Papa Francesco sul terrorismo: “Anche la parola, anche l’esclusione uccidono”

“Mettere il denaro al centro del mondo e togliere l’uomo e la donna dal posto che è loro: è terrorismo”.

Roma. 1 agosto – Ancora una volta parlando ai giovani della GMG di Cracovia e ai giornalisti nella abituale conferenza stampa al ritorno in aereo, il pontefice ha voluto guardare i mali alla radice. Non tralasciando alcun aspetto.

Fanatismo e radicalismo religioso sono ovviamente le cause di molti attentati, ma altri attentati e uccisioni anche su religiosi sono stati e sono ancora compiuti nel mondo e non da estremisti islamici. In ogni religione ci sono gruppi ad orientamento terroristico e gli sbandati di ogni tipo divengono più facilmente le pedine di artefici non veri credenti, ma semplicemente senza scrupoli. L’interruzione della prosecuzione naturale della vita si può compiere anche in molti altri modi. L’intervento criminale sul territorio che affama e inquina, la segregazione e la tortura per motivazioni religiose o per differenti espressioni di pensiero politico, l’esclusione sociale esercitata in molti modi e sotto tanti aspetti, l’aborto, il traffico di organi, la svalutazione di chi è portatore di disabilità, velocemente o più lentamente uccidono e sono terrorismo. Si può cominciare dal corpo o dalla mente dell’uomo e della donna, ma il risultato è l’eliminazione o la disgregazione fisica o mentale di quelli a cui non lasciamo, esercitando una qualche posizione di potere, neppure il minimo, necessario, spazio esistenziale. L’uomo e la donna investiti sin dall’infanzia dal traffico di droga o dall’esposizione all’alcool o da un bombardamento di immagini orientanti al consumismo fine a se stesso, nel quale non vali se non consumi  – e implicitamente non consumi perché non vali –  sono sottoposti a terrorismo.
La diffusione di giochi elettronici con personaggi violenti fa parte delle mode attuali e non a caso uno degli ultimi terroristi ne era affascinato.
Tali valutazioni di Francesco sono nella continuità del pensiero di Giovanni XXIII,  che si adoperò, tralasciando la propria salute, per le urgenze del Concilio e per arginare il rischio, con tutte le ovvie conseguenze planetarie, di una guerra fra gli USA e Cuba, di Paolo VI con la sua prosecuzione del Concilio Vaticano II e di Giovanni Paolo II con i suoi famosi messaggi inascoltati sulle ultime guerre in Bosnia e in Iraq e le condanne che hanno suonato come un tuono in Sicilia in relazione ai famosi attentati alla magistratura e nelle sue ripetute affermazioni sull’esclusione, sull’aborto, sulla disabilità,
sulla dignità doverosa ma spesso negata. Sua l’istituzione nel 1986 delle Giornate di preghiera per la pace, con la partecipazione dei massimi esponenti di tutte le religioni, iniziate ad Assisi e proseguite nel successivo pontificato di Benedetto XVI e nell’attuale.

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