutolo, i brigatisti, personaggi legati ai servizi segreti e forse, esponenti politici di alto livello. L’omicidio del vicequestore Ammaturo aveva rappresentato una “clausola” di sicurezza, prevista per evitare che i risultati delle sue investigazioni potessero sollevare uno scandalo di proporzioni nazionali… Secondo i dati del Ministero dell’Interno, nella zona metropolitana di Napoli, nel1988, operano all’incirca 70 organizzazioni camorristiche, per un totale di circa 3300 affiliati, di cui 1600 soltanto nella città partenopea. Organizzazioni che cresceranno di numero, passando nel 1993 a 126, con 6700 affiliati stimati, probabilmente per difetto, con strutture capillarmente radicate sui territori, ma prive di vertici provinciali o regionali, con una forte propensione a cambiare alleanze e ad acuire i contrasti tra bande, segno che all’inizio degli anni Novanta la situazione sociale non è migliorata, ma, al contrario è semmai degenerata… Tra gli anni Novanta e Duemila i clan camorristici hanno iniziato a portare la denominazione di riferimento al paese o al quartiere di cui sono originari; un esempio oggi noto è quello del cosiddetto clan dei Casalesi con base a Casal di Principe, località in provincia di Caserta che già a partire dal secondo dopoguerra poteva vantare l’inquietante primato nazionale per la rissosità sfociata in omicidio. In questo periodo storico la città di Napoli perde la centralità storica che aveva caratterizzato lo sviluppo della vecchia camorra in questo fenomeno urbano, trasformandosi adesso in un fenomeno di portata regionale… La camorra oggi. Fatte salve le storiche attività criminali legate alle estorsioni, all’alba del Duemila nulla sfugge più ai tentacoli della camorra, penetrata in quasi tutti i nuovi settori della vita economica nati in seguito allo sviluppo dell’economia, si tratti del mercato della carne e della corruzione dei doganieri dell’ex Jugoslavia fino al traffico e allo smaltimento dei rifiuti tossici, passando per i cantieri dei lavori della linea dei treni ad alta velocità tra Napoli e Roma. La riscossione della tangente non risparmia alcun ambito economico colpendo persino le ditte che assicurano la fornitura dei pasti agli ospedali delle città. Come sostengono alcuni studiosi, la camorra, come anche le altre mafie, negli ultimi vent’anni ha proteso le sue ramificazioni verso i paesi dell’est europeo, dalla Slovacchia alla Polonia fino alla Russia. Ormai la camorra è famosa nel mondo per la sua potenza organizzativa ed economica, ponendosi sullo stesso piano di Cosa nostra e della ‘ndrangheta. Un fenomeno di collusione e infiltrazione che dovrebbe continuare a suscitare la giusta preoccupazione e una commisurata e ferma reazione.””

Sin qui parti dell’interessante libro.

Ora i miei personali ricordi.

Per tre anni ebbi l’onore del Comando della Compagnia Carabinieri di Napoli Stella, situata nel quartiere Sanità, (dopo cinque anni alla Compagnia di Roma Trastevere con la banda della Magliana: miei articoli su www.attualita.it Direttore Salvatore Veltri:-https://www.attualita.it/notizie/politica/a-46-anni-dal-rogo-di-primavalle-un-parco-intitolato-ai-fratelli-mattei-39068/ e due alla “ Sezione del Nucleo Radiomobile di Roma: –http://www.attualita.it/notizie/tematiche-etico-sociali/il-pronto-intervento-nella-capitale-negli-anni-di-piombo-la-gloriosa-2-sezione-2267/, con successivo epico quadriennio all’ antiterrorismo operativo, non di ufficio, del Ministero dell’Interno in Roma nel periodo del grande Prefetto Vincenzo Parisi). La Compagnia di Napoli, con giurisdizione sui quartieri più sensibili sotto il profilo della sicurezza pubblica, dalla Sanità a Forcella, passando per San Carlo all’Arena e Borgoloreto (con la Stazione Ferroviaria e l’attiguo Mercato della Duchesca), Secondigliano e il quartiere “167”, oggi denominato Scampia e reso noto dal film “GOMORRA”, per arrivare sino a San Pietro a Patierno. All’ epoca, la zona di Secondigliano era, secondo statistiche specializzate, ritenuta la più “criminogena” d’ Europa, e a ragione; ma tale è certamente rimasta, superando chissà quale record! Proprio nel 1984, in quest’ottica, fu attivata la Stazione dei Carabinieri nel quartiere “167”, scorporandola da quella di Secondigliano, in locali situati in prossimità delle famose Vele (gli enormi caseggiati di edilizia popolare).

Questo dovrebbe far considerare a ragione la necessità di rimodulare le giurisdizioni dei presidi di Polizia nelle grandi città, per adeguarli alle nuove situazioni operative e sociali, ma soprattutto per incrementare la presenza dello Stato in aree delicate. Queste vicende raccontate ci fanno tornare alla mente una storia del 1983, quella in cui si trovò ad operare Domenico Celiento, il leggendario Brigadiere “Mimmo”. Appena giunto appresi che conduceva indagini sulle estorsioni nel quartiere Sanità, e in tale contesto oltremodo difficile per il clima di omertà, aveva proceduto in appena tre mesi all’arresto di ben dieci delinquenti, mentre già si delineava il coinvolgimento di elementi di spicco del clan camorristico dominante di Forcella. Con me si stabilì un rapporto personale tanto che parlava solo con me fuori dalla caserma. Di carattere generoso ed espansivo, ma diffidente e riservato nelle cose di lavoro, sorretto da valida preparazione professionale ed animato dai migliori sentimenti di attaccamento al dovere, lavorava senza guardare l’orologio, mai sottraendosi ai servizi più gravosi e pericolosi.

Non passò molto tempo, purtroppo, che si arrivò a quel maledetto 28 aprile 1983, quando di prima mattina sulla Circonvallazione di Casoria ci fu l’agguato al valoroso Sottufficiale. Due autovetture, con killer a bordo, lo fermarono per colpirlo a morte; morte che, per la sua forte fibra, sopravvenne il giorno dopo all’ Ospedale Nuovo Pellegrini. Il giovane Brigadiere lasciava la moglie, Gaetana Fusco, che all’epoca aveva solo 27 anni, e due figlie, Maria di 4, e Lucia di appena un anno; con le quali sono ancora oggi in affettuoso contatto. Ma la Camorra, oggi, com’è cambiata rispetto ai tempi in cui la combattevamo? Beh, possiamo affermare che di strada ne ha fatta tanta, anche oltre Oceano, tanto che sappiamo che non molti anni fa, il Governo americano ha inserito questa organizzazione mafiosa tra i principali problemi dell´economia statunitense definendola una delle quattro organizzazioni criminali più pericolose per l´interesse nazionale degli Stati Uniti.

Tutto questo accade mentre i clan di ieri, quelli di sempre, si affidano ormai ai più giovani. Quindi, nuovi killer camorristi hanno dalle vecchie famiglie armi, futuro prestigio e potere criminale. Clan storici comunque se alle strette non evitano di collaborare con la giustizia e a volte salvaguardano il proprio patrimonio grazie alle leggi inadeguate esistenti. Nella Galleria di Soldati della Legge e di oscuri Eroi della Patria, che si affianca a quella i cui nomi sono trascritti sulle Tavole della storia, voglio ricordare un altro grande Carabiniere, da me molto ben conosciuto durante la mia permanenza alla Compagnia di Napoli Stella durante la cosiddetta prima guerra di Camorra nella prima metà degli anni ottanta.
Si tratta di Vincenzo Tommasone, Brigadiere Capo, da molti anni in congedo, in ultimo in servizio presso la difficile Tenenza di Sant’Antimo (NA), che sin da giovanissimo evidenziò doti non comuni di intelligenza, coraggio e audacia. Elenco gli attestati di benemerenza a Lui concessi: 01/02/91, Encomio Solenne per la cattura di un pericoloso evaso subito dopo aver colpito a morte un noto pregiudicato in territorio ad alto indice di criminalità. 15/04/1992: Medaglia di Bronzo al Valore Militare con la seguente motivazione: “Effettivo a reparto dislocato in territorio ad alto indice di criminalità, sebbene a diporto, con coraggio e sprezzo del pericolo interveniva – unitamente a tre commilitoni – nei confronti di un malvivente che aveva colpito a morte un noto pregiudicato e ferito due congiunti di quest’ultimo. Fatto segno ad azione di fuoco da parte del malfattore, che tentava la fuga a bordo di una motocicletta guidata da un complice, insieme agli altri Militari rispondeva al fuoco con la pistola in dotazione. Mentre l’omicida si dava alla fuga inseguito da due Carabinieri, insieme all’altro commilitone arrestava il conducente del mezzo che, benchè ferito, opponeva resistenza tentando di fare uso di due pistole in suo possesso. L’operazione si concludeva, poco dopo, con la cattura – ad opera di altri Carabinieri giunti in rinforzo – dell’omicida, risultato pericoloso evaso. Esempio di elette virtù militari ed alto senso del dovere. – Sant’Antimo (Napoli), 20 giugno 1990.”
10/01/1997: Encomio Solenne per l’arresto di un noto capo clan e di due affiliati all’interno di un capannone, con il sequestro di un fucile mitragliatore, quattro pistole, un giubbetto antiproiettile, denaro e due auto rubate.
16/12/2000: Encomio Semplice per la partecipazione a complesse e prolungate indagini che si concludevano con la cattura di un elemento di vertice di agguerrito clan della camorra, latitante da quattro anni.

Concludendo, onore a Voi, grandi Combattenti della legalità e valorose Sentinelle dello Stato! Grazie per quanto avete fatto in tanti anni di esemplare servizio nell’interesse della Legge e dell’Ordinamento, militando nella nostra Arma sempre fedele! Siate certi che resterete per sempre nei cuori di quanti Vi hanno conosciuto quale esempio di belle virtù civili e militari.

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