Potere assoluto

Come funziona il potere in Italia secondo Sergio Rizzo

Roma, 26 settembre 2022 – Sergio Rizzo presenta “Potere assoluto”, un’inchiesta inedita su una parte della Magistratura pubblicata recentemente, a febbraio 2022, in cui troviamo storie, protagonisti, conflitti d’interesse e retroscena inediti della casta più nascosta e potente del Paese.
Sono un centinaio di persone, e quasi tutti sconosciute.
Eppure scrivono le leggi e decretano come applicarle.
Sono al vertice dei Ministeri, dove a volte contano più degli stessi Ministri.
Le loro sentenze possono cambiare i destini di ampi settori dell’economia nazionale, invalidare i risultati di un concorso pubblico, far decadere un Presidente di Regione, cancellare la nomina di un Procuratore della Repubblica.
Governano anche la passione più grande degli italiani, il calcio: decidono le squalifiche e le vittorie a tavolino, stabiliscono se una squadra si può iscrivere a un campionato. Presiedono i comitati delle grandi aziende commissariate, come l’Alitalia.
Da tempi lontani rappresentano la sfera più autoreferenziale e intoccabile della Magistratura, la più vicina alla politica.
Sono i Consiglieri di Stato. Ovvero, il nocciolo duro del potere in Italia.
Sono un centinaio, e quasi tutti sconosciuti.

Iniziamo a leggere alcune parti del libro.

– da pag. 9. “” I Consiglieri di Stato sono Magistrati, verissimo. Però magistrati assolutamente sui generis perché molti di loro non fanno nemmeno quel lavoro. Fra tutti i 10.000 e passa Magistrati italiani, sono quelli più vicini alla politica.
Al punto da indirizzare talvolta le scelte importanti.
Gli spetta per legge il compito di esprimere pareri e suggerimenti sulle iniziative del Governo.
Pareri e suggerimenti, si badi bene, talvolta vincolanti.
Al tempo stesso, nei panni di giudici, hanno il potere di emettere sentenze su ogni causa che contrapponga la società civile alla pubblica amministrazione.
E anche di più.
Controllano i grandi appalti, gli affari delle imprese private e di Stato, senza contare le misure adottate dalle autorità indipendenti.
Nomine, avanzamenti di carriera di funzionari statali, dispute territoriali, controversie sui servizi pubblici.
Possono controllare perfino il destino dei colleghi Giudici ordinari e Procuratori della Repubblica, che si devono rivolgere a loro per i ricorsi contro le decisioni del C.S.M. riguardanti le carriere.
Ma il vero asso nella manica è la possibilità di assumere incarichi diversi da quello strettamente giudiziario, andando “fuori ruolo”.
Significa che continuano a prendere lo stipendio svolgendo altri incarichi istituzionali, magari con una gratifica per il disturbo di cambiare ufficio, e intanto entrano nella stanza dei bottoni a contatto diretto con i politici che contano.
E qui c’è l’aspetto più interessante.
Perché proprio quel genere di incarichi “fuori ruolo” li ha trasformati negli uomini più potenti del Paese.
Hanno in mano i Ministeri, che i Ministri gli danno volentieri in gestione chiamandoli a fare i Capi di gabinetto.
Spesso senza nemmeno averli scelti, ma essendo stati scelti, perché più potenti loro dei Ministri.
Hanno in mano perfino il processo legislativo della nostra democrazia, visto che, come esperti giuridici dei Ministri, scrivono le leggi e ne gestiscono il funzionamento attraverso decreti attuativi predisposti da loro stessi.
Nel governo di Mario Draghi ce ne sono 11: il 10% del Consiglio di Stato.””

– da pag.110. “”Da Metternich a Bozzi. Il Consiglio di Stato. La sua nascita si deve a Carlo Alberto, anche se l’ idea non fu sua. Venne da Klemens von Metternich, il cancelliere austriaco secondo cui l’Italia non era altro che “un’espressione geografica” ed era altresì convinto che in un paese italiano amico, come era in quel momento il Regno di Sardegna, fosse necessario l’aiuto di un gruppo di saggi eminenti per evitare certi scivoloni politici, soprattutto in anni come quelli.
Il Consiglio di Stato gli austriaci ce l’avevano e funzionava, perché non avrebbe potuto funzionare anche a Torino?
Il 18 agosto 1831, tre mesi e mezzo dopo essere stato incoronato alla morte dello zio Carlo Felice, Carlo Alberto firma il decreto con cui venne costituito il Consiglio di Stato del Regno di Sardegna.
Un mese dopo lo affidò ad un personaggio fedelissimo della casa regnante, nominato Vicepresidente (il Presidente era il Re) Ignazio Thaon di Revel…
Nonostante l’ispiratore fosse il principe di Metternich, il Consiglio di Stato del Regno di Sardegna assomigliava a quello francese.
Poi, nel 1859, ci pensò il Ministro dell’Interno Urbano Rattazzi ad assegnargli anche i compiti di una vera magistratura, che però non aveva competenze sulle decisioni della pubblica amministrazione.
Quelle arrivarono trent’anni più tardi, nel 1889, nell’ormai Regno d’Italia, per iniziativa del governo di Francesco Crispi, che accoglieva così le tesi di Silvio Spaventa, che si era speso per quella soluzione.
Durante il fascismo, il destino dei giudici del Consiglio di Stato non poteva essere certo differente da quello degli altri magistrati. Il concetto di indipendenza della Magistratura era pura eresia. La sottomissione all’Esecutivo risultava assoluta…
Con la caduta del fascismo alla fine della guerra e la Repubblica, le cose presero per fortuna una piega completamente diversa… Intanto nell’Assemblea Costituente 39 deputati erano alle prese con una faccenda da far tremare le vene ai polsi: avrebbero dovuto scrivere gli articoli sul potere giudiziario, il che implicava anche stabilire i confini dell’indipendenza della Magistratura. Quei 39 facevano parte della seconda Sottocommissione della Costituente incaricata della problematica missione. Tra di loro c’erano ben 22 avvocati, maggioranza assoluta, ma un solo Magistrato. Ed era un Consigliere di Stato.
Aldo Bozzi proveniva dalla Magistratura ordinaria e aveva fatto la Resistenza a Roma…
Lo sgarbo a De Nicola. A 22 anni Massimo Pilotti è già Magistrato. Davanti, una brillante lunga carriera nei Tribunali che ne fa una preziosa riserva del Regno. Sicché alla fine del 1932, quando si tratta di decidere a chi affidare la poltrona di Segretario generale aggiunto della Società delle Nazioni, carica alla quale potrebbe aspirare un italiano, la scelta non può che cadere su di lui. Lo sponsorizzano perfino gli inglesi…
Il 4 gennaio 1947 si celebra l’inaugurazione dell’anno giudiziario. Seduto in platea nel posto d’onore, questa volta, c’è un Presidente della Repubblica facente funzioni.
Sette mesi prima la Monarchia è stata spazzata via da un referendum e l’Assemblea Costituente ha nominato Capo provvisorio dello Stato, Enrico De Nicola. Avvocato napoletano, è stato l’ultimo Presidente della Camera prima della presa del potere assoluto da partedi Benito Mussolini. Il P.G. della Cassazione prende la parola e nel discorso che apre l’anno giudiziario, non gli rivolge il saluto istituzionale. Fatto che già sarebbe grave. Ma Pilotti ignora perfino la nascita della Repubblica. Qualcuno rumoreggia. E la cosa diventa gravissima. Lo scandalo è simultaneo, si dice che Pilotti sia di fede monarchica e che non lo nasconda. Il 10 giugno tocca a lui, insieme al Primo Presidente della Cassazione Giuseppe Pagano, proclamare la vittoria della Repubblica. Invece i due prendono tempo. Ci sono dei reclami e poi bisogna contare e ricontare i voti: esattamente come chiedono i monarchici. Chi si è messo di traverso la proclamazione ufficiale della Repubblica sarebbe proprio Pilotti. La vera quinta colonna della monarchia nella magistratura è lui. Il Presidente della Cassazione Pagano, a quanto pare, non avrebbe fatto altro che allinearsi alla sua tesi. Forse senza rendersi conto delle possibili conseguenze. Per giorni il Paese si trova nell’incertezza più totale, con dimostrazioni di piazza non senza incidenti e Umberto II che rimanda la partenza per l’esilio fino a quando, il 18 giugno, la trincea monarchica eretta attorno proprio al procuratore della Cassazione deve capitolare.
L’epuratore epurato. La scelta imbarazzante all’ inaugurazione dell’anno giudiziario si trasforma quindi in un’ottima occasione per il regolamento di conti. Fausto Gullo (aggiungo: è stato un grande politico calabrese soprannominato Ministro dei contadini per il suo impegno a favore della riforma agraria in contrasto al latifondismo) chiede immediatamente la cacciata del giudice che avrebbe offeso così la Repubblica.
Lo scrive al C.S.M., che all’epoca dipende ancora dal suo Ministero. Afferma che il suo atteggiamento è apparso “una ostentazione di disconoscimento, seppure non di dispregio, della forma istituzionale prescelta e consacrata dalla volontà del popolo”. E annuncia la propria intenzione di rimuoverlo “dall’altissimo posto direttivo” da lui occupato, trasferendolo ad incarichi “che escludano ogni possibile insorgenza di acute incompatibilità politiche”.”

– da pag.126. “”La moltiplicazione del Csm. Per la magistratura quella della P2 è la pagina più brutta dei primi cinquant’anni di storia repubblicana. E si apre anche nel momento più difficile di quel mezzo secolo. C’è il terrorismo, gli scontri nelle piazze, l’inflazione che galoppa, la prima vera crisi dopo gli anni del boom economico…
Molte cose, poi, stanno cambiando anche nella giustizia. Nel 1971 sono stati creati i Tar e la magistratura amministrativa sta diventando ormai un affare molto ingombrante.
Troppo, secondo una scuola di pensiero, per non essere trattata come una cosa a parte. Così, mentre la commissione d’inchiesta sulla P2 presieduta da Tina Anselmi sta faticosamente cercando di individuare le metastasi della cancrena, a Palazzo Chigi c’è il primo Presidente del Consiglio non democristiano, Giovanni Spadolini; il Csm presieduto da Sandro Pertini si appresta a fare i conti con 14 magistrati trovati nelle liste di Gelli, il 27 Aprile 1982, le Camere sfornano la legge che riforma il Consiglio di Stato.
E con quella legge, nasce pure un organo di autogoverno separato dal Csm, ma ispirato a quel modello: ci sono i magistrati eletti dai magistrati e membri laici eletti dal Parlamento. Unica differenza, è che il presidente non può essere il capo dello Stato, che già presiede il Csm.
Quindi tocca al Presidente del Consiglio di Stato.
La conseguenza è una reazione a catena. Ogni magistratura quindi reclama un proprio organo di autogoverno separato dal Csm. E lo ottiene…””

– da pag.241.“”L’infezione da curare. Il paradosso dell’autoreferenzialità. La giustizia italiana ha un problema grande come una casa e fa finta di non vederlo. Anche se genera tutti i mali che affliggono il sistema.
La lunghezza dei processi penali e civili, le nomine pilotate dalle correnti, il degrado della qualità professionale dei Magistrati. Per non parlare della corruzione. L’autoreferenzialità, questo è il problema, ha infettato in profondità tutte le magistrature mortificando l’efficienza del merito.
Con il paradosso che ha la degenerazione di un principio sano, quello della separazione dei poteri e dell’autonomia dei magistrati…
Ma il Consiglio di Stato ha anche un potere rilevante sui 9657 Magistrati ordinari.
Come tutti i dipendenti pubblici, per i ricorsi contro l’amministrazione statale, devono rivolgersi alla Magistratura amministrativa. Anche se l’amministrazione in questione è il Csm.
Capita così che dopo la battaglia del C.S.M. per decidere il capo della Procura di Roma, che ha fatto scoppiare il caso di Luca Palamara, il Tar prima e il Consiglio di Stato poi, sentenziano che la nomina di Michele Prestipino sia illegittima… Serve un’altra Corte di giustizia? La sentenza di Palazzo Spada che annulla la nomina di Prestipino a Capo della Procura della Capitale fa uscire allo scoperto Luciano Violante.
“L’ intensificarsidei ricorsi contro le decisioni del Csm pone il problema che a giudicare debba essere la Magistratura amministrativa” dice il 12 maggio 2021 l’ex Presidente della Camera, in un’intervista a Luciano Capone del “Foglio”. A Violante, che prima di scegliere la strada della politica ha fatto il Magistrato per 17 anni, preoccupa il rischio che la Magistratura amministrativa diventi il soggetto che, al di là della Costituzione, decida delle promozioni e delle sanzioni dei magistrati. Resta comunque il fatto, insiste Violante, che arrivati a questo punto qualcosa bisogna fare.
“Credo si debba costituire un’Alta Corte composta da personalità con le stesse caratteristiche dei componenti della Corte costituzionale, che sia giudice di appello nei confronti delle decisioni disciplinari e amministrative del Csm, del Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa e di quella contabile. Insomma, una Corte per il ricorso di grado unico sulle decisioni degli organi di autogoverno di tutte le magistrature”.

Sin qui parti dell’interessante libro.

Ora, come di consueto, integrazioni valutazioni e commenti.
Il nuovo Parlamento di nominati, per il cui rinnovo con molte perplessità voteremo, formato si spera da persone capaci e preparate, avrà molto da lavorare nelle Commissioni e nelle Aule per porre rimedio allo sfacelo di legalità esistente in Italia per raddrizzare una volta per tutte questa nostra Italia!
Lavoro, Istruzione, Sanità e Sicurezza dovranno essere le linee principali della nuova Politica, si spera! In ultimo, che si ratifichino subito, senza ingiustificabile indugio – soprattutto oggi che la gente è preoccupata da una crisi economica ampliata dal biennio epidemico e da allarmanti tematiche di guerra che coinvolge tutto e tutti, e soprattutto sull’aumento spropositato dei prezzi, proprio non riesce a spiegarsi perché poco o niente si fa per colpire Mafie e faccendieri organizzati.
Eppure, noi Italiani, di Mafie ne dovremmo sapere qualcosa, con ben quattro Regioni condizionate da Criminalità stanziali storicamente radicate, oggi espanse, come noto, oltre i confini di origine ed anche all’estero.
Detto questo, certamente non si potrà riformare la Giustizia con il solo e unico tentativo assurdo di attaccare i Magistrati con nefandezze scellerate, che certamente non onorano la Politica, che sebbene oggi non elevata, è espressione certamente non felice di un’Italia che, in passato anche non lontanissimo (il grande Aldo Moro…) era culla di sapienza, arte, somma cultura e, soprattutto, diritto!
Ciò premesso, continuiamo sull’argomento.
Il nuovo Parlamento, per il cui rinnovo con molte perplessità abbiamo votato, formato si spera da persone capaci e preparate, avrà molto da lavorare nelle Commissioni e nelle Aule per porre rimedio alla situazione di legalità per modificare questa nostra Italia! Lavoro, Istruzione, Sanità e Sicurezza dovranno essere le linee principali della nuova Politica!
Abbiamo letto sullo scandalo simultaneo, si dice che Pilotti sia stato di fede monarchica e che non lo nascondeva. Il 10 giugno toccava a lui, insieme al Primo Presidente della Cassazione Giuseppe Pagano, proclamare la vittoria della Repubblica. Invece i due presero tempo e che la vera quinta colonna della monarchia nella magistratura fu il Presidente della Cassazione Pagano, forse senza rendersi conto delle possibili conseguenze.

A questo punto non posso non fare riferimento ad un grande Magistrato che fu epurato perchè avrebbe dovuto assumere le funzioni di Primo Presidente della Suprema Corte (mio Nonno materno Nicola Coco!), sul quale nel 2013 scrissi un articolo su questa testata di cui è Direttore il giornalista Salvatore Veltri.
Invito a leggerlo  (https://www.attualita.it/notizie/tematiche-etico-sociali/nicola-coco-insigne-magistrato-e-giurista-della-nobile-terra-di-calabria-1751/)

Concludo. La Riforma Cartabia, cosa cambia per la prescrizione del reato e l’improcedibilità? Lo scorso 24 settembre è stato approvato in Senato il disegno di legge n. 2353 che contiene la Delega al Governo per l’efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti penali.
Un testo particolarmente ricco di novità, in parte immediatamente applicabili e in parte in grado di influenzare i decreti legislativi che saranno emanati entro un anno dalla sua entrata in vigore.
Per capire che cosa cambia sulla prescrizione del reato, può essere utile rammentare quale fosse la disciplina precedente, frutto della riforma Bonafede entrata in vigore il 1 gennaio 2020. La riforma, con la c.d. legge Spazzacorrotti, ha fondamentalmente abolito la prescrizione dopo il primo grado di giudizio. In altre parole, dopo la prima sentenza di condanna o di assoluzione, il processo non ha alcun termine predeterminato, con la conseguenza che – essendo la durata di un procedimento penale nel nostro Paese mediamente oscillante tra i 1.500 e i 2.500 giorni – il rischio di rimanere imprigionati nelle maglie processuali per tanti anni era sempre presente.
Partendo da tale spunto, la riforma Cartabia ha posto l’obiettivo di ridurre del 25% la durata dei processi penali.

Ho finito.

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