A Trento la sentenza che ha acconsentito l’adozione di due gemelli a due omosessuali fa discutere e ha diviso l’opinione pubblica in due. Due omosessuali, una madre surrogata, due bambini ignari che non hanno colpa di niente, ma che hanno solo diritti, e una teoria giuridica che non trova riscontro nella realtà.
Non entriamo nel merito della sentenza e della questione giuridica; troppo complesse e troppo lontane da noi, vale a dire dalla nostra cultura.
Entriamo, invece in quella dell’opinione pubblica, in quella della realtà pratica di tutti i giorni. Ho l’impressione, che poi è una convinzione, che la questione o il problema, mai affrontato con questi attori, non sia molto dissimile da un qualsiasi problema giuridico nell’ambito del fallimento di un matrimonio. Ci si può affannare a trovare tutte le ragioni di questo mondo ad un matrimonio che è fallito, ma l’unica parte che risulta veramente lesa è quella dei figli.
Oggi, per mezzo delle cronache, siamo subissati da tutte le dissertazioni giuridiche e bioetiche in merito a questa adozione e, sulla sentenza, giuristi e bioetici forniscono tutte le ragioni possibili e immaginabili sulla situazione che si è costituita però…”però”…esiste sempre una realtà con la quale fare i conti.
Qual’è questa realtà? La vita pratica. Possiamo mettere tutte le ragioni giuridiche possibili e immaginabili che rendono possibile questa sentenza, ma, poi, dobbiamo fare i conti con la domanda che il bambino, alla prima elementare, si porrà e porrà a…ai padri adottivi, di cosa sia o chi sia quella donna che viene a prendere il suo compagno di classe all’uscita della scuola e che questi chiama “mamma”. Nella sua innocenza infantile è della massima profondità biologica, etica ed umana…e fosse soltanto questa!?…un’altra dimensione della stessa curiosità, e questa sarà più pesante della prima, sarà quando qualche compagno di scuola, dopo aver costatato la struttura familiare diversa dalla sua e da quella che lui conosce, gli chiederà…”…ma la mamma…non ce l’hai?” oppure “…ma la mamma non viene mai a prenderti alla scuola?”.
È una dimensione diversa che si aprirà ai suoi occhi, ai suoi sensi, alla sua curiosità, alla sua emotività e lui si chiederà che cosa significhi la sua condizione diversa da quella che vede dei compagni.
Forse, coloro che hanno emesso la sentenza, non hanno considerato che quella dei gemelli che sono stati oggetto di affidamento a due omosessuali, oltre ad essere la migliore età, è un’età “maledettamente” maledetta e difficile perché è quella in cui i bambini vivono e assorbono tutte queste ed altre esperienze e queste cristallizzano in lui, nel suo spirito, nella sua psiche, tutte le prime emozioni della vita. Questo processo delicatissimo e naturale, rischia di diventare una bomba atomica disinnescata nella sua vita, negli anni a venire, quando, di fronte a talune situazioni imprevedibili e incontrollabili, esploderà senza preavviso in comportamenti ed emozioni che non potranno essere né previsti, né controllati e che non si sa da dove verranno.
Forse coloro che hanno emesso tale sentenza hanno dimenticato quando, fanciulli anche loro, avevano le curiosità simili e facevano, alla mamma, in particolare, le domande imbarazzanti.
Il problema grande è che queste manifestazioni non saranno un fatto isolato e senza importanza, ma marcheranno e caratterizzeranno tutta la vita di chi ha vissuto determinate esperienze, che, recepite e assorbite, si saranno trasformate in emozioni.
Come ho accennato prima, la vicenda ha notevoli analogie con una qualsiasi situazione di separazione in un matrimonio fallito.
I genitori, che restano genitori ma che hanno finito di essere coniugi, basta che sistemano la situazione con le formule giuridiche e con l’accordo economico da corrispondersi per i figli, sono felici e soddisfatti e ritengono di avere adempiuto ai loro doveri e di avere diritto alla loro vita. Il problema è dei figli che, a qualsiasi età siano, risentono, se la biochimica non è diventata ancora la favola di “Cappuccetto Rosso”, del distacco da coloro dai quali sono stati generati, e di cui porteranno lo strascico psicologico ed emotivo per tutta la vita, anche se si sforzeranno di eluderlo richiamandosi ai concetti di evoluzione, di libertà, e di diritto dei genitori di ricostruire la propria vita.
Nel caso di genitori adottivi omosessuali, perchè è impensabile che non avvenga una separazione, i bambini dati loro in affidamento, esisterà sempre fra di loro una “barriera divisoria” perché c’è una funzione carnale e di sangue, che non potrà essere elusa da un concetto giuridico.
Ora, pur senza rinunciare ai “privilegi” che oggi la legge consente loro. …beh, non è la prima volta che “teoria” e “realtà” si scontrano fra di loro, ma dovremmo prendere insegnamento da questo fenomeno non lasciare solo che si verifichi e…soprassedere…