Il poeta Giosuè Carducci, il cui appartamento museo (con busto annesso) troneggia nella piazza poco distante. E da settembre scorso, loro. Quelli di Social Street in via Fondazza. Il primo in Italia. Vista con gli occhi del Duemila, un’esperienza destinata a ritagliarsi qualcosa di più di una citazione nella storia del web e delle sue infinite declinazioni. Un’idea che sta facendo proseliti in tutta Italia: da Roma a Palermo, da Milano a Ferrara, sono già una cinquantina le social street – letteralmente «strade sociali» – nate sull’onda dell’apripista bolognese. Contagio inarrestabile perché basta un giro in via Fondazza, nel cuore della Bologna antica, parlando con i bottegai e suonando qualche campanello a caso, per scoprire che non è poi così complicato lanciare un ponte terribilmente concreto tra l’online e la vita di tutti i giorni, aprendo una bella breccia nel fronte di chi considera la Rete l’anticamera della solitudine.
La scintilla, tre mesi fa, quando Federico Bastiani, che ha 36 anni, si occupa di marketing ed è giornalista freelance , stanco di vedere il figlio ancora piccolo giocare sempre da solo, creò un gruppo chiuso su Facebook alla ricerca di coetanei, possibilmente vicini di casa, meglio se residenti in via Fondazza. «In poche settimane – racconta – avevo già ricevuto una novantina di adesioni: da lì è partito tutto». Un tempo li chiamavano «rapporti di buon vicinato». L’idea di Social Street, in sostanza, è tutta qui. Non c’è dietro un’invenzione geniale. A meno di non considerare tale la riscoperta del valore di conoscere gli altri, a cominciare da chi vive sul tuo stesso pianerottolo. Una conoscenza che parte dal web, magari perché cerchi un cacciavite o un dentista o vuoi liberarti di un vecchio mobile. Poi diventa contatto reale. Amicizia, comunanza di interessi, scambio di professionalità, opportunità cul-turali. Come spiega Luigi Nar-dacchione, 63 anni, ex diri-gente di una multinazionale farmaceutica, ora in pensione, «la filiera dalla quale nasce tutto è la seguente: dal virtuale al reale al virtuoso». Complicato? No, concreto. «Il primo post al quale ho risposto – ricorda Bastiani – era quello di una coppia che cercava un seggiolino da auto per bimbi». Altri hanno invece scoperto di condividere la passione del trekking ed è nato un gruppo. Alcune mamme si ritrovano per far giocare insieme i loro bimbi. Un cinema della via apre ogni mattina per madri con fi-gli piccoli e passeggini. Alcuni negozianti distribuiscono agli anziani moduli dove indicare le loro principali esigenze. C’è chi va a teatro e chi si scambia aiuti. «L’obiettivo non è mai economico: qui non si dà per avere in cambio, si dà e basta. Non siamo la banca del tempo. E neanche la Caritas. Tutto nasce dal concetto di conoscere chi ti sta attorno: quasi banale nella sua virtuosa semplicità…».
La socialstreet-mania dilaga a Bologna, dove sono già 18 le strade che si sono organizzate. Non mancano le insidie. Attorno a quelli di via Fondazza, arrivati a 900 iscritti, cantano sirene non del tutto disinteressate. La politica, guarda caso: «Qualcuno ci ha contattato, offrendo fondi e spazi, ma non se ne parla» confida Nardacchione. In compenso, quando c’è da affrontare una piccola vertenza con il quartiere o il Comune, «essere soli o in 900 fa la differenza». Ieri sera in via Fondazza hanno organizzato un Flash mob per scambiarsi gli auguri. Al pianoforte Matilde, al sax la madre Sabrina: loro in casa, gli altri per strada. L’hanno chiamato «concerto per piano e finestra». E poi qualcuno si stupisce se, come raccontano, l’effetto Social Street ha fatto salire perfino il valore delle case in via Fondazza.
fonte corriere.it di Francesco Alberti