Roma, 22 novembre 2018 – A gennaio scorso il grande Procuratore Nicola Gratteri, in TV, commentando l’ “Operazione Stige” disse: “Questa di oggi è la più grande operazione per numero di arresti degli ultimi 23 anni. È un’indagine da portare nelle scuole di Magistratura per spiegare come si fa un’indagine per 416 bis del C.P. Ben 169 arresti, che vede al centro dell’inchiesta le attività criminali della cosca Farao – Marincola, una delle più potenti della Calabria con ramificazioni anche nel Nord e Centro Italia (in particolare Emilia Romagna, Veneto, Lazio, Lombardia) e in Germania (dove nel 2007 ci fu la strage di Duisburg.), che fa capo a Giuseppe Farao, 71enne di Cirò (kr). Uno scenario già evidenziato dalle indagini della Procura Antimafia nei primi anni Novanta poi sfociate nell’ operazione “Galassia””.
Si, l’ “Operazione Galassia“, da me ben conosciuta in quanto in quegli anni ero Comandante Provinciale di Catanzaro, con la Provincia Madre non ancora tripartita con Crotone e Vibo Valentia. Nicola Gratteri, un Magistrato che da trent’anni è in prima linea nella lotta contro la mafia calabrese, e Antonio Nicaso, scrittore e Docente universitario che anche lui da trent’anni anni la studia e la analizza in ogni suo aspetto, ricostruiscono in dettaglio nell’interessante libro che stiamo recensendo, tutte le fasi evolutive della ‘Ndrangheta e raccontano come, lungo un’ininterrotta e feroce sequenza di delitti e omicidi, di violenze e sopraffazione, si è trasformata da cosca regionale eversiva e parassitaria in sistema di potere e di governo del territorio, che sta infiltrando e inquinando pericolosamente la politica e l’economia nazionale e internazionale. Se un tempo i suoi affiliati andavano a dorso di mulo, rubavano bovini ed equini e l’unica risorsa di cui disponevano era la violenza, oggi la ‘Ndrangheta (in Premessa..) è l’organizzazione criminale più ricca e più potente al mondo, con un fatturato annuo di diverse decine di miliardi di euro, in gran parte provenienti dal traffico internazionale di cocaina. Grazie alla sua enorme capacità di stringere relazioni con il potere, si è infatti radicata in quasi tutti i continenti e ha assunto una dimensione «globale», in un singolare connubio di tradizione e adattabilità, forza d’urto e mediazione, logiche tribali e cointeressenze politico-finanziarie. Ma è anche, incredibilmente, l’organizzazione mafiosa meno conosciuta, tanto che non molti anni fa, prima della strage di Duisburg in Germania (2007), era ancora considerata una versione casereccia e «stracciona» di Cosa nostra. L’intervento pubblico nel Mezzogiorno (da pag.106..) è il “motore” che, assieme all’emigrazione, manda in frantumi un intero ordinamento economico e sociale. La trasformazione postbellica negli anni ’60 condiziona fortemente anche la ‘Ndrangheta, che scopre di avere una spiccata vocazione imprenditoriale. Sono gli anni in cui ricorre al tritolo per taglieggiare le imprese che si aggiudicano i lavori dell’ultimo tratto dell’Autostrada Salerno-Reggio Calabria. Del resto, sono oltre 170 i miliardi previsti per la realizzazione della dorsale appenninica, quella striscia di cemento che dovrebbe rompere il secolare isolamento della Calabria. Una cifra enorme, alla quale si aggiungono i fondi della legge Pro Calabria – 345 miliardi di lire – stanziati dal Governo per le opere di sistemazione idraulico-forestali in una terra continuamente sfregiata da frane e alluvioni. A metà degli anni Sessanta i Di Stefano (da pag.109), come tanti altri boss si trovano a gestire le nuove rotte del contrabbando di sigarette. Sono proprio i sequestri di persona (da pag.113..) a far conoscere la ‘Ndrangheta fuori dalla Calabria. Il 10 luglio 1973 viene rapito a Roma Paul Getty III, nipote dell’uomo più ricco del mondo. È il diciottesimo ostaggio a finire nei covi dell’Anonima Sequestri. Per esercitare ulteriori pressioni sulla famiglia, decidono di tagliare un orecchio al giovane ostaggio. Il 15 dicembre 1973 Paul Getty III viene liberato. Nel gennaio 1975 viene arrestato Vincenzo Mammoliti, 31 anni, ventidue dei quali trascorsi in America… Nell’ambito della stessa operazione un mandato di cattura viene spiccato nei confronti di Saverio “Saro” Mammoliti, latitante.. Il 24 marzo 1974 viene arrestato il boss Girolamo Piromalli. Durante una perquisizione, gli trovano una banconota da centomila lire proveniente dal riscatto pagato per la liberazione del giovane Getty. Ma assumono valore strategico anche i comparaggi (da pag.120..): Domenico “Mico” Tripodo, diventa compare d’anello di Totò Riina, mentre Angelo La Barbera, altro potente boss di Cosa nostra, viene scelto come compare d’anello di una delle figlie di Antonio Macrì, boss di Siderno. In tale nuovo quadro di situazione, vi sono collaboratori che raccontano della possibilità di entrare a far parte delle logge deviate della Massoneria. Al riguardo, Filippo Barreca riferisce dell’esistenza in Calabria, sin dagli anni Settanta, di una “loggia massonica coperta, con strettissimi legami con la mafia siciliana, cui appartengono professionisti, rappresentanti delle istituzioni, politici e ‘ndranghetisti”. Il 3 luglio 1975 viene ucciso, a Lamezia Terme, Francesco Ferlaino, Avvocato Generale presso la Corte d’Appello di Catanzaro (da pag.137..), da due scariche di lupara esplose da un’auto con a bordo tre uomini a viso scoperto. È il primo delitto eccellente in Calabria, destinato purtroppo a rimanere impunito. Una delle ipotesi investigative porterebbe a far credere a un omicidio maturato tra le pieghe delle logge massoniche deviate. Secondo il collaboratore di giustizia Giacomo Lauro, Ferlaino – che a suo dire era massone – aveva cercato di ostacolare il progetto elaborato da Licio Gelli, e in via di progressiva attuazione, specialmente al Sud, che prevedeva l’accaparramento di ogni affare vantaggioso, a prescindere dalla sua liceità. In sostanza, Ferlaino si opponeva alla degenerazione della massoneria, con la costituzione di logge segrete sfuggite al controllo degli organismi istituzionali massonici e diventate ben presto luogo di incontri criminali. A chiedere a Barreca di ospitare nella propria abitazione il terrorista nero Franco Freda, dopo la fuga da Catanzaro, dove era imputato per la strage di Piazza Fontana, erano stati Paolo De Stefano e il cugino Paolo Martino. Freda verrà poi arrestato in Costa Rica nell’agosto 1979. Poco prima dell’omicidio Ferlaino, il Consiglio Superiore della Magistratura aveva aperto un’inchiesta, inviando in Calabria una Commissione. In quella circostanza era stato audito anche il Magistrato Ferlaino, il quale aveva denunciato di essere esposto a grossi rischi e affermato di non poter aggravare la sua posizione con ulteriori dichiarazioni a carico di personaggi altolocati e inseriti in settori nevralgici della macchina statale, quali politici, Avvocati, Magistrati, membri delle Forze dell’Ordine e persino Parlamentari. Nella sua relazione finale, che consta di 45 cartelle, la Commissione di inchiesta accenna a possibili e pesanti infiltrazioni mafiose nella Magistratura e nella politica. Succede, però, qualcosa di imprevedibile. Nel novembre 1975 il consigliere Buono, che faceva parte della Commissione in parola, denuncia la scomparsa del dossier con relativi allegati dal suo studio privato in Roma. Un epilogo che conferma la pericolosità sociale della ‘Ndrangheta e dei suoi alleati istituzionali. Dopo l’eliminazione della vecchia guardia, Paolo De Stefano è ormai in grado di esercitare una forte egemonia criminale non solo in Calabria, ma anche nel resto del Paese (da pag.156). Costruisce una fitta ragnatela di rapporti con Raffaele Cutolo e la Nuova camorra organizzata di Napoli, con Nitto Santapaola a Catania, con la banda della Magliana a Roma e con il grande contrabbandiere Dante Saccà a Genova. Il suo contatto con la grande criminalità romana è Gianfranco Urbani, detto “er Pantera”, con il quale era stato fermato nel 1975 dalla Polizia nel ristorante ‘Il Fungo’, all’EUR, dove erano presenti anche Saverio Mammoliti, Giuseppe Piromalli, Pasquale Condello, Giuseppe Nardi e Mario Vitale. Un altro contatto importante di quegli anni è Enrico Nicoletti, che era in ottimi rapporti con Enrico De Pedis, finanziatore del faccendiere Flavio Carboni e implicato nell’oscura vicenda del pagamento per la liberazione dell’Assessore regionale democristiano della Campania Ciro Cirillo, sequestrato dalle Brigate Rosse nell’aprile 1981. Da lì a qualche anno questa ‘Ndrangheta uccide a Torino il Procuratore della Repubblica. È il 26 giugno 1983 quando viene ammazzato Bruno Caccia, un Magistrato che aveva deciso di fare il proprio dovere (da pag.159..). O meglio, come confermerà molti anni dopo la Cassazione, perché “ostacolava la disponibilità altrui”, ovvero la disponibilità di altri Magistrati verso la ‘Ndrangheta. In carcere finisce Domenico Belfiore, il boss di uno dei clan di Gioiosa Ionica. Dopo l’omicidio Caccia, il primo è unico Magistrato ucciso al Nord da un’organizzazione mafiosa, i boss della ‘Ndrangheta decidono di alzare il tiro anche in Calabria. Il 6 febbraio 1985 viene trucidato il Brigadiere Carmine Tripodi, da tre anni al Comando della Stazione dei Carabinieri di San Luca (Reggio Calabria) che si era occupato delle indagini su alcuni sequestri di persona, come quelli dell’ingegnere Carlo De Feo, rapito nel 1983 nel napoletano e liberato un anno dopo a Oppido Mamertina, in Calabria, e di Giuliano Ravizza, il “Re delle pellicce”, rapito a Pavia il 24 settembre 1981 e liberato in Aspromonte, dopo tre mesi e il pagamento di un ingente riscatto.
Nel 1985 scoppia anche la seconda guerra di ‘ndrangheta. Ad armare i boss più potenti di Reggio è la prospettiva di accaparrarsi appalti e subappalti per la realizzazione del ponte sullo Stretto, la plurisecolare idea di congiungere la Sicilia al “continente”. Sono in molti a sperare che quel ponte finalmente si faccia. All’alba del 27 agosto 1989 viene ucciso anche Lodovico Ligato, l’ex presidente delle Ferrovie dello Stato, un omicidio imbarazzante per il mondo politico (da pag.166..). La Democrazia cristiana, nelle cui file Ligato era stato più volte eletto in Parlamento, evita ogni presa di posizione. Solo Oscar Luigi Scalfaro rompe la consegna del silenzio: “Ligato era un nostro uomo, non possiamo far finta che non sia successo nulla”. I suoi funerali vengono disertato da tutti. Gli inquirenti scavano negli oscuri intrecci legati al controllo degli appalti pubblici, ma soprattutto nel perverso abbraccio tra politica, massoneria e ‘Ndrangheta.
Poi improvvisamente scoppia la pace.
Anzi più che di pace si tratta di un patto di non belligeranza: la seconda guerra di ‘ndrangheta si conclude senza vincitori né vinti, ma con la volontà unanime di mettere da parte le armi per concentrarsi sui grandi traffici di droga. Nel 2010 scatta un’operazione destinata a rimanere nella storia. Denominata “Crimine-Infinito”, è un’indagine che si snoda lungo le due direttrici, quella lombarda e quella calabrese. Entrambe contribuiscono a dimostrare, per la prima volta, l’esistenza di un organismo di coordinamento, chiamato appunto “crimine” o “provincia”, in grado di dirimere le controversie e di garantire il rispetto delle regole (da pag.186). L’operazione “Infinito”, oltre a individuare e a colpire decine di ‘ndranghetisti radicati in Lombardia, spazza via decenni di sottovalutazione, iniziati con il sindaco Paolo Pillitteri (“La mafia è una favola”) e proseguiti con Letizia Moratti la quale, poco prima dell’operazione, aveva negato l’esistenza a Milano di una “criminalità mafiosa” e riconosciuto, al massimo, la presenza di una generica “criminalità organizzata”. Oggi negli Stati Uniti la ‘ndrangheta è una delle organizzazioni più temute ed è presente in almeno sette Stati (da pag.203..). Oggi la Calabria è presidiata da 160 cosche che contano almeno 4389 affiliati, pari allo 0,24% della popolazione regionale. Di questi, 2086 sono presenti in provincia di Reggio Calabria (0,38%) e 2303 nel resto della regione (0,16%). Quanti siano gli ‘ndranghetisti nel resto d’Italia e nel mondo è difficile dirlo. Comunque parecchie migliaia, soprattutto se si tiene conto degli insediamenti di più lunga data come quelli in Australia, Stati Uniti e Canada.
Negli ultimi tempi (da pag 217), gli investigatori hanno notato un maggiore protagonismo delle bande albanesi nel traffico internazionale di droga, e si ritiene che sia stata proprio la ‘Ndrangheta ad accreditarsi con i suoi partner colombiani e boliviani. Ma questa è una storia che solo il futuro potrà scrivere. Se così fosse, la ‘ndrangheta avrebbe più tempo da dedicare al governo del territorio.
Nel buio di una regione dimenticata dall’agenda di governo, la ‘ndrangheta è ormai diventata un potere pervasivo e invasivo. È, insomma, una ‘Ndrangheta proiettata verso ambiti criminali sempre più raffinati. Con sempre maggior frequenza durante le indagini emergono elementi riconducibili a logge massoniche più o meno deviate, a Ordini cavallereschi, a relazioni sociali, riconducibili e paraistituzionali. Nel 2012, ignaro di essere intercettato, Nicolino Grande Aracri ammette di far parte dei Cavalieri di Malta. “E lì ci sono proprio sia ad alti livelli istituzionali e sia ad alti livelli di ‘ndrangheta..”. Secondo alcuni collaboratori di giustizia, ci sono anche logge massoniche che consentirebbero l’affiliazione di boss senza che il loro nome risulti negli elenchi condivisi con le Prefetture. Li chiamano “sacrati sulla spada”, nomi destinati a rimanere confidenziali, appena sussurrati nell’orecchio del Maestro Venerabile. È una ‘ndrangheta che tende a muoversi sempre più sottotraccia. È meno visibile, più sommersa.
Ma è la politica l’aspetto più inquietante. Dapprima in Calabria e oggi anche nel resto del Paese, è sempre più difficile distinguere tra potere istituzionale e potere criminale, tra lecito e illecito, tra economia pulita e economia sporca. Un tempo si faceva distinzione tra ‘Ndrangheta e politica. Erano due mondi separati, anche se comunicanti. Oggi quella congiunzione rischia di diventare una forma verbale.
Ci rendiamo conto di cosa è accaduto ai danni della società civile? Di quanti hanno operato contro mafia e colletti bianchi in Calabria? Che aggiungere? Proprio nulla… se non invitare da questa testata che si ispira ai valori di civiltà democratica del sommo pensatore Gaetano Salvemini.. l’ alta Politica a trarre le debite necessarie conclusioni.
È l’Italia che lo chiede… magari al di fuori dei soliti vacui proclami delle pirotecniche e.. inutili… perpetue campagne elettorali…
Sia chiaro: con la sicurezza dei Cittadini onesti, non si gioca più!