Sul gran tema delle ecomafie… di oggi e di ieri… con valutazioni e ricordi personali …

Roma, 3 febbraio 2020 – Sul sito Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente del 22 gennaio 2020 con titolo Mafia&Rifiuti leggiamo… è stata da poco pubblicata la consueta relazione semestrale relativa alla prima parte del 2019, della Direzione Investigativa Antimafia (DIA) nazionale.
Nell’articolato documento prodotto dalla DIA è contenuto un interessantissimo focus sul tema “mafia e rifiuti”. Nel focus si evidenzia come già da alcuni decenni le organizzazioni criminali hanno compreso la reale portata del business derivante dalla loro infiltrazione nel ciclo dei rifiuti a fronte di un ampio margine di impunità rispetto ad altri settori criminali. Questa consapevolezza è sinteticamente espressa nella frase “Trasi munnizza e n’iesci oro” tratta da una intercettazione telefonica di tre decenni fa. Il senso di quella frase – declinata, nel tempo, non solo in siciliano e in altri dialetti, dal nord al sud del Paese, ma anche in perfetto italiano e in diverse lingue straniere – viene ancora oggi rinvenuto, nelle attività tecniche quotidianamente svolte in tema di criminalità ambientale.
Il Focus si pone l’obiettivo di analizzare l’intera filiera di gestione dei rifiuti, mettendola in relazione (grazie a dati di fatto emersi in indagini ed operazioni di servizio) con l’infiltrazione della criminalità organizzata, per cercare di individuare gli snodi più a rischio, affinché le Autorità preposte possano eventualmente intervenire sul ciclo dei rifiuti. Il rapporto sottolinea come oggi si registra, nel profilo criminale, un modus operandi quasi sempre sovrapponibile, indipendentemente dal contesto territoriale in cui si opera, caratterizzato da una tale specializzazione da consentire, in caso di necessità, l’immediata rimodulazione delle condotte e delle rotte dei rifiuti.
Il focus approfondisce nella prima parte gli aspetti criminogeni della complessa filiera dei rifiuti urbani, speciali e pericolosi – compresi i recenti casi che hanno visto, a macchia di leopardo sul territorio nazionale, numerosi incendi presso aree periferiche e capannoni – tenendo presenti le criticità registrate, negli ultimi decenni, in primo luogo in Campania, punto nodale delle problematiche connesse ai reati ambientali. Successivamente l’analisi si estende alle altre regioni, a cominciare da quelle a tradizionale presenza mafiosa, basandosi sulle inchieste concluse, nel tempo, dalla DIA e dalle Forze di Polizia, sui provvedimenti di scioglimento degli enti locali e sulle interdittive antimafia, che danno conto della complessa azione di contrasto, nel profilo preventivo e repressivo, sviluppata in tale settore negli ultimi anni.
Già nel dicembre 1994, Legambiente e l’Arma dei Carabinieri, con l’Istituto di ricerca “Eurispes”, presentarono il primo Rapporto sulla criminalità ambientale in Italia. In quell’occasione, venne coniato il termine “ecomafia” che entrò cinque anni più tardi nei dizionari della lingua italiana””.
Ora esaminiamo il citato Rapporto semestrale della DIA… “” Il 16 aprile 2019 si è tenuta a L’Aja, presso la sede di Europol, la prima “Conferenza Operativa sulle strategie di contrasto alle organizzazioni criminali di tipo mafioso”. Un importante passo in avanti nella lotta al crimine organizzato transnazionale, che punta ad intercettare obiettivi strategici da investigare, in sinergia, su più Stati. La Conferenza si inserisce nell’ambito delle attività della Rete Operativa Antimafia “@ON – Operational Network”, una Rete Operativa coordinata da Europol e istituita su input della DIA, attraverso una Risoluzione del Consiglio Giustizia Affari Interni dell’Unione Europea. La DIA sta sostenendo con impegno l’azione di contrasto internazionale alle mafie, non solo sul piano operativo, ma anche attraverso una più energica opera di sensibilizzazione delle omologhe Forze di polizia straniere, finalizzata a dare nuova e rafforzata consapevolezza della portata transnazionale della criminalità organizzata di tipo mafioso. Una consapevolezza che si sta lentamente ma progressivamente diffondendo, al punto che alla Conferenza di aprile, oltre ad esponenti del Parlamento Europeo, della Commissione Europea, della Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, di Eurojust, di Europol, della DIA e delle Forze di Polizia italiane, sono intervenuti i rappresentanti dei Dipartimenti di Polizia criminale delle principali polizie europee e di alcuni Stati Terzi. Grazie alla Rete@ON ogni Stato Membro è ora nelle condizioni di ottenere in breve tempo informazioni privilegiate per meglio disarticolare le reti criminali organizzate e le attività di riciclaggio dei gruppi mafiosi nazionali e transnazionali, come quelli di matrice albanese, cinese, nigeriana, turca… La sfida ulteriore da affrontare resta, pertanto, quella di armonizzare le differenti discipline e in tal senso vanno valutate con attenzione le prospettive che può offrire il Meccanismo di revisione della Convenzione di Palermo1 , che permette di far considerare la necessità di colmare le lacune normative che ancora impediscono ai 189 Paesi aderenti di contrastare, con efficacia, le strutture criminali organizzate. La Convenzione di Palermo appare, ad oggi, l’unico strumento che può realmente dare slancio internazionale alle misure di prevenzione patrimoniali, dal momento che ammette la possibilità che i provvedimenti di confisca vengano eseguiti prescindendo dalla natura, penale o extra-penale, del procedimento da cui scaturisce la rogatoria. Dal 15 al 19 ottobre 2018 si è tenuta a Vienna la Nona Conferenza degli Stati Parte, nel cui ambito è stata approvata la Risoluzione – proposta dall’Italia insieme con altri Paesi – che istituisce il Meccanismo di revisione dello stato di attuazione della Convenzione di Palermo e dei relativi Protocolli. La Relazione, nel descrivere gli esiti dell’attività svolta ed i risultati conseguiti dalla DIA, analizza e porta a conoscenza del Ministro dell’Interno, per la presentazione al Parlamento, tutta una serie di segnali indicativi degli attuali “comportamenti criminali” delle consorterie, profilandone, al contempo, le possibili linee evolutive. Un’analisi che, per essere il più possibile esaustiva, poggia anche sugli elementi informativi raccolti dalla Polizia di Stato, dall’Arma dei carabinieri, dalla Guardia di finanza e dal Corpo di Polizia Penitenziaria, di cui la DIA è la naturale sintesi nella lotta alla mafia. L’elaborato si articola su 13 capitoli organizzati a partire (cap. da 2 a 5), dall’analisi dei macro fenomeni criminali calabresi, siciliani, campani, pugliesi e lucani, di cui vengono riportate su mappa le presenze dei principali gruppi criminali emersi alla luce delle investigazioni giudiziarie degli ultimi anni.
Per quanto riguarda le proiezioni all’estero dei clan, nel capitolo 8 “Criminalità organizzata italiana all’estero e relazioni internazionali” vengono tracciate le dinamiche mafiose con riferimento a ciascun Paese, europeo ed extracomunitario, in cui tali perniciose presenze sono state rilevate, tenendo in considerazione anche gli spunti di analisi acquisiti dagli omologhi Organismi collaterali. Il capitolo 9 “Appalti pubblici” descrive le attività svolte dalla DIA in questo settore, dove un ruolo centrale è assegnato all’Osservatorio Centrale sugli Appalti Pubblici (O.C.A.P.). si tratta di un importante organismo, chiamato tra l’altro a dare attuazione alle azioni di prevenzione e monitoraggio che il Ministro dell’Interno ha assegnato alla DIA, chiamato a garantire un supporto fondamentale ai Gruppi Interforze provinciali, per l’emissione dei provvedimenti interdittiviantimafia da parte dei Prefetti””.Sin qui l’ interessante Relazione della DIA…

Ora, come di consueto, altre brevi informazioni con nostre valutazioni e ricordi.
Su ‘Il FattoQuotidiano.it ‘del 18 gennaio 2019, toccando ambiti inerenti la stessa materia, l’interessante inchiesta di Luisiana Gaita sugli esiti di un grande processo alle ecomafie.. “”Terra dei Fuochi, 18 anni in appello all’inventore delle ecomafie Chianese. Ma il reato di avvelenamento è prescritto”. Una sentenza storica, anche se è arrivata tardi e non assicura alla giustizia tutti i colpevoli dello scempio che si è consumato nella Terra dei fuochi. Nel processo sulla discarica Resit di Giugliano in Campania la Corte d’Appello di Napoli ha condannato l’avvocato e imprenditore Cipriano Chianese, ritenuto l’inventore delle ecomafie per conto del clan dei casalesi, a 18 anni di carcere, due in meno rispetto ai venti inflitti in primo grado per disastro ambientale e traffico illecito di rifiuti con l’aggravante mafiosa. Assolti, però, molti altri imputati. Tra questi l’allora sub commissario all’emergenza rifiuti in Campania Giulio Facchi e altri imprenditori casertani… Cipriano Chianese aveva gestito a lungo l’impianto nel quale vennero fatti confluire rifiuti di provenienza lecita e illecita che, in assenza di controlli adeguati, hanno trasformato quella discarica in una bomba ecologica. Era stato già arrestato nel 1993, ma aveva continuato a gestire il traffico illecito dei rifiuti e, l’anno dopo, si era candidato alla Camera con Forza Italia (elezioni perse per pochi voti). Un altro arresto nel 2006 (indagini del mio Reparto n.d.a.) e infine nel 2013, nell’ambito di un’indagine sulla cessione delle quote di una società di trasporti al fratello Francesco, che sarebbe avvenuta attraverso una estorsione aggravata dal metodo mafioso…“Oggi è un giorno importante per lo Stato e principalmente per i cittadini e tutti i giornalisti che hanno lottato e combattuto ogni giorno per arrivare a questa sentenza. Un grazie agli investigatori e alla Magistratura napoletana”. Così il Ministro dell’Ambiente Sergio Costa ha commentato la sentenza della Corte di Appello di Napoli, ricordando la legge ‘Terramia’ “per la quale siamo alle battute finali e che prevede proprio una parte ad hoc per la bonifica dei siti contaminati”. Ma nella Terra dei fuochi, per bonificare l’ambiente, ci vorranno anni.“Intanto, però, cominciamo a liberarla anche dai criminali che l’hanno avvelenata. Chi inquina deve pagare”, ha commentato il Presidente della Commissione Ecomafie, Stefano Vignaroli..””

A questo punto va citato il libro di Tommaso Sodano, “La Peste” (ed. Rizzoli 2010, riedito a luglio 2015 per “Il Sole 24 Ore”), scritto con Nello Trocchia, giornalista de “Il Fatto”… “”È la storia del disastro ambientale degli ultimi vent’anni che ha avvelenato la Campania e non solo. La camorra “signoreggia” la questione grazie a intermediari con giacca, colletto bianco e gilet, organici al sistema a cui le imprese e le amministrazioni del Nord affidano la spazzatura anche velenosa che veniva avviata in Campania per le cave e venduto come concime. C’è tanta camorra nella storia familiare di Nicola Cosentino (pag.81), nella sua ascesa al gotha della politica nazionale, al vertice del PDL regionale, fino a Sottosegretario di Stato all’Economia (Ministro Tremonti) nel Governo Berlusconi… L’indagine che ha portato Tommaso Sodano a dover vivere sotto scorta ha mostrato infatti un sottobosco in cui si trovavano criminali e politici, imprenditori e faccendieri. Formidabile il “Sistema Chianese” (pag 51) che racconta che l’Avv. Cipriano Chianese era titolare di una società, la Resit, e di tre discariche con un’autorizzazione che gli consentiva di ricevere rifiuti solo dal territorio regionale. Nulla tuttavia consentiva a Chianese di avere limiti territoriali. Racconta il pentito Bidognetti che fu proprio l’Avvocato a prospettare l’affare rifiuti… A capo della piramide c’era il vertice criminale (con Francesco Schiavone “Sandokan”) e quindi altri personaggi unitamente al professionista … Ovviamente, in tale ambito di colossali affari, la massoneria non poteva esimersi tanto che (pag 55) quando nel 1993 con l’indagine Adelphi spuntò il nome di Licio Gelli, gli affiliati del clan si insospettirono… per il ruolo che Gelli aveva assunto nell’organizzazione…”” Sin qui il libro in esame.
Ora desidero ricordare le operazioni effettuate dal mio Reparto (Comando per la Tutela per l’Ambiente), proprio negli anni 2003-2006, periodo in cui ebbi l’onore del Comando di quella splendida Unità Specializzata, con l’autorevole e indimenticato Ministro Altero Matteoli… L’Arma, allora era, piaccia o no, l’unico centro operativo di alta eccellenza nella delicata materia…
Chi mi conosce, sa bene che non mi piace prendere meriti che non mi spettano, ma desidero solo un rinnovato ennesimo “bravo e grazie” a tutti i componenti dello storico Reparto dell’epoca, che non elenco per motivi di spazio…
Gli elementi acquisiti confermarono la grande attenzione della criminalità organizzata e non, nei confronti del sistema del ciclo integrato dei rifiuti. In particolare, all’ epoca, era emerso come nessuna Regione d’Italia poteva considerarsi fuori dalle rotte del traffico illecito di rifiuti, sia urbani che speciali. Se fino a qualche anno prima, si diceva, e certamente a ragione, che la Campania ed in genere le Regioni meridionali erano le tappe ultime dei traffici illeciti, si poteva allora affermare, proprio grazie alle importanti operazioni di PG ambientale che si era di fronte ad un fenomeno dalle dimensioni nazionali e transnazionali. A tal proposito, è emblematica l’indagine “Eldorado “, coordinata dalla Procura presso il Tribunale di Milano, che ha svelato l’illecito operare di una organizzazione criminale dedita all’illecito trasporto nelle province di Varese, Como e Milano dei rifiuti provenienti dagli impianti di tritovagliatura di Giffoni Valle Piana (SA) e di Paolisi (BN), durante la cosiddetta emergenza verificatasi in Campania nel 2003. In particolare, i rifiuti in questione, invece di essere smaltiti presso siti autorizzati, venivano inviati “tal quali” in impianti per la produzione di compost per l’agricoltura o, addirittura, venivano “tombati” in buche realizzate presso cantieri edili o all’interno di insediamenti produttivi. La contaminazione di zone, tradizionalmente esenti da presenze criminali, organizzate e non, venne confermata dall’indagine “Mosca “, coordinata dalla Procura presso il Tribunale di Larino (CB), nei confronti di un sodalizio criminale, operante tra Campania e Molise, nel settore del traffico illecito di rifiuti. Le indagini consentirono di documentare come l’organizzazione gestisse quantitativi elevatissimi di rifiuti speciali pericolosi, provenienti dal nord Italia, in particolare dal sito industriale di Porto Marghera (VE), che venivano smaltiti abusivamente in aree situate a ridosso del litorale molisano, in prossimità di greti di fiumi e torrenti, nonchè in terreni coltivati, grazie anche alla complicità di locali aziende agricole, che impiegavano i fanghi contaminati come fertilizzanti. L’indagine “Cassiopea“, della Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere (CE), accertò che ben un milione di tonnellate di rifiuti anche pericolosi furono sversati o tombati nel cosiddetto “Triangolo della morte”: Acerra; Santa Maria la Fossa; Casal di Principe. Di particolare significato,ancora, l’operazione “Terra Mia” , coordinata dalla Procura della Repubblica di Nola. Gli accertamenti riguardarono lo smaltimento illecito di olii minerali, piombo, scorie saline, schiumature di alluminio, nonchè polveri di abbattimento dei fumi degli altoforni: il tutto veniva disperso su centoventi ettari di terreno, ai confini di campi coltivati o di zone sottoposte a bonifica come i Regi Lagni. Una sorta di “triangolo dei veleni” tra i Comuni di Nola, Marigliano e Acerra, dove sono state sequestrate 25 discariche. Altra importante operazione in quegli anni fu il sequestro di una riserva di caccia abusiva di circa 100 ettari in provincia di Caserta conclusa con la sottrazione di un vasto territorio acquitrinoso a personaggi ritenuti collegati alla criminalità organizzata. Qui gli ecomafiosi avevano deviato il corso di fiumi, creato laghetti artificiali, costruito bunker in ferro e cemento da cui i cacciatori di frodo potevano sparare agli uccelli migratori, in gran parte esemplari protetti. Quei bunker venivano fittati a cacciatori senza scrupoli per somme oscillanti tra i 7500 e i 15000 euro mensili. E le aree erano nelle disponibilità di circa 200 persone cui non era consentito di accedere ai propri terreni per la presenza di cancelli e recinzioni.
L’operazione in questione fu da me affidata e condotta egregiamente a termine dal Ten.Col. De Caprio, il ben noto “Capitano Ultimo”…all’epoca Capo Sezione Analisi del Reparto..”Ha vinto la legalità e ha vinto l’ambiente..”, commentò soddisfatto il grande Ministro Altero Matteoli durante una conferenza stampa nel noto Castello di Ottaviano, già dimora del capo della Nuova Camorra Organizzata, Raffaele Cutolo.
Concludendo la disamina, c’è da dire che sullo sfondo di quelle che possono definirsi delle vere e proprie holding criminali, c’era spesso una “Pubblica Amministrazione (Comuni; Province; Regioni) disattenta ” nell’attività di rilascio delle autorizzazioni ambientali ed inefficiente nelle successive fasi di controllo amministrativo, se non, in alcuni casi, collusa con gli eco-criminali. Bene, dopo tanti anni, siamo fiduciosi che la politica abbia preso finalmente conoscenza e coscienza di quel che è accaduto in quei territori martoriati dove, oltre ai roghi tossici, sono sempre più forti le proteste di comitati, di Parroci e cittadini.. Certamente avvertono, loro, i politici di oggi, la necessità della doverosa informazione sul rapporto tra tumori e discariche illegali.. Sentono, nella loro coscienza, che costituisce obbligo valutare le ricerche scientifiche che riguardano mortalità e incidenza delle patologie oncologiche in talune aree della Campania.. Siamo certi che cesseranno di favorire senza sosta camorre e mafie varie, sulla pelle dei cittadini per garantirsi rielezioni nefaste, vero cancro di questa società malata…sin troppo paziente…E pensare che ampi ambiti della politica, da decenni, mirano a mettere sotto controllo politico la Magistratura…unico presidio di legalità…con le benemerite Forze dell’ordine..!
Concludo, con un plauso, infine, alla DIA per l’eccellente lavoro in atto, come documentato dalla sua importante Relazione…

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