Tematiche etico-sociali

Shopping compulsivo: come venir fuori da questa pericolosa dipendenza

Il fattore scatenante è nel bisogno di gratificazione.

All’origine c’è il bisogno di sentirsi speciali, la sensazione di pienezza che un nuovo oggetto in apparenza regala: una schiavitù da cui si può uscire

Riconosciuto, ormai da diversi anni, come vero e proprio disagio psicologico, lo shopping compulsivo continua inarrestabile la sua espansione. A esserne colpite sempre di più non sono solo le donne, fin dall’inizio “protagoniste” di questo disagio, ma anche gli uomini, soprattutto fra i 30 e i 50 anni. È un disagio ambivalente, verso il quale la persona colpita, ma anche chi le sta intorno, fatica a prendere provvedimenti. Come condannare del tutto un comportamento che, in fondo, è in sintonia con le leggi del marketing? E che è anche così affine all’attuale cultura dominante di stampo narcisistico, tutta volta alla gratificazione individuale, costi quel che costi?

Il bisogno di sentirsi unici e speciali
In questi anni gli studi hanno individuato nel bisogno di gratificazione, nel “premiarsi” il fattore scatenante. Si ricorre a forme di appagamento immediato per riempire un vuoto dentro di sé, un vuoto affettivo, un vuoto di conferme, un vuoto fatto di solitudine, anche quando si vive in mezzo alla gente. Eppure questa smania di premiarsi non è un paradosso, ma la logica conseguenza dello stile di vita nel quale siamo immersi, che impone ritmi produttivi altissimi e chiede di essere funzionali ed efficienti, nient’altro. E lo fa in un modo così subdolo da farci credere che i risultati che ci induce a raggiungere e i parametri di efficienza che ci spinge a mantenere siano i veri premi, le vere mete, le vere gratifiche di cui abbiamo bisogno. Ma la nostra psiche profonda sa che non è così e cerca altre vie. Solo che, non essendone consapevole, si accontenta di una soluzione simbolica: la compulsione all’acquisto, cioè il “non poter non” acquistare qualcosa. Non il pane o l’acqua, ovviamente, ma qualcosa che non serve direttamente, qualcosa che potrebbe costituire un regalo, un lusso, una trasgressione, una ricompensa. Qualcosa insomma che riguardi l’individuo nel suo bisogno non di sopravvivere (il pane e l’acqua), ma di essere riconosciuto come speciale.

Celebra le tue fatiche e premia i tuoi risultati…
Se dietro ogni compulsione c’è un pensiero fisso o un bisogno fissato, dietro la compulsione all’acquisto c’è il bisogno urgente di essere considerati speciali: esseri umani unici, non macchine da graduatoria. Lo shopping compulsivo diventa così il rito quotidiano attraverso cui recuperare – illusoriamente – il senso del proprio essere e della propria unicità, che è andata perduta nello stile di vita odierno, in cui tutto è calcolabile e sostituibile. Ecco perché milioni di persone, che fanno fatica a tirare la fine del mese, spendono ciò che non dovrebbero per cose inutili: recuperano, simbolicamente, ma disastrosamente, quel rito che manca al sistema.

Non possiamo aspettarci che il sistema sociale ci venga a salvare: siamo noi a dover immettere, nella nostra vita di ogni giorno, gli aspetti che mancano. Essere “macchine che devono funzionare” ci ha fatto disimparare a celebrare la nostra fatica quotidiana, a premiarci quando sentiamo di meritarlo e, soprattutto, a riconoscere il nostro valore anche e soprattutto nel momento in cui il mondo esterno sembra indifferente.

Come riconoscere lo shopper compulsivo

– È presente quotidianamente l’impulso irrefrenabile a comprare.

– I suoi acquisti riguardano oggetti inutili o di cui non ha bisogno.

– Il tempo dedicato agli acquisti interferisce con la sua vita familiare, sociale e professionale.

– Spesso fa acquisti al di sopra delle sue possibilità e senza preoccuparsi delle conseguenze economiche.

– Quando non può acquistare entra in stato di stress.

– Al momento dell’acquisto prova una sensazione di grande euforia, seguita subito da depressione, senso di colpa e vergogna.

– Sviluppa col tempo un’anestesia verso i problemi reali. Tutto passa in secondo piano e ciò che riempie la vita è solo l’attesa del prossimo acquisto.

Ecco le mosse per uscirne:

-Riesci a non farlo? Poiché lo shopping è gratificante, è difficile accettare che sia un problema psichico. Ma basta chiedersi: “Riesco a non farlo?”. Se la risposta, basata sui fatti, è: “No, non riesco”, vuol dire che un problema c’è. Utili perciò un supporto psicologico o letture di approfondimento sul tema. Spendere tempo per prendere coscienza è già un segnale di cambiamento.

-Rendi visibili i tuoi acquisti. Caratteristica di questo problema, così simile alla bulimia, è l’assenza di memoria di quel che si acquista giorno per giorno. Invece bisogna ricordare, non per sentirsi in colpa ma per sviluppare senso di responsabilità. Perciò tira fuori da cassetti e armadi tutti gli acquisti, osservali e quantificane il costo totale, prendendo atto, al contempo, della loro inutilità.

-Limita il budget. È necessario, per favorire la guarigione, limitare le possibilità concrete di spendere inutilmente. Affida provvisoriamente bancomat e carta di credito a un familiare ed esci di casa solo con il denaro utile per le spese realmente necessarie.

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