A Pasqua i 90 anni del papa emerito
Roma, 16 aprile 2017 – Nato nel Sabato Santo del 1927 a Marktl am Inn, in Baviera, Joseph Aloisius Ratzinger ebbe una vocazione precoce. Di famiglia molto devota, era stato introdotto alla fede dal sincero clima religioso realizzato in casa dai genitori, Joseph Ratzinger e Maria Rieger.
Ultimo dei loro tre figli, dei quali Georg, ordinato anche lui presbitero nello stesso giorno (il 29 giugno 1951) e Maria che non si sposò, occupandosi, come in una personale missione fino alla sua morte avvenuta nel 1991, dei due fratelli consacrati alla Chiesa.
Il futuro Benedetto XVI entrò in seminario (seminario minore di Traunstein) nel 1939 ed ivi rimase fino al 1942, quando la struttura venne chiusa dal regime nazista per assumere una nuova, imposta, destinazione militare.
Di quegli anni il giovanissimo Joseph conobbe da vicino la durezza irreversibile con la morte di un cugino, suo coetaneo, con sindrome di Down, sottoposto probabilmente a sperimentazioni e comunque deceduto a breve dopo essere stato portato via dalla furia nazista, che si adoperava per la purezza della razza.
Ma sempre in quel periodo ci fu anche spazio per imbattersi in atti di misericordia, in particolare quelli di un professore di matematica.
Fino al 1945 i giovani tedeschi dovevano essere iscritti alla Gioventù hitleriana, partecipando alle adunate, e così anche lui, che non lo desiderava affatto, vi era costretto per non avere penalità sulle tasse del Gymnasium, frequentato dopo la chiusura del seminario minore: Joseph venne dal suo insegnante facilitato a non dovervi partecipare.
Così conobbe il rispetto di un hitleriano che non voleva togliere ad altri la possibilità di pensare diversamente.
E in un suo libro, ‘Sale della terra’, questa sua esperienza appare.
Molto forte in lui si delineò l’importanza degli anni giovanili, come fondamentali nella vita di ciascuno, il che lo portò alla conseguente scelta dell’insegnamento universitario.
La vita militare del padre, discendente da agricoltori della Bassa Baviera, con uno zio che ebbe cariche politiche, lo abituò al valore della precisione e del rigore da vivere giorno per giorno. E le successive scelte morali antinaziste, per il convincimento della non adeguatezza di tale pensiero al messaggio evangelico, espresse dal genitore (che si ritirò a Traunstein, dopo aver prestato servizio nella Landespolizei e nella Ordnungspolizei), indirizzarono Joseph a porre grande attenzione alle proprie scelte.
La madre apparteneva ad una famiglia di artigiani bavaresi e, prima di sposarsi, era stata cuoca; la nonna materna e la bisnonna erano di Rasa, presso Naz-Sciaves, nella zona di Bressanone, allora austriaca, oggi italiana. Regioni ancorate ai fatti semplici e basilari dell’esistenza, ma anche ricche di vivacità nel sentire e nell’esprimersi.
Pur se chiamato nel 1943 alle armi, a 16 anni, non si trovò mai a dover sparare, in quanto impiegato prima nelle intercettazioni radiofoniche, a nord di Monaco, nella artiglieria contraerea in difesa degli stabilimenti della BMW, poi nelle difese anticarro in prossimità di un attacco dell’Armata Rossa al confine ungherese d’Austria e infine in fanteria nell’azione di propaganda e sostegno morale della popolazione mediante canti nazionalistici. Rischiò la fucilazione per una fuga causata dal suo dissenso e fu salvato da un sergente. A circa 25 anni, cappellano della parrocchia del Preziosissimo Sangue,
nel centro di Monaco, l’ancor giovane Joseph si rendeva conto che molti fra i giovani parrocchiani esprimevano una partecipazione ai riti senza una vera adesione delle coscienze, a 31 anni parlò di paganesimo intraecclesiale.
Avendo partecipato al Concilio Vaticano Secondo, ne ha condiviso la grande apertura epocale. Con un percorso di profondissimi studi agostiniani, nella sua vasta conoscenza filosofica e teologica, ha posto intenso riferimento nel rigore della definizione che non lascia spazio ad equivoci, pur proponendosi colloquiale.
Professore di teologia fondamentale e dogmatica nelle più importanti università tedesche, arcivescovo di Monaco e Fisinga, nominato cardinale da Paolo VI nel 1977 con il titolo presbiteriale di Santa Maria Consolatrice al Tiburtino, nel 1981 divenne con Giovanni Paolo II prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, poi cardinale decano,
La sua vita è stata considerata da lui prevalentemente e semplicemente come un servizio. Un modo di essere che abbiamo imparato a capire tutti chiaramente meglio nella prima omelia appena eletto pontefice e durante il pontificato, iniziato il 19 aprile del 2005 e conclusosi il 28 febbraio 2013, con sede vacante, dopo aver già espressa in un concistoro ordinario, l’11 febbraio dello stesso anno, la volontà di ritirarsi.
Come accade ai vescovi, anche un papa può avere età e condizioni che lo portino a ritirarsi dalla missione pubblica e pregare.
Era già accaduto, per motivi differenti fra loro, con Clemente I, Ponziano, Silverio, Benedetto IX, Celestino V, Gregorio XII, solo per citare avvenimenti storicamente risalibili.
Ma alla Chiesa cattolica del 2013, quando accadde, tremarono i polsi. Anzi tutto il mondo, forse inspiegabilmente, rimase senza fiato.
Invece papa Ratzinger continuò nel suo stile, quello di sempre, a rispondere al proprio senso del dovere, come e dove si presenti.
Siamo tutti servitori, nessuno escluso. E dobbiamo cercare di servire al meglio. In tutto ciò la nostra vita è un mistero, il grande mistero della coscienza, il mistero del libero arbitrio, pur nel vivere quotidiano della nostra esperienza sociale.
Così iniziò la scelta monacale, con clausura attenuata, di Benedetto XVI, papa emerito, nel convento Mater Ecclesiae, in Vaticano.
Auguri, Santità