“Uno – dice il Procuratore Aggiunto di Reggio Calabria, Nicola Gratteri – che potremmo paragonare a una sorta di presidente della Repubblica delle cosche”.
Buon amico di Giuseppe Morabito, alias “u Tiradrittu”, signore di Africo e di mezza Milano. Capo criminale, ma anche carisma diplomatico per dirimere faide e sangue come fu nel 2007 dopo la strage di Duisburg, in Germania. Comanda sull’intero pianeta, fa affari in Russia e in Australia, investe in Sudafrica, costruisce in Francia e in Scozia, traffica droga con i cartelli colombiani. Da anni, ormai, compete in forza, autorevolezza, ricchezza, con Cosa nostra. In politica non punta a Roma ma alla periferia, comune dopo comune, regione dopo regione, dove i soldi sono reali, gli appalti anche, i ricavi pure. Il libro così s’immerge nei paesaggi meravigliosi che circondano San Luca e Platì, allungandosi in alto verso i luoghi dei sequestri di persona, ma anche luoghi di stupefacente bellezza. E poi c’è lo straordinario lavoro d’archivio attraverso il quale l’autore affonda le mani in faldoni vecchi di cent’anni per ricostruire, decifrare, capire uno dei personaggi più enigmatici della ‘ndrangheta, sino alla sua cattura definitiva nel 2009, da parte dei Carabinieri del ROS di Reggio Calabria, comandati dal Colonnello Valerio Giardina, mentre era ricoverato all’ospedale di Locri.
Avendo già letto il libro, posso testimoniare il gran lavoro di ricerca dell’autore….soprattutto perché mette in luce l’encomiabile attività dell’Arma in Terra di Calabria. Ecco alcuni punti salienti.
-…Ci sono stati investigatori (pag 11) protagonisti delle vecchie stagioni di ‘ndrangheta che non hanno voluto incontrarmi. Ma ci sono stati anche investigatori, dai Marescialli ai Capitani, che hanno condiviso con me le loro straordinarie qualità umane e professionali; mi hanno aiutato a leggere tra le carte delle inchieste, mi hanno permesso di partecipare, anche per qualche giorno, alla lotta alla ‘ndrangheta. Ho cercato famiglie di sequestrati…
-Gli anni trenta (pag.23) furono un’interminabile stagione di fatica per il Brigadiere Giuseppe Guglielmi, Comandante della Stazione di San Luca. Quasi pareva che il paese intero si fosse messo d’accordo per tirarlo pazzo…. non tagliava corto nel formulare ipotesi, non si sbilanciava mai in giudizi, nemmeno al riparo dei corridoi nella stazione Carabinieri… Era il primo a sapere che la prudenza a San Luca è più utile di una rivoltella e gli scrupoli più importanti delle manette….
– facendo riferimento, ancora, agli anni ’30-’40… Era lo Stato (pag.44), identificato nei “maledetti Carabinieri”: ragazzini che arrivavano dalla Sicilia o addirittura dal Lazio, dall’Emilia e Romagna, dal Veneto. Cosa ne sapevano loro di San Luca? Erano invasori. Fottute spie, che si travestivano da cacciatori con tanto di cani al seguito…..Quei Carabinieri, antesignani dei moderni infiltrati, annotavano posizioni di ovili, abbozzavano identikit.. al ritorno riempivano fogli di informazioni e mappe..
-Poi, agli inizi criminali di Antonio Pelle… quando (nel 1961) si presentò ai Carabinieri per raccontare una verità inattesa… Il Maresciallo non era una sprovveduto (pag.75), uno che faceva male il proprio mestiere. Era stato assegnato da poco alla Stazione di San Luca ma si era messo a studiare ogni pregiudicato e il suo album di famiglia…. ‘Ntoni Gambazza stava fermo… quel che doveva dire l’aveva detto… Era stato di poche parole, Pelle. Tre Carabinieri lo avevano ascoltato concentrati e lui non aveva dato possibilità di fraintendimento. Si era preso la colpa per intero. Aveva ammesso d’essere stato lui a far fuori Sebastiano Pizzata….
-Il Luogotenente Cosimo Sframeli (pag.107), Comandante della Stazione di Reggio Calabria centro, fu uno dei pochi militari che fin dall’inizio combatterono l’Anonima sequestri. Stagioni di sangue e orrore, di sacrifici, di inchieste sudate tra i continui grattacapi e le risorse contate. Ricordare quegli anni lontani provoca a Sframeli una feroce sofferenza interiore, che cela a fatica. Evocarli non è semplice, forse perché sa bene d’essere un sopravvissuto.
– In località Ancona, a Benestare, il 21 novembre 1977 (pag.115) i Carabinieri Antonio Lenza, Antonino Alati e Giuseppe Palmisani stavano perlustrando gli argini di una fiumara. Sentirono dei passi e intravidero un’ombra..Si misero all’inseguimento e all’improvviso il braccato fu raggiunto arrendendosi ai Militari. Era Antonio Pelle. Giuseppe Palmisani è uno dei Carabinieri che vissero quella notte di trentasei anni fa. Abita a Reggio Calabria e ha un figlio nell’Arma. Superata l’iniziale esitazione ha comunque riferito: “no, non mi ricordo davvero. Mi deve credere…la verità è che a quell’epoca c’era tantissimo lavoro, le catture si succedevano….ne abbiamo fatti tanti di arresti, tanti..”..
-A gennaio 1984..la morte del Brigadiere Tripodi (pag.142), assassinato a bordo della sua autovettura da colpi di pistola e di fucile. I killer poi orinarono addosso al cadavere….Tripodo si sarebbe dovuto sposare il mese dopo, aveva 24 anni. Ad oggi il delitto è ancora irrisolto. Quel Carabiniere aveva osato inceppare la fabbrica dei sequestri…un’attività che ha fatto fruttare ben quattrocento miliardi di lire. La ‘ndrangheta, famelica, non tollerava come non tollera intrusioni e interruzioni..-
Sui benemeriti “Cacciatori di Calabria”, reparto di eccellenza per le imprese difficili e per la cattura dei latitanti, sono dedicate le pagg 192 e 193…
– interessanti le analisi di importanti investigatori dell’Arma, quali il Maggiore Giuseppe Lumia e il citato Colonnello Valerio Giardina, che catturò con i suoi bravi Carabinieri “Il Patriarca”, oggi in altra sede dopo 20 anni di trincea in Calabria.
Insomma, un libro avvincente, trecento pagine da leggere come un bel romanzo poliziesco..;un libro che racconta della mafia più radicata anche in paesi stranieri, dove il profilo ontologico (cioè le sue strutture immutabili, oggettive e reali) è ai massimi livelli con la simbologia rituale. Pensare che la formula di giuramento dei nuovi affiliati fa riferimento alle regole dettate da tre mitologici cavalieri spagnoli del XV sec.; quindi, non liturgia arcaica, ma ancora attuale tanto che è stata pronunciata a Singen, in Germania, il 20 dicembre del 2009, come risulta dalle indagini concluse nell’estate del 2010 con le operazioni “Crimine” e “Infinito”. La strage di Duisburg, in Germania, del 15 agosto 2007, inquadrabile nella faida di San Luca cominciata 16 anni prima tra i Pelle – Vottari e i Nirta – Strangio, segna una svolta anche nel pianeta sicurezza europeo; è il giorno in cui la Nazione leader dell’Europa prende atto di realtà prima inimmaginabili.
Sulla criminalità organizzata calabrese, articolo del 15 Settembre 2014: “La ‘ndrangheta ringrazia!“.