Storie gloriose dell’Arma Benemerita che vanno conosciute … con personali ricordi…

Roma, 24 agosto 2019 – Nella presentazione del volumetto di nobile storia patria ”Musy L’irrefrenabile”, il validissimo e colto Comandante della Compagnia dei Carabinieri di Feltre (BL), Capitano Antonio Cavalera, da me ben conosciuto e apprezzato durante il mio triennio di permanenza al Comando della Regione Veneto (da appena due mesi in congedo nel meritato grado di Colonnello), scrisse: “Quando nel settembre del 2006 il Comando Generale dall’Arma mi conferì l’incarico di Comandante della Compagnia Carabinieri di Feltre, nella mia mente scorsero molti pensieri. Tra questi la figura di mio Nonno paterno, che si chiamava proprio come me (Antonio Cavalera) quando giovinetto si ritrovò a difendere i confini della Patria sulle rive del Piave, durante il primo funesto conflitto mondiale. Riflettei anche sul fatto che in questa Città l’Arma giunse nientemeno che nel 1866, quale glorioso avamposto del Regno d’Italia, insediandosi proprio nell’attuale edificio del Comando Compagnia, subentrando ai precedenti inquilini, i gendarmi asburgici. Provai pertanto una certa emozione nel varcare la porta di una Caserma a dir poco storica se si considera che sono trascorsi 142 anni da quando l’allora Luogotenenza dei Reali Carabinieri iniziò a svolgere i propri compiti a salvaguardia delle istituzioni e di tutela dei diritti dei cittadini. Tutto questo ha stimolato in me curiosità e voglia di scoprire anche gli aspetti inediti dell’Arma di Feltre, fino al punto di imbattermi nella storia che sto per raccontarvi. Quella di in un uomo eccezionale, di una persona speciale proprio per la sua semplicità, per la sua modestia e per l’altruismo con cui ha affrontato uno dei periodi più tragici del nostro Paese. Un militare animato da nobili sentimenti di giustizia e di libertà, perseguiti con passione, tenacia e raffinata intelligenza. Una personalità unica e uno spirito romantico quanto cavalleresco…”
Nel contesto delle iniziative per il 63° anniversario della Liberazione, il Comune di Feltre, su proposta e con la collaborazione della Compagnia dei Carabinieri di Feltre e della Regione Carabinieri Veneto propose, per giovedì 24 aprile 2008, alle ore 18.00, nella Sala degli Stemmi del Palazzo Municipale, la commemorazione del Tenente dei Carabinieri Loris Musy (Musy, “l’irrefrenabile”), che costituisce una delle figure meno note, ma parimenti importanti, della Resistenza feltrina.
Alla significativa manifestazione erano presenti i due Figli di Musy, Dario e Alfredo (cari miei amici sin dai tempi giovanili..) . Fu proprio il primogenito, nato proprio a Feltre nel 1942, a ricordare le peculiari doti paterne, sottolineando la preziosità della persona che ha saputo trasmettere i propri ideali…Nel suo intervento iniziale, il grande Sindaco Gianvittore Vaccari, ne colse una personalità molto legata alla nobile Città, cui seguirono brevi interventi del Prefetto di Belluno, Provvidenza Raimondo, e mio, soffermandomi sul termine dannunziano di “Irrefrenabile..”. Cavalera ne ha ripercorso e rivelato, quindi, l’altissimo valore. Loris Musy nacque a Gragnano (NA) il 30 luglio 1912. Laureatosi in Giurisprudenza svolse il servizio militare come Ufficiale del glorioso Complemento nell’Arma dei Reali Carabinieri. Durante la seconda guerra mondiale fu richiamato alle armi con l’incarico di Comandante della Tenenza di Feltre, per poi essere inviato nei Balcani nel 1942. Nel gennaio del ‘43 rientrò a Feltre. Durante l’occupazione tedesca, ovvero dopo l’11 settembre 1943, continuò a svolgere la sua funzione di Comandante della caserma di Feltre riuscendo a costruire un difficile rapporto fiduciario con il Comando della Gendarmeria e con il Comandante della guarnigione germanica presenti in città. Da quel momento iniziò a svolgere un silenzioso e costante lavoro informativo a sostegno delle Brigate Partigiane che operavano sulle vette feltrine, fornendo determinanti notizie alla Resistenza, grazie alle quali fu possibile evitare l’individuazione e la cattura di molti esponenti della stessa. Quando il Fascio di Feltre venne a conoscenza dell’effettiva attività svolta da Musy, lo denunciò al Comando tedesco che lo fece prima controllare dalle SS e successivamente destituire ed arrestare dalla Gestapo. Il 4 ottobre 1944 fu internato nel Campo di concentramento di Bolzano insieme ad altri 113 feltrini. Durante la sua permanenza nel Lager, nominato capo blocco, continuò a svolgere la sua opera di sostegno nei confronti dei feltrini reclusi, tutelandoli in tutti i modi possibili. Tornato a Feltre, dopo la liberazione, fu nominato membro della Commissione di Giustizia del Comitato Nazionale di Liberazione. Numerosissime le testimonianze raccolte nei suoi confronti, dalle quali emerge – oggi – l’altissimo spessore umano e militare di Musy, il quale con la sua silenziosa e coraggiosa opera di sostegno riuscì ad aiutare e a salvare molte vite umane, ben cosciente dei rischi cui esponeva la sua persona e la sua famiglia. Promosso Capitano lasciò definitivamente Feltre e congedatosi a causa di una grave malattia contratta durante il suo internamento divenne funzionario di un importante istituto di credito prima a Napoli e poi a Roma, dove morì il 21 luglio 1987. Il 6 giugno del 2010, a seguito della manifestazione suesposta, e di conseguenti importanti iniziative anche politiche, alla Festa dell’Arma, a Padova, venne consegnata al figlio Dario la Medaglia di Bronzo al Merito Civile alla memoria dell’avv. Loris Musy, Questa la motivazione:
“Comandante di Tenenza Carabinieri in zona di occupazione tedesca, evidenziando eccezionale senso di abnegazione e sprezzo del pericolo, evitò nel corso di alcuni rastrellamenti la cattura di partigiani e militari italiani e inglesi in fuga, prodigandosi, altresì, presso le Autorità militari locali per la liberazione di ufficiali italiani che non avevano aderito alla Repubblica sociale. Denunciato alle autorità tedesche e deportato nel campo di concentramento di Bolzano, con generoso slancio ed esemplare altruismo, si adoperò per alleviare le sofferenze dei compagni reclusi, tutelandoli dalle privazioni e dalle violenze fisiche. Chiaro esempio di virtù civiche ed elevato senso del dovere. Settembre 1943 – Maggio 1945 / Belluno e Bolzano”.

Ricordiamo che l’Arma partecipò alla Resistenza con circa 14 mila militari che compirono innumerevoli atti di valore.

Ancora, rimanendo nell’amata Terra veneta, voglio ricordare nuovamente l’eroica tragica storia di Luigi Giarnieri, del quale ho preso visione di copia di documenti originali riferiti ai suoi trascorsi. Classe 1920, Napoletano, già Comandante della Tenenza di Tarvisio, prestò servizio presso il Gruppo Autonomo CC.RR. alle dipendenze del Ministero della Difesa Nazionale del Governo di Salò che aveva sede in Asolo, nella Villa Volpi. Negli ultimi mesi del ’43, prese i primi contatti con il movimento partigiano, con grave rischio personale, intervenendo d’iniziativa in alcune inchieste salvando decine di patrioti dal plotone di esecuzione. Profondamente convinto della giustezza della causa di liberazione, nel giugno ’44 abbandonò con i suoi uomini Villa Volpi, portandosi sul Grappa ed assumendo l’incarico di Aiutante Maggiore della formazione Partigiani “Italia Libera” inquadrata nella “Brigata Matteotti”.
Nella notte tra il 19 ed il 20 settembre 1944, 20.000 uomini accerchiarono il Grappa per dare la caccia a 1.000 partigiani. Le truppe attaccanti erano costituite da quattro Divisioni tedesche, due di Brigate Nere ed altri reparti minori. Giarnieri fu ferito e venne catturato la notte seguente. Condotto al comando di Paderno del Grappa, fu torturato inutilmente per due lunghi giorni; alla fine i suoi aguzzini decisero di impiccarlo, per dare un esempio. La mattina del 24 settembre, alle 7,30, il prigioniero fu portato a Crespano del Grappa per essere impiccato nella Piazza San Marco. Fu lui stesso a indicare ai cinque uomini della scorta un uncino, vicino a un negozio di frutta e verdura, adatto all’impiccagione. Morì gridando “VIVA L’ITALIA!”, con al collo un infame cartello con la scritta “ERO RIBELLE E QUESTA E’ LA MIA FINE”. Ancora oggi è emozionante, a distanza di tanti anni, leggere la motivazione della Medaglia d’Argento al Valor Militare “alla Memoria” concessa al giovane Eroe della Patria quando si entra nella bella caserma di viale Europa, a Belluno, sede del Comando Provinciale dell’Arma, a Lui intitolata.

Lassù, sul vicino Montegrappa, sacro alla Patria, estremo baluardo contro l’invasore nella Grande Guerra, la gloria dei Padri si unisce a quella dei Figli che del venerato Monte ne hanno fatto emblema di ferrea, cosciente, impari lotta, apponendovi un ideale “Orifiamma” con la scritta: “LIBERTA!”. Nessuno dimentichi che nel settembre del ’44 vi combatterono, oltre ai valorosi Camerati Fratelli Alpini d’Italia, anche i Carabinieri, 16 dei quali caduti, fedeli al Dovere..

Concludendo, Uomini come i Tenenti Loris Musy e Luigi Giarnieri, con i loro Carabinieri, vanno onorati perché hanno dato tutto della loro bella giovinezza per la più nobile Causa… quella della Patria libera e democratica… ancora oggi da tutelare e salvaguardare..!!

Carabiniere Raffaele Vacca, Generale di Divisione (ris.)

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