S. Pio e S. Leopoldo, due confessori instancabili
E il 10 febbraio in S. Pietro il mandato di papa Francesco ai missionari della Misericordia.
Roma, 7 febbraio – Tre tappe di pellegrinaggio giubilare e popolare, San Lorenzo
fuori le Mura, San Salvatore in Lauro e San Pietro, in questi giorni sono divenuti anche luoghi privilegiati per rendere omaggio contemporaneamente, in date consecutive, a San Pio e San Leopoldo.
Due frati minori cappuccini che hanno avuto una vita di ministero molto radicata nei propri territori e che sono stati conosciuti molto oltre le proprie frontiere regionali.
Nato Francesco Forgione a Pietrelcina in provincia di Benevento, il 25 maggio 1887, poi col nome religioso di Padre Pio, sacerdote dal 10 agosto 1910 a ventitré anni (un anno prima, con permesso del vescovo, dei ventiquattro previsti allora), morì a S. Giovanni Rotondo, in provincia di Foggia, il 23 settembre 1968. Beatificato il 2 maggio 1999, divenne santo il 16 giugno 2002 con Giovanni Paolo II.
Quanto si mosse dai luoghi giovanili Padre Pio? Ben poco. Conobbe principalmente luoghi abituali, severo ma pronto al vero conforto, confessò e confessò, predicò e predicò, soffrì molto, scelse di prediligere i bisognosi di guarigione spirituale, esercitando il ministero nella confessione fino ai due terzi della giornata. Ma si occupò anche dei bisognosi di guarigione fisica ai quali offrì aiuto con un ospedale, a San Giovanni Rotondo, ad opera della carità continua, carità in entrata e carità in uscita, nato per lenire le sofferenze del corpo e dell’anima, spesso provata dal dolore fisico.
La casa del Sollievo della Sofferenza venne fondata il 5 maggio 1956. Con il medesimo nome nacquero, secondo una iniziale richiesta di gruppi di preghiera per la pace, formulata il 17 febbraio del 1942, in tempo di guerra, da Papa Pacelli, i gruppi di coloro che con esortazione di Padre Pio, cominciarono a riunirsi man mano sempre più numerosi. I suddetti gruppi, ormai sparsi in tutto il mondo, avevano ricevuto poche ma ferme linee guida da parte di Padre Pio: riunirsi in chiesa, almeno una volta al mese, con il permesso del vescovo, avere un sacerdote di riferimento. Diceva che la preghiera “Può muovere il mondo” e in ottantamila erano in Piazza S. Pietro ieri nell’ udienza generale con i Gruppi di Preghiera intitolati a suo nome.
Padre Leopoldo, nato Bodgan Ivan Mandic il 12 maggio 1866 a Castelnuovo di Cattaro (l’attuale Herceg-Novi), nel Montenegro, e morì il 30 luglio 1942. Sacerdote il 20 settembre 1890, venne elevato alla beatificazione con Paolo VI il 2 maggio 1976 e santificato da Giovanni Paolo II il 16 ottobre 1983.
Pur essendo stato un confessore lungamente fermo a Padova, il nome del frate cappuccino era tanto conosciuto da divenire meta di uomini e donne di tutte le estrazioni sociali, fino ad esponenti molto noti della cultura e della politica, provenienti da ogni dove. Pur se con un problema di balbuzie che era stato considerato ostativo per la predicazione e di salute fragile che non gli aveva consentito di svolgere una vita missionaria in luoghi lontani, trascorreva fino a quindici ore al giorno dedicate alle confessioni fino al giorno della sua morte.
Padre Leopoldo desiderò sempre l’unione di tutti i cristiani, in particolare con i cristiani d’Oriente separati da quelli di Roma. Anticipando nelle intenzioni il Concilio Vaticano II, formulò per l’unità anche un preciso voto.
Dopo brevi periodi in monasteri in luoghi a confine o poco fuori, ad Est, più identificativi per le sue iniziative interconfessionali, lo fecero rientrare a Padova dove rimase nel Convento dei Cappuccini di Santa Croce, con l’eccezione del mercoledì, quando confessava nella basilica del “Santo”. Poichè “era troppo buono con gli allievi” lo relegarono alle sole confessioni, poi dissero “che le sue confessioni erano brevi e che era troppo buono anche come confessore”. Lui rispondeva che non voleva rischiare di rovinare l’opera di Dio e che, poiché Gesù aveva dato il proprio sangue per tutti, buono era Gesù e non il confessore. Meglio, eventualmente, il purgatorio per i fedeli per una penitenza troppo piccola che l’inferno per una troppo grande e non confessata. Alla domanda se c’era qualcosa che gli dispiaceva, rispose che si era pentito di tre o quattro assoluzioni che non aveva dato quando era giovane.
Ricordando Padre Pio e Padre Leopoldo, instancabili confessori (le loro spoglie saranno in San Pietro fino all’11 febbraio), sarà dato da Papa Francesco, proprio in S. Pietro il giorno 10, mercoledì delle Ceneri, il mandato ai missionari della misericordia, in settecento probabilmente quel giorno davanti al papa e in tutto millesettantuno: sacerdoti provenienti da ogni continente che potranno, esclusivamente nell’anno giubilare, rimettere i delitti riservati alla Santa Sede, sia quelli di competenza del Foro Interno, la Penitenzieria Apostolica, per delitti conosciuti solo dal reo e dal confessore, sia quelli del Foro Esterno, la Congregazione per la Dottrina della Fede, se i delitti sono conosciuti dalla collettività.
S. Pio e S. Leopoldo, due confessori instancabili.
E il 10 febbraio in S. Pietro il mandato di papa Francesco ai missionari della Misericordia.
Roma, 7 febbraio – Tre tappe di pellegrinaggio giubilare e popolare, San Lorenzo
fuori le Mura, San Salvatore in Lauro e San Pietro, in questi giorni sono divenuti anche luoghi privilegiati per rendere omaggio contemporaneamente, in date consecutive, a San Pio e San Leopoldo.
Due frati minori cappuccini che hanno avuto una vita di ministero molto radicata nei propri territori e che sono stati conosciuti molto oltre le proprie frontiere regionali.
Nato Francesco Forgione a Pietrelcina in provincia di Benevento, il 25 maggio 1887, poi col nome religioso di Padre Pio, sacerdote dal 10 agosto 1910 a ventitré anni (un anno prima, con permesso del vescovo, dei ventiquattro previsti allora), morì a S. Giovanni Rotondo, in provincia di Foggia, il 23 settembre 1968. Divenne santo il 16 giugno 2002 con Giovanni Paolo II.
Quanto si mosse dai luoghi giovanili Padre Pio? Ben poco. Conobbe principalmente luoghi abituali, severo ma pronto al vero conforto, confessò e confessò, predicò e predicò, soffrì molto, scelse di prediligere i bisognosi di guarigione spirituale, esercitando il ministero nella confessione fino ai due terzi della giornata. Ma si occupò anche dei bisognosi di guarigione fisica ai quali offrì aiuto con un ospedale, a San Giovanni Rotondo, ad opera della carità continua, carità in entrata e carità in uscita, nato per lenire le sofferenze del corpo e dell’anima, spesso provata dal dolore fisico.
La casa del Sollievo della Sofferenza venne fondata il 5 maggio 1956 ed è ora giunta al sessantesimo anno. Con il medesimo nome nacquero, secondo una iniziale richiesta di
gruppi di preghiera per la pace, formulata il 17 febbraio del 1942, in tempo di guerra, da Papa Pacelli, i gruppi di coloro che con esortazione di Padre Pio, cominciarono a riunirsi man mano sempre più numerosi e già abbastanza conosciuti nel settembre 1949, quando furono citati in un fuori numero dell’omonima rivista e successivamente con regolarità redazionale dal 1950. I suddetti gruppi avevano ricevuto poche ma ferme linee guida da parte di Padre Pio: riunirsi in chiesa, almeno una volta al mese, con il permesso del vescovo, avere un sacerdote di riferimento. Il permesso del vescovo era comunque condizione fondamentale, inderogabile, Prima di un riconoscimento ufficiale l’esercizio dell’umiltà. Statuto poi ricevuto dalla Santa Sede il 3 maggio 1986, dopo che il 24 settembre 1975, molti anni prima, Paolo VI, ne aveva citati come ormai ventimila i partecipanti. Date e numeri utili per orientarsi sui percorsi difficili, altalenanti nei riscontri ufficiali, della vita del frate da Pietrelcina e per rendersi conto di come, fra tante difficoltà, i fedeli si siano comunque sempre più diffusi, sparsi nel mondo. E di come relativamente non lontane nel tempo da una vita molto complessa, molto sofferta siano giunte il 2 maggio 1999 la beatificazione e dopo, a breve, la santificazione.
Un santo del popolo, desiderato dal popolo, vicino al popolo nel senso che l’umiltà e l’obbedienza furono tenute sempre presenti da Padre Pio, tanto che viene raccontato dai frati che gli vissero accanto come, se gli fosse stato comandato dai superiori, avrebbe chiesto persino a Gesù di non andare da lui. Diceva che la preghiera “Può muovere il mondo” e in ottantamila erano in Piazza S. Pietro ieri nell’ udienza generale con i Gruppi di Preghiera intitolati a suo nome.
Padre Leopoldo, nato Bodgan Ivan Mandic il 12 maggio 1866 a Castelnuovo di Cattaro (l’attuale Herceg-Novi), nel Montenegro, venne elevato alla beatificazione con Paolo VI il 2 maggio 1976 e santificato da Giovanni Paolo II il 16 ottobre 1983.
Divenne sacerdote il 20 settembre 1890 e morì il 30 luglio 1942. Anche per Padre Leopoldo le date mostrano come gli altari siano giunti non molto lontani dalla data della morte. Pur essendo stato un confessore lungamente fermo a Padova, il nome del frate cappuccino era tanto conosciuto da divenire meta di uomini e donne di tutte le estrazioni sociali, fino ad esponenti molto noti della cultura e della politica, provenienti da ogni dove. Punto sicuro di sostegno, conforto e delucidazione teologica, pur con il suo problema di balbuzie che era stato considerato ostativo per la predicazione. Ore ed ore, dodici, quindici ore al giorno, dedicate alle confessioni, fino alla sera prima della sua ultima alba, nonostante una salute di base molto fragile, che gli aveva precluso agli occhi dei superiori la desiderata vita missionaria in luoghi lontani.
Del Montenegro e di famiglia cattolica croata, con antenati paterni bosniaci e dalmati, desiderò sempre l’unione di tutti i cristiani, in particolare con i cristiani d’Oriente separati da quelli di Roma, per la quale si adoperò, dopo gli approfonditi studi teologici, ma meno di quanto avrebbe voluto, richiamato in sedi precedenti in qualità di confessore.
Anticipando nelle intenzioni il Concilio Vaticano II, formulò per l’unità anche un preciso voto. Udine, Bassano del Grappa, Padova, Venezia luoghi in cui si formò. Riuscì nel 1897 ad occuparsi di un piccolo convento a Zara in Dalmazia, ma venne richiamato a Bassano nel ‘900. Nel 1905 fu nominato vicario nel convento di Capodistria, ma l’anno successivo dovette andare a Thiene (Vicenza). Dal 1917 al 1919, per la cittadinanza austriaca, venne mandato al confino politico nel Sud Italia e, passando per Roma, conobbe Benedetto XV. Fu a Tora (Caserta), Noia (Napoli), Arienzo (Caserta). Rilasciato alla fine della Prima Guerra Mondiale, dopo aver compiuto pellegrinaggi nei famosi santuari lungo la via del ritorno, fu di nuovo a Padova. Nel 1923 sperò di restare a Fiume, in quel momento nel Veneto, ma immediatamente lo fecero rientrare a
Padova dove rimase, nel Convento dei Cappuccini di Santa Croce, con l’eccezione delle confessioni i mercoledì alla basilica del “Santo”, fino alla fine dei suoi giorni . Gli dicevano che era troppo buono con gli allievi e lo relegarono alle sole confessioni, poi che le sue confessioni erano brevi e che era troppo buono anche come confessore e lui rispondeva che non voleva rischiare di rovinare l’opera di Dio e che, poiché Gesù aveva dato il proprio sangue per tutti, buono era Gesù e non il confessore. Meglio, eventualmente, il purgatorio per i fedeli per una penitenza troppo piccola che l’inferno per una troppo grande e non adempiuta. Negli ultimi tempi, poco prima di morire, gli avevano chiesto se c’era qualcosa che gli dispiaceva e rispose che si era pentito di tre o quattro assoluzioni che non aveva dato quando era giovane.
Ricordando Padre Pio e Padre Leopoldo, instancabili confessori (le loro spoglie saranno in San Pietro fino all’11 febbraio), sarà dato da Papa Francesco, proprio in S. Pietro il 10, mercoledì delle Ceneri, il mandato ai missionari della misericordia, in settecento probabilmente quel giorno davanti al papa e in tutto millesettantuno: sacerdoti provenienti da ogni continente che potranno, esclusivamente nell’anno giubilare, rimettere i delitti riservati alla Santa Sede, sia quelli di competenza del Foro Interno, la Penitenzieria Apostolica, per delitti conosciuti solo dal reo e dal confessore, sia quelli del Foro Esterno, la Congregazione per la Dottrina della Fede, se i delitti sono conosciuti dalla collettività.