Con la prefazione di Marco Travaglio, il recentissimo libro del Magistrato Giovanni Spinosa, “L’Italia della Uno Bianca”, pubblicato dalla Casa Editrice Chiarelettere, febbraio 2012, è una ricostruzione dettagliata e puntuale delle imprese criminali degli uomini della Uno Bianca (82 colpi in Emilia e Romagna, 23 morti, decine di feriti, otto anni di sangue dal 1987 al 1994).
Il giudice Spinosa, oggi Presidente del Tribunale di Teramo, rivisita quell’ epoca e quei delitti perché, quando l’Emilia e Romagna fu scossa da immani crimini, era PM a Bologna, delegato a seguirne le indagini. Poi, però, dopo l’arresto dei Savi, nel 1994, le piste che stava seguendo non collimavano con quelle della Polizia, attestata sulla linea minimalista della banda familistica che rapinava, sparava, ammazzava per scopi di lucro. Fu così esonerato dalle indagini, e queste, da allora, furono coerenti con il racconto dei Savi, il tutto poi cristallizzato da sentenze definitive. Secondo Spinosa, in questo vastissimo vero e proprio progetto eversivo, il ruolo dei Savi (Roberto, capopattuglia dei 113 della Questura di Bologna, Fabio,camionista, e Alberto, Poliziotto del Commissariato di PS di Rimini, aiutati da un nucleo di altri Poliziotti infedeli) si riduce a quello di trafficanti-fornitori di armi e di esecutori materiali di rapine sanguinose, ma sempre sotto una direzione esterna, una sfuggente se non misteriosa eterodirezione. Quale, poi, cosa non trascurabile, fu il ruolo della Falange Armata, sigla di rivendicazione di molti fatti gravissimi commessi dalla Banda della Uno Bianca ma anche dalla Mafia? Tra queste rivendicazioni, ricordiamo, tra le altre, per nostra comune memoria, in quegli anni, l’uccisione dell’educatore del carcere di Opera, in provincia di Milano; a Bologna, il tristemente noto agguato vigliacco a tre Carabinieri al Pilastro; l’uccisione dei Magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino; le esplosioni di autobomba in Via Ruggero Fauro, a Roma, in via dei Georgofili, a Firenze, nei pressi della galleria degli Uffizi; a Roma, il rinvenimento di potente ordigno a Via dei Sabini, a 100 metri da Palazzo Chigi; l’attentato a Padova durante la notte contro il Palazzo di Giustizia ed altri ancora, taluni anche inquietanti inviati per via telematica su siti importanti economici e istituzionali, di non larvate minacce allo Stato.
Altro libro che fa riflettere, come il precedente, sulle strategie della mafia, è quello del giornalista Giovanni Vignali, “La Primula Nera”, Editore Aliberti,2009, che racconta il ruolo del terrorista reggiano Paolo Bellini ( accusatosi di omicidi vari, tra i quali anche quello politico, dai contorni ancora non chiari, del giovane Alceste Campanile nel 1975), nelle stragi della mafia siciliana del ’93, alla luce delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Giovanni Brusca. Bellini, nel ‘92, a cavallo tra gli omicidi di Falcone e Borsellino, era stato incaricato dalla Polizia Giudiziaria di Firenze di recuperare opere d’arte rubate a Modena ,racconta Vignali. Lui, per adempiere alla missione, si recò in Sicilia, per parlare col braccio destro di Totò Riina, Antonino Gioè, che aveva conosciuto in carcere. Gioè gli disse che la mafia non era in possesso dei quadri rubati a Modena, ma di altri sottratti a Palermo. A quel punto nacque una trattativa: il braccio destro di Riina si disse disposto al recupero delle opere rubate nel capoluogo siciliano, in cambio di benefici carcerari per i boss condannati nel maxi-processo. Sarebbe proprio durante i famosi colloqui tra Gioè e Bellini continua il giornalista che si svilupparono i ragionamenti sul cambiamento della strategia mafiosa contro lo Stato. Infatti, Brusca, che aveva spiato i due, ha riferito che sarebbe stato Bellini a introdurre il famoso discorso: “ Se voi uccidete un giudice lo Stato lo sostituisce, ma se colpite la torre di Pisa, il danno per il Paese è peggiore”. Da queste dichiarazioni, si evince che la Primula Nera avrebbe avuto un ruolo importante nella stagione di stragi del ‘93 contro il patrimonio artistico italiano. Un anno dopo dai suoi viaggi in Sicilia, Bellini si sentì isolato e scappò in Portogallo. Erano stati intanto uccisi Falcone e Borsellino e Riina era appena stato arrestato. Il terrorista temeva vendette mafiose. Le affermazioni che ha fatto ieri (maggio 2012) Brusca, afferma Vignali in un’intervista, sono cose che aveva già detto e poi ritrattato. Le indagini su quella stagione in parte continuano, in parte sono state riaperte sulla base di nuovi elementi emersi (il cui contenuto è però in gran parte secretato). Ora, sul killer reggiano, il mafioso ha ribadito un concetto che sembrava aver abbandonato.
Ciò premesso, alla luce delle riflessioni che possono scaturire quando si parla o si legge di Mafie e Terrorismi, dobbiamo tutti chiedere, con serietà e fermezza, alle Istituzioni della Repubblica, se è stato fatto e si fa davvero di tutto per far piena luce sui tragici eventi che hanno offeso la coscienza dei Cittadini onesti, e questo senza Omissis, senza Se.. e Ma, ma senza, soprattutto, il ben noto principio di Omettere, Ritardare, Insabbiare.
Certo, in Italia di anomalie ce ne sono molte, in primis, la vera anomalia nostrana, è quella di pezzi di politica deteriore che con le mafie si sono interfacciate e anche ora sono colluse. Sappiamo tutti che se questo vincolo mostruoso non viene tagliato, la malapianta mai morirà, come è giusto, per asfissia. Depistante, per i Cittadini inconsapevoli, come anche recentemente sostenuto su questa testata, far credere che Cosa Nostra sia allo stremo perché alcuni commercianti coraggiosissimi, che meritano rispetto, ammirazione ma soprattutto protezione, abbiano denunciato il pizzo, come spesso emerge dai media. La lotta alle mafie non si può ridurre al numero di scagnozzi latitanti arrestati, perchè la Magistratura e le Polizie, per intervenire in maniera efficace, devono avere strumenti adeguati. Per esempio, in Italia, il reato di autoriciclaggio non è contemplato, quindi se un mafioso ricicla in proprio i guadagni delle proprie attività criminali non è punibile, mentre se si affida ad altra persona, quest’ultima è passibile di riciclaggio. Il fatto, poi, che il politico elargisca favori alla criminalità (appalti, partecipazione ad affari etc.) in cambio di voti elettorali non è considerato reato ( art.416 ter Codice Penale sul voto di scambio), salvo non si sia verificato un vera e propria elargizione di denaro sonante e frusciante. Ancora, il recente Codice Antimafia, varato questa estate, non è certamente la soluzione tanto attesa! In particolare, tra le altre carenze già descritte da chi scrive,nel sequestro e poi confisca dei beni, si è depotenziato il quadro normativo, allineandosi inopportunamente alle norme per le procedure fallimentari le cui finalità sono ben diverse, perché sono quelle specifiche di liquidare comunque i beni, mentre lo spirito della misura di prevenzione è di mantenerli in vita, soprattutto se si tratta di beni che possono fruttare come le aziende. Si è voluto, infatti, offrire un non richiesto garantismo nei riguardi dei creditori (ad esempio le Banche, non infrequentemente disinteressate agli interessi criminali) con pericolo di vendere un bene di elevato valore unicamente per soddisfare crediti di non grande entità! Quindi, uno sfacelo, che snatura la legge preesistente ( che recepiva le intuizioni di Pio Latorre, dalla Chiesa e Falcone: scusate se è poco!) che favoriva l’utilizzo sociale del bene anche per .risarcimento emblematico del territorio a ristoro della presenza mafiosa.
Nei giorni scorsi, il Parlamento Europeo di Strasburgo ha approvato l’istituzione della prima Commissione Parlamentare Antimafia Europea della storia. Un risultato straordinario, che arriva al termine di un lavoro iniziato nel 2010 e conclusosi il 25 ottobre scorso con l’approvazione, all’unanimità, della risoluzione sul crimine organizzato dell’Unione Europea, della quale la combattiva e bravissima Sonia Alfano, Europarlamentare, figlia di Vittima di Mafia, è stata relatrice unica. Ciò significa che le istituzioni europee non hanno intenzione di indietreggiare rispetto al crimine organizzato, spiega l’On. Alfano, il cui contrasto rappresenta una priorità! Il mandato è quello di studiare il fenomeno criminale organizzato a livello transnazionale e di elaborare un vero e proprio piano per il contrasto europeo alle mafie, alla corruzione e al riciclaggio di denaro.
Quindi, dall’Europa, un segnale forte di speranza anche per il futuro della nostra amata Italia, alla cui difesa dobbiamo tutti sentirci impegnati, soprattutto i più giovani, con forte azione di controllo e attenta vigilanza!