Strage di Brescia del 1974… La terribile Notte della Repubblica…
Finalmente, da quel 28 maggio, la verità processuale, finalmente ottenuta, e verità indicibili
Roma, 1 giugno 2020 – Sulla “Strage di Brescia” iniziamo, riportando tratti dell’articolo del 28 maggio 2019 su Il Fatto Quotidiano di Gianni Barbacetto…
““Su piazza della Loggia ora sappiamo la verità…Il terzo processo, cominciato il 25 novembre 2008, ha come imputati Carlo Maria Maggi, il capo del gruppo neofascista Ordine nuovo nel Triveneto, e Maurizio Tramonte, giovane militante padovano di Ordine nuovo e nello stesso tempo informatore dei servizi segreti… La notte del 20 giugno 2017, la Corte di Cassazione conferma la sentenza d’Appello che nel 2015 aveva comminato l’ergastolo a Carlo Maria Maggi e a Maurizio Tramonte. La strage di Brescia (otto morti e oltre cento feriti) ha dei responsabili. La giudice milanese Anna Conforti scrive nella sua sentenza d’Appello che responsabili sono Maggi e Tramonte, ma che “altri parimenti responsabili hanno lasciato questo mondo o anche solo questo Paese, ponendo una pietra tombale sui troppi intrecci che hanno connotato la malavita anche istituzionale all’epoca delle bombe”.
La sentenza su piazza della Loggia è una decisione davvero storica perché permette finalmente di scrivere la storia della strategia della tensione non più al condizionale, ma all’indicativo… In Italia è stata combattuta una guerra segreta, che ha schierato eserciti invisibili, con inconfessabili sponde istituzionali e segretissimi accordi internazionali.
Il terrore delle bombe in una banca, in una piazza, in una stazione, su un treno, era l’ingrediente forte del menù di una “guerra non ortodossa”, “guerra psicologica”, la ‘lowintensity war’ teorizzata dai manuali di strategia della lotta al comunismo, che in Italia era più stringente perché qui passava la frontiera geopolitica tra i due blocchi.
Le “operazioni sporche” erano demandate agli “irregolari” dei gruppi neri. Maggi e il suo gruppo di Ordine nuovo, sono centrali in questa guerra, da piazza Fontana (1969) a piazza della Loggia (1974), passando dalla strage alla Questura di Milano (1973). Maggi è l’uomo che unisce le stragi. È condannato per quella di Brescia. Incrocia Carlo Digilio, unico reo confesso di piazza Fontana. Incrocia Gianfranco Bertoli, il falso anarchico che a Verona è “preparato” da uomini di Maggi a gettare la bomba davanti alla Questura di Milano.
Gli apparati di Stato vegliano silenziosi, servendosi di personaggi come Tramonte: “Io ero un ‘infiltrato’ nelle cellule neofasciste operanti nel Veneto”, diceva di se, “infatti mentre mi facevo passare dagli altri partecipanti per uno di loro, riferivo tutte le notizie rilevanti che apprendevo a un agente del Sid”. Ma era un infiltrato dei servizi nei gruppi neri o dei gruppi neri nei servizi? Un doppio gioco a senso unico””.
Sin qui Gianni Barbacetto…
Proseguiamo…Per quanto riguarda la sentenza assolutoria del 2012 sulla Strage di Piazza della Loggia, riportiamo quanto detto a caldo da Manlio Milani, Presidente dell’ Associazione Familiari delle Vittime subito dopo la lettura della sentenza: “…noi eravamo in piazza quella mattina…in questo processo le cose che mi hanno colpito sono state le reticenze, le falsità che hanno raccontato; stiamo ancora combattendo con un Parlamento che ti dice che sull’applicazione della Legge sul Segreto di Stato, a quattro anni dalla sua approvazione, non ci sono ancora i regolamenti applicativi. Non c’è volontà di affrontare quegli anni…”
In verità, Milani aveva ragione, perchè la Legge 3 agosto 2007 n. 124 sul “Sistema di Informazione per la Sicurezza della Repubblica e Nuova Disciplina del Segreto di Stato”, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 187 del 13 agosto, in termini di novità rispetto al passato, prevedeva un criterio di valutazione del danno che si vuole evitare con il ricorso al segreto di Stato, prescrivendo che esso debba configurarsi come tale da ledere gravemente la Salus Rei Publicae, cioè, il supremo interesse dello Stato. In tale quadro, la Legge ha introdotto anche nuovi casi di inopponibilità del Segreto di Stato.
Rispetto all’ipotesi già prevista dalla vecchia legge n. 801/1977 (il cui articolo 12 testualmente recitava che in nessun caso potevano essere oggetto di Segreto di Stato fatti eversivi dell’ordine costituzionale), costituiscono ora motivo ostativo anche i fatti di terrorismo e quelli costituenti i delitti di cui agli articoli 285, 416-bis, 416-ter e 422 del Codice Penale(nell’ordine: devastazione, saccheggio e strage; associazione di tipo mafioso; scambio elettorale politico-mafioso; strage).
In verità, una recente positiva novità c’è stata, quantomeno nella volontà dell’ Esecutivo di porre ordine alla delicata materia e di disciplinarne le procedure. Nella Gazzetta Ufficiale N.54 del 5 marzo 2012, infatti, è stata pubblicata una Direttiva del Presidente del Consiglio di Ministri, del 14 febbraio 2012, per l’attuazione delle disposizioni concernenti la tutela amministrativa delle informazioni coperte dal Segreto di Stato e degli atti relativi.
In particolare, il Capo del Governo, Senatore Monti, precisò che spettava a lui la decisione di confermare o eliminare il segreto di Stato, dopo 15 anni dalla sua apposizione. Dispose, quindi, che i Ministri dessero direttive nella competenza perchè le procedure, volte a sottoporre alle sue decisioni i provvedimenti in tema di Segreto di Stato, istruite per il tramite dell’UCSe (Ufficio Centrale Segretezza), e trasmesse all’Organo Nazionale di Sicurezza, fossero fornite di tutti gli elementi utili. Con la stessa procedura, le Amministrazioni avrebbero dovuto informare tempestivamente il Presidente del Consiglio dei Ministri di ogni singolo caso di opposizione del Segreto di Stato effettuata all’Autorità Giudiziaria da propri dipendenti o da soggetti sottoposti alla propria vigilanza, ovvero di fatti di cui fossero venuti, per qualsiasi motivo, a conoscenza.
Nella Direttiva, ancora, emergeva la necessità, fatto oltremodo importante, di effettuare le necessarie ricerche per assicurare che, sin dall’inizio dell’attività dell’Ufficio Inventario, fosse già disponibile un quadro completo di situazione dei Segreti di Stato ancora attuali.
Questa in breve, la storia giudiziaria della strage di Brescia. Nel 1975 furono inquisiti i neofascisti Ermanno Buzzi e Angelino Papa, nel 1979 condannati in primo grado. Già nel 1981 le cose cominciano ad ingarbugliarsi. Poco prima del processo d’Appello, infatti, Buzzi fu ucciso nel supercarcere di Novara da Mario Tuti e Pierluigi Concutelli, probabilmente perché voleva fare dichiarazioni scottanti…
Altre due istruttorie approdarono ad un nulla di fatto: nel 1987 vennero assolti gli estremisti di destra Cesare Ferri e Alessandro Stepanoff. Nel 1993 il Giudice Istruttore Gian Paolo Zorzi non riuscì ad accertare le responsabilità penali di un altro gruppo di neofascisti, fra i quali Giancarlo Rognoni. Nell’ordinanza di rinvio a giudizio Zorzi denunciò la protezione di esecutori e mandanti della strage a opera di Servizi Segreti e apparati dello Stato, evidenziando l’esistenza e costante operatività di una rete di protezione pronta a scattare in qualunque momento e in qualunque luogo. Passarono 15 anni prima che venissero rinviati a giudizio, nel 2008, altre persone (Pino Rauti, Delfo Zorzi e Carlo Maria Maggi, già inquisiti per la strage di Piazza Fontana) e, questa volta, anche un informatore dei Servizi. L’accusa di strage nei confronti di Maggi e Zorzi (quest’ultimo, residente da decenni in Giappone) fu quella di aver confezionato e procurato l’ordigno esploso in Piazza della Loggia, basandosi sulle veline del Sid di Padova e sulle successive dichiarazioni del noto agente Maurizio Tremonte e sulle dichiarazioni del pentito Carlo Digilio, armiere di Ordine Nuovo nel Triveneto. Nelle sue veline, l’infiltrato Tremonte raccontava in tempo reale (1974) di riunioni svoltesi ad Abano Terme (PD) con lo scopo di creare una nuova organizzazione extraparlamentare di destra che avrebbe dovuto comprendere parte degli ex militanti di Ordine Nuovo…
Nel tempo, però, in virtù del lavoro di Magistrati coraggiosi, delle Polizie che hanno condotto con specchiata onestà le indagini, delle parti civili, di tanta società attenta e vigile, è stato possibile raccogliere un corpus monumentale di testimonianze, prove, documenti i e altro che ha consentito di pervenire all’unica verità possibile e finalmente definitiva, quella giudiziaria e non solo storica.
Quindi, si deve rendere un doveroso commosso pensiero ai Caduti innocenti per stragi e fatti di terrorismo e mafie di ogni luogo e tempo, con l’auspicio di un’Italia migliore e trasparente, certamente meno disposta a tollerare le mezze verità, le bugie e gli arzigogoli di trame di soggetti cialtroni e infedeli, collegati o addirittura pilotati da politici privi di senso dello Stato e quindi pericolosi per la tenuta dell’ordinamento democratico della Repubblica…Sempre Avanti!