Maria Perrone Policicchio non cè più.
(Maria Perrone Policicchio)
Se nè andata in punta di piedi, un pomeriggio di questa torrida estate romana, col garbo, la riservatezza, la discrezione della gentildonna di antico stampo che è sempre stata.
Lascia nei figli il ricordo affettuoso e il patrimonio preziosissimo di valori e principi che ha trasmesso loro con amore e generosità, e in tutti noi un vuoto incolmabile.
Allindomani della sua dipartita noi, redattori e lettori de LAttualità, che col nostro direttore ci stringiamo alla famiglia con affetto, siamo più soli, orfani della prestigiosa rubrica Controcorrente che era il fiore allocchiello del giornale. E il suo ultimo cruccio, al momento del ricovero in clinica, è stato quello di non essere riuscita a completare il pezzo per il numero di settembre.
Era una signora di grande cultura e umanità, che condivideva con gli amici e quanti le erano cari con generosità ed entusiasmo.
Donna di grande temperamento, oltre che una penna agile e versatile che ne faceva una giornalista attenta del nostro giornale e una scrittrice sopraffina, tra i tanti libri che ha scritto ci ha lasciato autentiche perle. Basti ricordare, tra gli altri, Il nome della giustizia, in cui, addentrandosi negli impervi e tortuosi sentieri della nostra giustizia, ne ha denunciato le pecche, le falle e le farraginosità che ne fanno una speranza delusa e disattesa, e ancora Giuseppe Maria Perrone tra lessere e lapparire, commovente omaggio al fratello che fu uno dei più prestigiosi press agent cinematografici di statura internazionale.
Non potrò mai dimenticare laffettuosa, costante presenza di Maria nella mia vita tre anni fa, quando la mia patologia oncologica mi ha fatto conoscere una parte di umanità che mi ha profondamente deluso. Ho scoperto che molti amici si sono allontanati da me, evaporando nel più assordante dei silenzi, forse per il terrore di quel male che coraggiosamente ho sempre chiamato cancro, sin dal momento che mi fu diagnosticato.
Maria era lontana da queste meschinità. Ha saputo essermi vicina con generosità e discrezione, trovando parole giuste e mai esagerate, che portassero un po di serenità alla mia vita devastata dalla vicenda cancerosa. E i suoi frequenti inviti nella villa di Fregene hanno alleviato non di poco il duro periodo dellintervento e della chemioterapia.
Il dialogo con Maria mi lasciava sempre arricchita. Di fronte al mare di Fregene, con in mano un Martini ghiacciato guarnito da unoliva, guardando il tramonto affrontavamo le tematiche più svariate, dai massimi sistemi alla politica, lattualità, le nostre vite private.
E a volte, entrambe credenti, affascinate dal mistero che lavvolge, abbiamo affrontato largomento del dopo, del grande salto nellignoto che si fa nel momento che la vita vola via dal corpo.
Ora, Maria, tu sai.
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