Roma, 15 novembre 2122 – L’autore del recentissimo bel libro, ‘Quando c’era la politica‘, è il grande giornalista di Catanzaro Filippo Veltri, che ha iniziato la carriera giornalistica nel 1972 al «Giornale di Calabria» diretto da Piero Ardenti ed ha poi fondato il quindicinale «QuestaCalabria», rimasto nelle edicole fino al 1978. Ha lavorato a «l’Unità» come caposervizio ed inviato. Ha collaborato con «Repubblica» e «Il Sole 24 ore». Oggi è editorialista e commentatore del «Quotidiano del Sud» e della rete televisiva TEN. È autore di numerosi saggi sulle condizioni economiche e sociali della Calabria. Ben noto il suo impegno professionale e civile contro le mafie. È membro del Comitato d’onore del Laboratorio Losardo a Cetraro. Nel 2015 ha vinto il premio “Stelle del Sud” e nel 2016 il “Premio Siani”. La necessità di indagare la vita politica in Calabria nell’ultimo trentennio è alla base di questo libro che punta a restituire un quadro teorico d’insieme, in grado di fare da mappa per la contemporaneità. Filippo Veltri, scrittore e giornalista di razza, con il suo linguaggio estremamente diretto e riconoscibile, lungo un percorso cronologico di coraggiosa cronaca, ci aiuta a riflettere su quando in Calabria c’era un laboratorio politico che faceva da bussola e specchio all’intera nazione e sul perché oggi non c’è più. La volontà? Di scandagliare elementi e cause, come il rapporto con i vertici del sistema politico italiano, il clientelismo familiare, l’interferenza mafiosa, le inchieste giudiziarie, la scarsa partecipazione al voto, il crollo demografico, il distacco della borghesia produttiva. Il volume ha la prefazione di Domenico Talia e la postfazione di Vincenzo Falcone. Un lavoro, è scritto in una nota, che affronta di petto l’ultimo trentennio della vita politica calabrese, misurandosi con lo scenario nazionale.
Iniziamo a leggere parti del libro.
– da pag.23. “”La politica che non serve. Nell’ ultimo trentennio, la politica italiana ha conosciuto nel suo complesso un cambiamento e uno scadimento che ha pochi eguali. Molteplici le ragioni del crollo originato da Tangentopoli, la più grande inchiesta di corruzione della storia recente, che hanno innescato la caduta di quasi tutti i partiti politici organizzatisi dopo la nascita della Repubblica. Ne è derivata quella che sinteticamente è stata definita la “Seconda Repubblica” in relazione con la trasformazione del sistema politico (la “Repubblica dei partiti”, come la definì lo storico Pietro Scoppola). Ovviamente, il trentennio che ci lasciamo alle spalle ha caratterizzato anche la vita politica della Calabria con l’accentuazione complessiva del suo declino che ha radici antiche (lo stato sociale ed economico via via aggravatosi ne è solo un esempio, ma il crollo demografico è forse la causa più importante) e nuove responsabilità che vanno tenute in grande considerazione. La conclusione non è solo l’impennata del tasso di astensionismo (alle ultime due elezioni regionali, del 2020 e nel 2021 non si è raggiunto nemmeno il 45% degli aventi diritto al voto), ma soprattutto il consolidamento di un quadro che nel suo complesso – fatte salve alcune eccezioni – segnala, per la sua fragilità politica e culturale, l’ accentuazione del clientelismo familiare, dell’interferenza mafiosa, del distacco della borghesia produttiva e, in genere, da quella che viene (forse impropriamente) chiamata società civile… Il punto di partenza di questa disastrosa situazione sono ovviamente le tre crisi principali che la Calabria vive da troppo tempo: decremento demografico, calo occupazionale, innalzamento dell’età media. Una recente indagine dell’Eurostat la colloca tra le regioni peggiori in Europa per occupazione dei giovani a tre anni dal conseguimento della laurea. Infatti, risulta occupato il 59,5% a fronte di una media Ue dell’81,5%. Accanto a questo dato c’è lo svuotamento dei borghi piccoli e medi. Eurispes calcola che di questo passo nel 2050 i residenti in Calabria saranno di poco superiori al milione, per lo più anziani (oggi sono 1.975.000, mentre negli anni Ottanta erano 2.200.000)… Il tasso di emigrazione dalla Calabria è il più alto d’Europa: le aree interne in trent’anni hanno perso oltre il 22% della popolazione e i comuni interessati alla desertificazione umana sono 309 (Centro Studi Enti locali). Ancora peggiore il dato delle nascite: nel 2018 il numero dei nuovi nati è stato 15.177, nel 2019 è scesa a 14.491, nel 2020 arriva a 13.966, mentre il numero dei decessi aumenta nello stesso periodo di oltre 400 unità. La pandemia ha contribuito a svuotare le culle, accentuando la denatalità. L’andamento demografico calabrese è fondamentale per comprendere la nuova stratificazione sociale, perché a fronte dei dati appena indicati ne segnala un altro molto rilevante: la diminuzione del numero degli studenti di 4.433 unità dal 2018 al 2019, con una dispersione scolastica del 20,3%… È evidente che abbiamo di fronte un quadro complessivo in cui ha agito una politica figlia di questa condizione causa-effetto, frutto delle scelte di una società povera e arretrata in tutti i sensi, una presenza invasiva della criminalità organizzata che ha determinato anche carriere politiche il più delle volte finite dietro le sbarre. Insomma, una politica autoreferenziale utile solo a se stessa, senza slanci e progetti, il più delle volte impegnata in un familismo amorale e di un blocco sostanziale della partecipazione democratica.””
– da pag.63.“”‘Ndrangheta e politica, il salto di qualità. Il legame tra ‘ndrangheta e politica è stretto, simbiotico, vecchio come il cucco e rimanda alla notte dei tempi. Viene alla luce in maniera decisa negli anni Ottanta con la votazione dei politici collusi con le ‘ndrine. Sono ormai fatti noti i collegamenti in passato con la destra eversiva, ma non è indice di uno schieramento politico dell’organizzazione criminale. Ha appoggiato anche la Dc, il Psi, il Pri, il Psdi e il Pli ed ebbe rapporti contemporaneamente con diversi partiti; vi sono state molteplici sovrapposizioni anche tra ambienti ‘ndranghetisti e forze politiche di opposizione, come il Pci e il Msi. La ‘ndrangheta non è di destra né di sinistra proprio per la sua organizzazione non gerarchica dove alcune ‘ndrine possono decidere di appoggiare, in un certo momento, uno schieramento politico e nello stesso tempo l’opposto schieramento, a seconda del ritorno economico.
““La ‘ndrangheta – dice Peppino Lavorato, che fu Deputato del Pci e Sindaco di Rosarno, una vera e propria icona del movimento antimafia – ha avuto una crescita progressiva ininterrotta a partire dalla fine degli anni Settanta, a seguito dell’intervento pubblico dello Stato per la realizzazione delle grandi opere nel Mezzogiorno. In quegli anni, imprenditori del Nord vennero in Calabria per avviare grandi progetti infrastrutturali, come il raddoppio ferroviario e l’autostrada; alcuni di loro usarono i boss della zona come interlocutori privilegiati e con loro si spartirono ciò che avevano guadagnato dai loro investimenti. Gli affiliati delle ‘ndrine da guardiani dei campi divennero guardiani dei cantieri: è così che la mafia si è arricchita diventando il mostro che è oggi. Questa politica scellerata dello Stato italiano non ha creato nessun posto di lavoro, solo scheletri di enormi opere pubbliche, un potere mafioso incontrastato”. Negli anni Ottanta avvengono una serie di omicidi di esponenti del Pci e della Dc. L’11 giugno 1980, fu assassinato Giuseppe Valarioti, Segretario della sezione del Pci di Rosarno. Aveva solo trent’anni. Si trattò del primo omicidio politico della ‘ndrangheta. Dieci giorni dopo, il 21 giugno 1980 fu assassinato Giannino Losardo, militante comunista,già Sindaco di Cetraro e – al momento dell’assassinio – assessore alla pubblica istruzione e Segretario capo presso la Procura della Repubblica del Tribunale di Paola. Nel 1983 poi, a Limbadi avvenne un caso eclatante. La presenza mafiosa in politica era così vasta, che le elezioni vennero vinte dal latitante Francesco Mancuso. Infine, nel 1989, fu assassinato Lodovico Ligato, ex Parlamentare della Dc ed ex Presidente delle Ferrovie dello Stato. Con la legge del 1 maggio 1991 n. 164 (legge contro le infiltrazioni mafiose negli enti locali) che permette lo scioglimento dei comuni per infiltrazioni mafiose in Calabria, vennero sciolti lo stesso anno il Comune di Melito di Porto Salvo e di Lamezia Terme. Entrambi vennero sciolti nuovamente, il primo nel 1996 e il secondo nel 2002. Il Comune di Rosarno venne sciolto nel 1992. Dal 2000 al 2004, sono avvenuti 325 atti intimidatori verso amministratori locali della Calabria. Nel 2001 a Rosarno, la ‘ndrangheta minaccia lo storico sindaco antimafia Giuseppe Lavorato sparando una serie di colpi di kalashnikov contro la finestra della sua segreteria. Più volte intimidito pesantemente dalle cosche della ‘ndrangheta, Lavorato portò Rosarno a essere uno dei primi comuni d’Italia (dopo quello di Gioiosa Jonica, con il sindaco Francesco Modafferi, del 1977) a costituirsi parte civile in un processo antimafia (ottenendo il risarcimento dei danni patrimoniali, morali e di indagine causati dai mafiosi). Tra il 2007 e il 2008 vennero arrestati i sindaci e i vicesindaci di Seminara, Rosarno e Gioia Tauro. Sempre in questo periodo, venne sciolto anche il Comune di Amantea. Nel 2010, in Calabria sono stati rilevati ben 87 casi di intimidazione verso amministratori locali, di cui 25 nella provincia di Cosenza, 22 nella provincia di Reggio Calabria e 21 della provincia di Catanzaro, i restanti nelle province di Vibo Valentia e Crotone.
Poi, le operazioni più recenti delle due Direzioni Distrettuali Antimafia di Catanzaro e Reggio, dirette da Nicola Gratteri e Giovanni Bombardieri, che ampliano tutto il quadro dei rapporti tra ‘ndrangheta e politica. Si arrivò così alla scoperta della masso-mafia, che vede intrecci ancora più perversi tra il mondo di sotto e quello di sopra, tra colletti bianchi e crimine organizzato. Su tutte, si installano le due operazioni denominate “Mammasantissima” e “Rinascita Scott”. Questo ci porta alla cronaca odierna, come vedremo nel capitolo successivo, dove sono i politici a rivolgersi ai mafiosi.””
“”Quando c’era la politica. A questo punto, avrete capito perché al libro che avete tra le mani abbiamo deciso di dare un certo titolo; arrivati quasi alla fine di questa piccola cavalcata in attesa che leggiate la postfazione di Vincenzo Falcone, un’idea ve la sarete fatta: una volta c’era, anche dalle nostre parti, una politica abbastanza chiara. La politica, come disse tanto tempo fa un mirabile (lui sì) politico della prima Repubblica, Rino Formica, “è sangue, sudore e merda…” La verità è che la politica e la lotta politica erano allora solamente intellegibili, almeno un poco di più rispetto ad oggi, perché c’erano le sedi dove tutto avveniva. C’ erano i partiti, innanzitutto, le elezioni, i circoli, le assemblee. C’erano le parrocchie e i sindacati, che per la verità ci sono anche ora, ma un po’ più sbiaditi, più tenui, più regolari. C’erano, insomma, i luoghi dove un potere di parvenza decisionale poteva essere esercitato… Perché in Calabria quando c’era la politica era invece più forte che altrove? Il ruolo della ‘ndrangheta è stato decisivo ma non esaustivo nello spiegare un lento misurabile crollo. Se è vero che un tempo gli ‘ndranghetisti erano loro che andavano a offrire i loro voti, pochi o tanti che fossero, ora il quadro è mutato in maniera sostanziale e non solo formale. Decine di atti giudiziari, inchieste, intercettazioni ci dicono che ora avviene il contrario: è il politico ad andare a genuflettersi davanti al boss di turno per chiedere, contrattare,ragionare, dare e ottenere. A volte, anche senza risultato tangibile (e sta qui anche un altro dei paradossi calabresi), ma alla fine corrompendo tutta una filiera che dal basso sale in alto e poi di nuovo verso giù. Ma tutto questo – domandona – non avveniva anche nel passato? Anche nel passato più recente (diciamo dagli anni Sessanta inpoi)? Avveniva ma in un modo che lasciava un ampio margine di manovra a quelle camere di compensazione che erano i partiti, le correnti, le associazioni, i circoli culturali etc. etc. Lasciava margini di scelta che ora sembrano scomparsi.””
Sin qui parti del libro che invito a leggere.
Ora integrazioni dello scrivente.
La cosa più importante, per me, è quella di avere vecchia amicizia e ammirazione di Filippo Veltri,anche con la mia Famiglia, unitamente alla cara moglie, Rita Commisso, illustre Docente, già Deputato al Parlamento e docente di lingue straniere; venne eletta alla Camera dei deputati nel 1994 nelle file di Rifondazione Comunista e per la XII legislatura fece parte della Commissione Cultura, scienza e istruzione. La nostra, un’Amicizia che ancora continua, anche se a distanza… Da Calabrese di nascita, con discendenza da parte della Famiglia di mia Madre (della nobile Terra del Marchesato, oggi il Crotonese); poi, da Carabiniere in congedo che ha avuto l’ onore di prestare servizio per ben quattro anni in quella Regione, essendo stato anche l’ultimo Comandante Provinciale di Catanzaro con la Provincia Madre non ancora tripartita con Crotone e Vibo Valentia, peraltro Città, quest’ultima, dove nacqui quando mio Padre era Comandante di quella Compagnia… nel lontano 1947… affermo che amo la Calabria, Terra illustre, si, ma con codici arcaici. Il grande Procuratore Nicola Gratteri, in TV, commentando l’ “Operazione Stige”nel 2018, ha fatto luce sulle infiltrazioni della cosca cirotana Farao-Marincola nel tessuto politico ed economico del crotonese e disse: “”Questa di oggi è la più grande operazione per numero di arresti degli ultimi 23 anni. È un’indagine da portare nelle scuole di Magistratura per spiegare come si fa un’indagine per 416 bis del C.P. Ben 169 arresti, che vede al centro dell’inchiesta le attività criminali della cosca Farao–Marincola, una delle più potenti della Calabria con ramificazioni anche nel Nord e Centro Italia (in particolare Emilia Romagna, Veneto, Lazio, Lombardia) e in Germania (dove nel 2007 ci fu la strage di Duisburg.), che fa capo a Giuseppe Farao, 71enne di Cirò (Kr). Uno scenario già evidenziato dalle indagini della Procura Antimafia nei primi anni Novanta poi sfociate nell’operazione “Galassia””.
Si, l’“Operazione Galassia“, da me ben conosciuta e diretta in quanto in quegli anni ero Comandante Provinciale di Catanzaro.
Aggiungo, concludendo, che se continuiamo a credere e soprattutto operare in molti per un’Italia libera dalle mafie, è auspicabile che questo sogno diventerà realtà… Soprattutto per il bene dei giovani, faro di luce e di civile futuro…
Ho finito.
Sul tema Calabria ho letto interessanti libri, di cui per alcuni ho scritto articoli su questo giornale on line di cui è Direttore il giornalista Salvatore Veltri.
Per chi volesse leggerli:
– https://www.attualita.it/notizie/tematiche-etico-sociali/il-libro-di-enzo-ciconte-la-nuovandrangheta-il-1980-46190/;
– https://www.attualita.it/notizie/politica/valarioti-6666/;
– https://www.attualita.it/notizie/tematiche-etico-sociali/storia-dellantindrangheta-51164/