Sui misteri dello “Stato invisibile”…..

Alcuni lettori ci hanno chiesto un approfondimento sui concetti espressi dal Magistrato Giancarlo Capaldo nel suo libro “Roma Mafiosa”, recensito su questa testata il 18 Marzo scorso (http://www.attualita.it/index.php?option=com_k2&view=item&id=2521:roma-mafiosa-come-lo-%C3%A8-il-resto-ditalia&Itemid=77), in particolare sulle connessioni politica-mafie-terrorismi. Non possiamo, a seguito di ciò, non richiamare le interessanti tesi sostenute su altri due  saggi, anch’essi di recente pubblicazione. Si tratta di “Doppio Livello”, di Stefania Limiti, e “Il Gioco Grande del Potere”, di Sandra Bonsanti, entrambi editi da “Chiarelettere”, 2013.

“Il Gioco Grande del Potere…”, per dirla con le stesse parole di Giovanni Falcone; “Lo Stato invisibile…” ovvero il “Doppio Livello…”, teorizzato dal filosofo Norberto Bobbio sui misteri e l’oscurità della politica italiana.

Nel libro di Stefania Limiti si afferma che quando si decide di fare un’azione terroristica, c’è chi provvede ad amplificarne gli effetti; quindi, un atto dimostrativo può diventare una strage per l’intervento di chi persegue effetti maggiormente eclatanti e destabilizzanti.

Un esempio è il caso Moro, in questi giorni nuovamente sotto i riflettori per nuove circostanze al vaglio dei Magistrati, nel quale si sovrappose l’intervento dello Stato che fece in modo che questa azione terroristica non salvasse Moro, grazie ad interventi occulti, appunto da “doppio livello”.

Tale tesi si può anche attribuire al caso della “Uno Bianca”, che vide per oltre 7 anni tra l’Emilia Romagna e Marche imperversare malviventi che uccisero 24 persone, fecero rapine, attaccarono campi nomadi.

All’inizio il mistero, poi furono identificati per Agenti di Polizia i quali, inizialmente rapinatori, furono probabilmente cooptati e inglobati in un livello occulto ed eversivo, dalle finalità ancora non chiare.

L’esistenza di sovrastrutture preposte all’organizzazione della destabilizzazione, scrive la Limiti, è stata spesso evocata da personaggi dello Stato molto autorevoli. Tra le riflessioni più significative quelle di Vincenzo Parisi (Capo della Polizia, senz’altro il migliore nella storia repubblicana), un uomo abituato a misurare bene le parole, e che pure parlò di “guerra surrogata”.

Nel 1988 si trovò a tracciare un bilancio delle stragi dal 1969 al 1984 ( da Piazza Fontana, passando per Piazza della Loggia e treno “Italicus” nel 1974, per finire alla strage di natale 1984, con l’attentato al Rapido 904) che “possono ritenersi elementi portanti di una pianificazione..(infatti) la strage, strumento ritenuto tra i più efficaci per destabilizzare la vita politica e sociale italiana, può essere utilizzata da talune centrali occulte, ove si consideri la posizione strategica e lo spessore politico del nostro Paese”.

Nel febbraio dell’anno successivo, l’Alto Commissario Per Lotta Alla Mafia, Domenico Sica, già Magistrato tra i più esperti nel settore del terrorismo, tornò sul tema, facendo riferimento al decennio degli anni ’80, alludendo alla cosiddetta “Agenzia del Crimine”, una struttura composta “da un numero limitato di persone sostanzialmente in grado di gestire le manifestazioni del terrorismo di destra e di sinistra”.

Fin qui il libro di Stefania Limiti. Tornando all’altro volume,”Il gioco grande del potere”, la Bonsanti ricorda, in particolare, nel capitolo “Stato e Antistato”, una sua intervista a Giovanni i Falcone nel maggio 1992 a Roma, nella quale il Magistrato “insisteva sul fatto che l’esplosivo usato dai depistatori dell’inchiesta sulla strage di Bologna del 1980, tutti legati alla P2, era uguale a quello usato proprio per l’attentato…..

Oppure, ricordava la coincidenza della pistola con cui il 6 gennaio 1980 era stato ucciso il Presidente della Regione siciliana, Piersanti Mattarella, che poteva essere la stessa usata per l’omicidio del giornalista Mino Pecorelli, il 20 marzo 1979, a Roma.

Falcone si domandava cosa ci fosse dietro agli intrecci fra mafiosi e destra eversiva che continuava a ricevere protezioni da strutture dello Stato; poi, perché Gelli conosceva tanti retroscena del sequestro Moro e perché sosteneva che le lettere e memoriale dello Statista erano stati consegnati da Dalla Chiesa ad Andreotti?

Ancora, chi aveva vuotato la cassaforte dell’appartamento del Prefetto la notte dopo la sua morte.

E dopo il fallito attentato all’Addaura, del giugno del 1989, quando solo un miracolo salvò la vita di Falcone e dei Magistrati svizzeri Dal Ponte e Lehman, i sospetti si fecero certezza. C’era uno Stato infedele e sommerso, che da anni, da molti anni, era agli ordini di altre entità nemiche della democrazia. Infatti, Falcone parlò di “….menti raffinatissime….”!!

Concludendo, diciamo che siamo rammaricati e delusi, certamente sì, come preoccupati, soprattutto per figli e nipoti; meravigliati forse un po’ meno, in quanto ben conosciamo i limiti di una politica corrotta e corruttibile che nulla ha fatto per i cittadini da alcuni decenni. Però, vinti e sconfitti, giammai, perché pronti a contribuire, con la forza delle idee e gli ideali di libertà, democrazia e giustizia che ispirarono il magistero del grande pensatore Gaetano Salvemini, alla costruzione di uno Stato etico in un’Italia migliore!

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