“Polizie,sicurezza e insicurezze”. Quale Futuro?
Il libro di Salvatore Palidda
Roma, 5 marzo 2021 – Scrive Salvatore Palidda, a commento del suo libro “Polizie, sicurezza e insicurezze”, pubblicato nel gennaio scorso: “”È dal 1990 che mi occupo di studi sulle polizie. Ho quindi voluto riunire tutte le informazioni e i dati utili per capire cosa sono diventate le forze dell’ordine in questo contesto neoliberista di “più mercato e meno Stato” che si traduce in un netto asservimento delle polizie non solo ai vertici e al potere politico, ma altrettanto agli attori che contano di più a livello locale. Com’è noto, il “popolo” degli illegalismi tollerati vale circa 10 milioni di voti e nessun partito osa mettersi contro questo elettorato e contro la sacralità dell’economia. Passando al rapporto fra polizie e potere politico mi pare che dal 1945 il caso italiano sia caratterizzato dalla particolare autonomia concessa ai vertici delle polizie in cambio della fedeltà al potere politico con la contestuale concessione di alcuni privilegi. La forte autonomia delle polizie esclude anche la loro più elementare razionalizzazione democratica, per cui continuano ad avere un assetto del tutto assurdo che, tra le altre cose, dà luogo a sprechi di forze e mezzi, duplicazioni e sovrapposizioni di strutture e compiti e spesso un notevole eccesso di operatori. Può esistere una polizia democratica? Questa è la domanda che mi rivolgono spesso tanti sinceri democratici. Rispondo: Può esistere uno Stato effettivamente democratico sin quando persiste il dominio di pochi a danno di molti?””
Iniziamo la lettura di parti salienti del libro
– da pag. 99. “”Capitolo settimo. La pluralità di forze di Polizia in Italia. È risaputo che l’Italia è il solo paese al mondo ad avere tante polizie dello Stato, alle quali si aggiunge anche una rilevante quantità di polizie locali e di polizie private. Nel primo decennio del 2000 c’è stato l’inizio di un dibattito parlamentare su questa problematica, ma alla fine le ipotesi di riforma hanno partorito ben poco, provocando peraltro aspre polemiche non ancora sopite, notoriamente a proposito del discutibile accorpamento del Corpo Forestale dello Stato nell’Arma dei Carabinieri (semmai doveva diventare un corpo di polizia civile che lavora per il Ministero dell’ Ambiente). In realtà nessun governo, di qualsiasi orientamento politico esso sia, oserà mai varare una vera riforma di razionalizzazione del cosiddetto comparto sicurezza, nonostante le incongruenze macroscopiche e dannose sotto molti punti di vista, come vedremo in seguito. Inoltre non c’ è alcun controllo effettivo delle polizie private, che talvolta sono facilmente fagocitate dalla criminalità organizzata.””
“”Alcuni paradossi apparenti. Ecco alcuni paradossi apparenti di cui ho discusso con operatori delle polizie: 1) Il cosiddetto controllo del territorio che svolgono la Polizia di Stato (PS), i Carabinieri (CC), in parte anche la Guardia di Finanza (GdF), la Polizia Penitenziaria (in genere nelle vicinanze delle carceri e dei Tribunali), il Corpo Forestale, oggi incorporato nei CC, e infine le stesse polizie locali. Peraltro, ormai dappertutto abbonda la videosorveglianza, anche se spesso i dispositivi non sono funzionanti. Inoltre, ogni polizia ha la sua centrale operativa e le sue automobili di intervento (pantere, gazzelle e auto della GdF e della polizia locale). Allora non sarebbe più razionale, meno costoso, più efficiente e più efficace disporre di un’unica polizia con una sola centrale operativa e con un solo reparto per le pattuglie di autovetture destinate al controllo del territorio nelle aree urbane e in quelle rurali? Ovviamente una tale soluzione eliminerebbe posti di potere e smantellerebbe i feudi, che quindi permangono nonostante l’evidenza della sovrapposizione, dell’ irrazionalità e in generale dello spreco di risorse. 2) Per la gestione dell’ ordine pubblico sia nella pratica corrente o abituale (per esempio la gestione delle tifoserie per tutte le partite di calcio e di altri eventi sportivi) sia nella pratica occasionale (manifestazioni di protesta) tutte le polizie possono essere sollecitate a partecipare. La conseguenza di questa assurda “pluralità” è che il personale impiegato non è formato per questa mansione ed è la somma di alcuni operatori dei corpi di polizia tra i quali non c’è alcun affiliazione, spesso sotto la direzione di persone a loro estranee. 3) Presenza di Stazioni, Comandi e Commissariati nello stesso luogo. Perché non distribuire razionalmente le forze in modo da coprire equamente tutto il territorio nazionale? 4) Perché non stabilire una netta e radicale distinzione di funzioni per ogni unità di polizia dislocata a coprire in toto un dato territorio o una data “specialità”: per i reati finanziari / fiscali, per quelli ambientali, per il controllo del territorio nelle città di oltre diecimila abitanti; per il controllo del territorio nelle città con meno di diecimila abitanti; per la gestione dell’ordine pubblico; per la prevenzione e la repressione della devianza giovanile; per la prevenzione e la repressione della delinquenza e della criminalità; antimafia. Tante strutture potrebbero essere trasformate in comuni uffici con impiegati civili e non di polizia. In totale il personale della PS ammonta a circa 95-100.000 persone, di cui, è opinione diffusa, troppi stanno in ufficio. Peraltro la famosa promessa di digitalizzazione resta ancora una chimera e parte del personale annega nelle scartoffie. Appare evidente che tanti Comandi interregionali e regionali dei Carabinieri sono funzionali a tante cariche e strutture di fatto inutili se non nocive alla effettiva ed efficace operatività. Inoltre, a cosa serve mantenere 6.140 strutture locali dell’ Arma dei Carabinieri (di cui 4.632 Stazioni) e 1.851 della PS quando sarebbe più razionale averne una sola efficiente per ogni comune o zona al di sotto dei 5.000 abitanti e una sola per ogni quartiere di città di almeno 20.000 abitanti (se il controllo del territorio, la gestione dell’ OP potrebbero garantirlo apposite unità di polizia)? Per quanto riguarda la distribuzione geografica delle forze di polizia si osserva che sarebbe necessario evitare la sovra concentrazione nei capoluoghi e garantire l’effettiva presenza nelle zone rurali e nelle periferie. Se si attuasse una sana razionalizzazione non sarebbe più necessario disquisire di coordinamento ma solo di obbligo alle sinergie ogni qualvolta ciò sia necessario.””
– da pag.114. “”Ruoli nella Polizia di Stato. Come del resto in tutta la pubblica amministrazione, il problema è che spesso ai ranghi più alti accedono solo i raccomandati e soprattutto coloro che beneficiano di protezione fra politici al governo. Questo vale soprattutto per i Prefetti e i Questori titolari di Questure (mentre la promozione a Questore può anche essere frutto di meccanismi interni quasi automatici se non ci sono stati intoppi o “incidenti di percorso”. Le donne sono diventate via via più numerose anche nei livelli più alti (ma non nella Direzione generale); il caso della Questura di Milano sembra eccezionale per l’alto numero di donne nei ruoli apicali della Questura. Complessivamente nella Polizia di Stato la percentuale di donne è nettamente più alta rispetto alle Forze Armate e all’Arma dei Carabinieri, ma si è ancora ben lontani da una parità di genere. Come è noto, la percentuale di donne è invece più alta nelle polizie locali (dove si stima si aggiri attorno al 36- 40%) proprio perché l’ incorporazione in queste polizie non segue la procedura militare di prassi nelle Forze Armate, nei CC, nella GdF e in chiave para-militare nella Polizia di Stato.””
– da pag.150. “”Capitolo nono. Sicurezza e polizia locale. Secondo il Rapporto Nazionale sull’ attività della Polizia Locale 2018, relativo a 157 città tra le quali tutti i capoluoghi di provincia, le principali attività svolte riguardano la polizia amministrativa, la polizia stradale, la polizia giudiziaria e la polizia di sicurezza. Tra le attività dell’amministrativa figurano: gli accertamenti anagrafici (64,7%); gli accertamenti in tema di commercio (20,9%, di fatto il controllo delle licenze); accertamenti ambientali (10,6%); accertamenti in urbanistica e edilizia (1,6%); anticontraffazione (1,6%); TSO (1%). Appare evidente che il dato relativo agli accertamenti anagrafici è elevatissimo e denota un enorme spreco di personale. Allora perché tale opera deve essere svolta da un operatore della polizia municipale e non da un impiegato adeguatamente qualificato dell’ufficio anagrafe? Si potrebbe così aumentare il personale impiegato per i controlli dei rischi sanitari-ambientali e quello dedicato alle economie sommerse (in collaborazione con Guardia di Finanza, Ispettori del lavoro, ASL e Nucleo Carabinieri o Polizia di Stato). Purtroppo nessuno reclama una tale modifica. Tra le operazioni della polizia di sicurezza, il 48% sono interventi di sicurezza urbana e ordine pubblico, il 36,6% di identificazioni di stranieri, il 15,3% di polizia tributaria. Anche qui appare evidente lo spreco di personale per queste mansioni che spettano alle polizie dello Stato che già le svolge (fa ovviamente eccezione l’attività della polizia municipale per regolare il traffico in caso di manifestazioni ed eventi sportivi o di altro genere). Allora perché la polizia locale deve svolgere compiti che spettano a Polizia di Stato e Carabinieri e in parte anche alla Guardia di Finanza? Un altro dato palesemente assurdo è quello riguardante la videosorveglianza, innanzitutto perché già la Polizia di Stato dispone di numerose videocamere sparse su tutti i territori urbani. Le finalità dei sistemi di videosorveglianza sarebbero principalmente due: sicurezza urbana e controllo del territorio e dei flussi di traffico. Sorge allora spontanea la domanda: ma perché nella città devono esserci due sistemi di videosorveglianza e non uno solo e quindi un’unica centrale operativa? Inoltre la polizia locale di circa l’85% dei capoluoghi non è dotata di una sala unificata con altre forze dell’ ordine. L’unica legge che regola l’esistenza delle polizie municipali risale al 1986, e questo nonostante i numerosi cambiamenti intervenuti negli anni successivi sino a oggi in questa istituzione in maniera presso ché uguale in tutta Italia. Il dibattito sulla necessità di una nuova legge quadro si trascina da anni, ma forse fa comodo mantenere un’ aleatorietà di tale normativa poiché non impedisce i cambiamenti di una certa importanza da parte dei diversi enti locali che in genere accolgono le richieste dei rispettivi corpi đi polizia locale e dei cittadini “zelanti”. Merita attenzione il documento della Conferenza Regioni del 3 luglio 2019 a proposito delle 7 proposte di legge per la riorganizzazione dei corpi di polizia locale e il coordinamento delle politiche integrate per la sicurezza. Le differenze fra le proposte delle destre e della sinistra sono davvero poche. Si sa che le Regioni hanno un potere esiguo in materia ma potrebbero acquistarne proprio nella negoziazione in questo campo. Nel documento, le Regioni sottolineano infatti l’esigenza di assicurare loro “un ruolo di coordinamento generale organizzativo e di formazione per le polizie locali, un ruolo di coordinamento e finanziamento dei progetti locali di prevenzione, oltre a un ruolo di ricerca e valutazione dei progetti”. Ribadiscono l’esigenza di costituire “conferenze regionali per il coordinamento delle politiche integrate di sicurezza urbana”. Da qui s’è innescata la tendenza a fare delle polizie locali la sesta polizia italiana. Più nulla a che vedere con il ghisa milanese o il pizzardone o il vigile urbano di una volta. Ma buona parte degli stessi operatori delle polizie locali ha cavalcato l’ onda favorevole per reclamare e diventare la sesta polizia che di fatto pretende di agire al pari della Polizia di Stato, dei Carabinieri e della Guardia di Finanza nel controllo del territorio e persino nel contrasto della delinquenza e della criminalità nel territorio comunale. E la cacofonia delle sovrapposizioni, competizioni e smacchi non ha finito di proliferare a discapito di ogni buona sensata collaborazione. Gli operatori delle polizie locali sono ormai quasi tutti armati e non mancano quelli che hanno assunto il piglio di “Rambo”””.
Sin qui il libro.
Ora valutazioni, integrazioni e conclusioni sul gran tema della sicurezza pubblica e privata in Italia.
Iniziamo dando uno sguardo a lavori parlamentari.
In Commissione Difesa del Senato del 12 luglio 2012, due Senatori Radicali, nel corso della stessa seduta, proposero il seguente emendamento: “Al fine di assicurare l’economicità, l’efficienza e la rispondenza al pubblico interesse delle attività istituzionali, il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per adeguare l’ordinamento e i compiti dell’Arma dei Carabinieri e del Corpo della Guardia di finanza, ivi comprese le attribuzioni funzionali dei rispettivi Comandanti Generali, in conformità ai seguenti princìpi e criteri direttivi: a)collocazione dell’Arma dei carabinieri nell’ambito del Ministero dell’interno – Dipartimento della pubblica sicurezza, con dipendenza del Comandante generale dal Capo della polizia – Direttore generale della pubblica sicurezza, per l’assolvimento dei compiti d’istituto, in conformità a quanto disposto dalla legge l° aprile 1981, n. 121.”Bene, cosa si sarebbe voluto fare? Porre l’Arma dei Carabinieri sotto la tutela del Capo della Polizia? Quest’insana operazione, è bene chiarirlo subito, non comporterebbe alcun miglioramento per la qualità del servizio istituzionale, nè alcun risparmio in termini finanziari, con il grosso rischio di vedere allungare le spire predatorie della politica sulla secolare Quercia, qual è appunto l’Arma.
Quel che preoccupò oltremodo fu il totale silenzio, da qualsiasi ambito.
Andiamo ad un altro evento lontano, ma non eccessivamente.
Il 4 febbraio 2009, un Deputato del PDL presentò una interrogazione parlamentare affermando che: “Secondo notizie giornalistiche, l’attuale Ministro dell’Interno Roberto Maroni avrebbe spedito in Francia – dove nel frattempo l’unificazione tra due forze (Gendarmeria e Polizia) si é consumata – due alti dirigenti del Viminale, per valutare come quel nuovo modello di sicurezza possa essere esportato nel nostro Paese; nonostante la riservatezza della missione, la notizia ha giustamente provocato grande e unanime allarme fra i Carabinieri, anche con prese di posizioni pubbliche sui giornali”.
A settembre 2018, invece, la giusta proposta di Legge sulla reintroduzione dei Carabinieri Ausiliari.
Mentre infatti si discute sulla Leva obbligatoria, con posizioni differenti anche nella stessa compagine di Governo, reintrodurre il servizio Ausiliari dei Carabinieri, su base volontaria e attraverso i concorsi, potrebbe consentire non solo di colmare parzialmente i vuoti d’organico, che l’Arma lamenta da tempo, ma anche di assolvere alla funzione addestrativa ed educativa, che proprio i ‘tifosi’ della leva portano avanti. Era questa l’opinione dell’on. Deidda, che, secondo quanto scrive Infodifesa.it non ha riscontrato il parere favorevole del Governo.
A parere di chi scrive, gli ausiliari dovrebbero essere estesi anche a Polstato e Guardia di Finanza per incrementare la presenza sul territorio. Si, la benedetta prevenzione con il fattore “Deterrenza”. Possibile che le pattuglie sono ancora costituite da due sole unità, magari una femminile, e non da tre consentendo al terzo soggetto dell’equipaggio di controllare, mitra alla mano, i due colleghi che procedono al controllo? E perché magari non due autoradio insieme di notte nelle periferie pericolose o nelle strade isolate e nelle campagne? Un comparto che, per quanto riguarda la dislocazione dei presidi di Polizia/Carabinieri sul territorio, fa riferimento agli anni ’70, soprattutto nelle grandi città.
Per attuare ciò dovrebbe intervenire un Napoleone Bonaparte?
Sul tema 112, il numero di soccorso europeo, critiche e lamentele sulla non operatività del 112, che in Italia in effetti è molto in ritardo rispetto ad altri paesi europei. Non tutti sanno che il 112 è un numero di emergenza europeo, per cui la richiesta di soccorso è valida in qualunque paese compreso all’interno dell’UE. Con il servizio multilingue, che effettua la traduzione simultanea della chiamata grazie ad un interprete, anche chi si trova fuori dal suo paese di origine, può usufruire del soccorso fornito dal 112. A oggi, il servizio “112”, con chiamata gratuita da fisso, cellulare e app in Italia è attivo nelle seguenti regioni: Valle d’Aosta, Province Autonome di Trento e Bolzano, Piemonte, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Lazio (prefisso 06), Sicilia Orientale. In attesa che le CUR, ovvero le centrali uniche di risposta dedicate al 112, vengano istituite su tutto il territorio nazionale, al servizio provvedono le centrali operative dell’Arma dei Carabinieri (situate in ogni Comando provinciale e in tutte le Compagnie, quindi con gran numero di militari impiegati). Si auspica quindi una soluzione rapida e univoca per rendere disponibile il 112 in tutta Italia. Aspettiamo.
Riguardo alle Polizie locali (Comunali), che svolgono un lavoro molto importante che va loro meritatamente riconosciuto, tanto a volte da sostituirsi per loro assenza alle Forze dell’ordine statali, su Regioni.it del 10/07/2019 leggiamo:“”La riorganizzazione dei corpi di polizia locale ed il coordinamento delle politiche integrate per la sicurezza è uno dei temi al centro del dibattitto parlamentare tanto è vero che sono sul tavolo della Commissione Affari Costituzionali di Montecitorio ben sette proposte di legge. La Conferenza delle Regioni e delle Province autonome le ha analizzate nel corso della riunione del 3 luglio, approvando un documento di osservazioni che il Presidente ha inviato al Presidente della Commissione Affari Costituzionali della Camera.Nel documento si sottolinea l’esigenza di assicurare alle Regioni un ruolo di coordinamento generale organizzativo e di formazione per le polizie locali, un ruolo di coordinamento e finanziamento dei progetti locali di prevenzione, oltre a un ruolo di ricerca e valutazione dei progetti.
Per quanto riguarda infine le vigilanze private, su “Millennium“, mensile edito da “Il Fatto Quotidiano” del 1 febbraio 2019, abbiamo letto l’interessante articolo di Andrea Sparaciari: “Chi vigila sui vigilantes?“ “Si tratta del colosso Italpol. Da un trentennio fanno man bassa degli appalti sulla sicurezza. Quasi un monopolio che oggi conta i tre aeroporti lombardi, Fiumicino, Grandi Stazioni, la Metropolitana di Roma, le ASL e gli Ospedali laziali, nonché gran parte dei palazzi della politica romana, lombarda e partenopea.
Italpol e Italservizi, le due società della famiglia Gravina, sono punte di diamante di un impero di oltre 100 milioni di fatturato annuo con 2.500 dipendenti, ramificato in un reticolo di società sotto inchiesta dell’Antitrust per “abuso di posizione dominante.”
Per chi volesse informarsi sulla costituenda Superpolizia europea (Eurogendford),
della quale non se ne parla più, completamente ancora ignorata dai grandi media, chissà perché, legga mio articolo su questa testata di cui è direttore Salvatore Veltri (https://www.attualita.it/notizie/politica/perche-non-si-parla-della-superpolizia-europea-1218/)
Concludo.
È indubbio che abbiamo di fronte un quadro non chiaro sia al grande pubblico sia agli stessi operatori del Comparto Sicurezza italiano. Perché? Non si ha diritto di sapere quel che succede o succederà nel delicatissimo settore in questione? Cosa si nasconde? Cosa aggiungere? Niente. Si auspica che i Comandanti dell’Arma e della Guardia di Finanza, unitamente ai Questori, procedano nel proprio ambito, con determinatezza, senza aspettare il miracolo della Politica, che magari ci sarà, ma quando?, pensando in primis alla tutela della gente ed anche ai propri operatori e alle Loro Famiglie. La Politica deve comprendere bene, e gli organi tecnici responsabili lo devono spiegare magari alzando la voce, e in carenza di ciò molto bene fanno i Sindacati di Polizia a urlare anche in Piazza le giuste richieste, che gli appartenenti alle Polizie della Repubblica non sono impiegati comunali o anche statali, ai quali la routine può concedere minori responsabilità, orari di lavoro favorevoli e tempo libero, perché ben sanno, Carabinieri e Poliziotti, che diversamente dall’impiegato qualsiasi, dovranno correre rischi, soggiacere ad orari pesanti, indossare una divisa anche dopo una intensa giornata di lavoro.
E, proprio in virtù di tutto questo, Carabinieri, Poliziotti ed anche Finanzieri devono tenersi pronti ad intervenire in ogni momento, pur percependo un continuo senso di pericolo proveniente da un nemico invisibile e sconosciuto, offrendo comunque garanzie alla richiesta di sacrificio da parte del cittadino, giustamente e motivatamente sempre più esigente e intollerante per quel che concerne il mondo sicurezza, oggi davvero precario. Tutto questo, da quel che consta, la Politica di oggi non lo sa, ovvero se lo sa finge di non sapere, come non lo sapeva quella di ieri; speriamo nella Politica di domani!
Ho finito.