Roma, 27 gennaio 2021 – (ANSA) – Napoli, 19 gennaio – La Corte di Cassazione ha confermato la condanna a 18 anni di carcere, per associazione camorristica e avvelenamento di acque, per l’imprenditore dei rifiuti Cipriano Chianese, ritenuto tra gli ideatori, per conto del clan dei Casalesi, del sistema delle ecomafie e dello smaltimento illecito dei rifiuti.
Chianese è stato riconosciuto responsabile del disastro ambientale della discarica Resit di Giugliano in Campania (Na), un impianto nel quale vennero fatti confluire con la regia della camorra rifiuti di provenienza lecita e illecita, in assenza di adeguate misure di controllo, determinando alla fine una situazione di gravissimo danno ambientale sul territorio.
“Il Fatto Quotidiano” del 20 gennaio, con articolo di Luisiana Gaita: “La Cassazione conferma la condanna a 18 anni per Cipriano Chianese, “l’ideatore delle ecomafie” per conto del clan dei Casalesi. L’imprenditore è stato riconosciuto responsabile del disastro ambientale della discarica Resit di Giugliano in Campania (Na), da lui gestita e nella quale furono portati con la regia della camorra rifiuti di provenienza lecita e illecita. In assenza di adeguate misure di controllo, quella discarica si trasformò in una bomba ecologica. A due anni dalla sentenza di appello, la Corte di Cassazione ha confermato la condanna a 18 anni di carcere, per associazione camorristica e avvelenamento di acque, nei confronti dell’ imprenditore ritenuto tra gli ideatori, per conto del clan dei Casalesi, del sistema delle ecomafie e dello smaltimento illecito dei rifiuti gestito dal boss Francesco Bidognetti. E dire che Chianese era stato già arrestato nel 1993 (e poi assolto), ma aveva continuato a gestire il traffico illecito dei rifiuti e, l’anno dopo, si era candidato alla Camera con Forza Italia. Perse per pochi voti. Fu arrestato ancora nel 2006 e infine nel 2013. Storica era stata la sentenza di appello pronunciata a gennaio 2019, anche se era arrivata troppo tardi, con la prescrizione del reato di avvelenamento (confermati l’associazione camorristica e il disastro ambientale) e diversi assolti tra gli imputati accusati di aver contribuito allo scempio della Terra dei fuochi. Una vicenda portata alla luce negli anni Novanta grazie al lavoro del poliziotto Roberto Mancini, il primo a indagare su quello sversamento illegale. L’indagine gli costò la vita: morì nel 2014 a causa di un tumore che gli era stato diagnosticato nel 2002, causato dal continuo contatto con i rifiuti tossici e radioattivi durante il suo lavoro d’inchiesta. Fece in tempo, però, nel 2011 a vedere la riapertura delle indagini ostacolate per diversi anni, ma non la sentenza di primo grado. Anche quella, del 2016, arrivata tardi. La Cassazione ha anche confermato le condanne di secondo grado per la moglie di Chianese, Filomena Menale (4 anni e mezzo di reclusione per riciclaggio), per il geometra Remo Alfani (10 anni, due in meno rispetto al primo grado) e per l’imprenditore dei rifiuti Gaetano Cerci (15 anni di carcere) che, secondo quanto raccontato da alcuni pentiti avrebbe partecipato, insieme ad altri imprenditori, politici, ma anche esponenti della Camorra e della massoneria, alla riunione organizzata nel 1989 a Villaricca nella quale si presero gli accordi sullo smaltimento illecito dei rifiuti tossici dal Nord alle campagne del Casertano e sulla spartizione delle tangenti. In secondo grado erano stati già assolti l’ex sub commissario all’emergenza rifiuti in Campania tra il 2000 e il 2004 Giulio Facchi (condannato in primo grado a 5 anni e 6 mesi), i funzionari pubblici locali accusati di aver favorito Chianese e altri tre imprenditori di origini casertane, i fratelli Generoso, Raffaele ed Elio Roma condannati in primo grado a 5 anni e mezzo (i primi due) e a 6 anni (Elio)”.
Ovviamente anche Legambiente è intervenuta. “Soddisfazione per la conferma della condanna a 18 anni di Cipriano Chianese, inventore delle ecomafie. Con la conferma in Cassazione delle condanne nei confronti degli imputati Cipriano Chianese e Gaetano Cerci, responsabili dell’ecocidio in Campania, le cui ‘gesta’ erano già state raccontate da Legambiente nel primo rapporto “Rifiuti spa” del 1994, si chiude il cerchio aperto con l’inchiesta Adelphi, targata 1993 sul traffico illecito dei rifiuti. Sin dai nostri primi dossier avevamo denunciato il ruolo dell’avvocato Cipriano Chianese, anello centrale dell’ecomafia dei rifiuti nel nostro Paese, una sorta di “ministro dell’ambiente” che per decenni ha gestito il settore dei rifiuti per conto del clan dei Casalesi. Con la condanna di Chianese rimangono ancora le tante zone d’ombra, perché dietro al suo silenzio si celano i segreti e i rapporti tra criminalità organizzata e le lobby – politiche, affaristiche, massoniche – che hanno designato la Terra dei Fuochi come epicentro del business illegale dei rifiuti. Come Legambiente proseguiremo nel nostro lavoro quotidiano fatto di denuncia, impegno e responsabilità. Le infiltrazioni ecomafiose, che interessano questo territorio come altre zone del Paese, si contrastano con la repressione e gli strumenti giudiziari, grazie anche alla legge sugli ecoreati. Ma il primo e imprescindibile strumento rimane il risveglio delle coscienze, l’orgoglio di una comunità che antepone il bene comune alle speculazioni e ai privilegi, contrastando in tutte le sedi la criminalità ambientale e i suoi complici”. Così Stefano Ciafani e Mariateresa Imparato, rispettivamente Presidente nazionale e regionale di Legambiente, commentano la sentenza pronunciata dalla Corte di Cassazione sulle condanne dei responsabili del disastro ambientale della discarica Resit di Giugliano in Campania.
Ora, come di consueto, altre brevi informazioni con integrazioni valutazioni e ricordi.
Certamente va citato il libro di Tommaso Sodano, “La Peste” (ed. Rizzoli 2010, riedito a luglio 2015 per “Il Sole 24 Ore”), scritto con Nello Trocchia, giornalista de “Il Fatto”. “”È la storia del disastro ambientale degli ultimi vent’anni che ha avvelenato la Campania e non solo. La camorra “signoreggia” la questione grazie a intermediari con giacca, colletto bianco e gilet, organici al sistema a cui le imprese e le amministrazioni del Nord affidano la spazzatura anche velenosa che veniva avviata in Campania per le cave e venduto come concime. C’è tanta camorra nella storia familiare di Nicola Cosentino (pag.81), nella sua ascesa al gotha della politica nazionale, al vertice del PDL regionale, fino a Sottosegretario di Stato all’Economia (Ministro Tremonti) nel Governo Berlusconi.
L’indagine che ha portato Tommaso Sodano a dover vivere sotto scorta ha mostrato infatti un sottobosco in cui si trovavano criminali e politici, imprenditori e faccendieri. Formidabile il “Sistema Chianese” (pag 51) che racconta che l’Avv. Cipriano Chianese era titolare di una società, la Resit, e di tre discariche con un’autorizzazione che gli consentiva di ricevere rifiuti solo dal territorio regionale. Nulla tuttavia consentiva a Chianese di avere limiti territoriali.
Racconta il pentito Bidognetti che fu proprio l’Avvocato a prospettare l’affare rifiuti. A capo della piramide c’era il vertice criminale (con Francesco Schiavone “Sandokan”) e quindi altri personaggi unitamente al professionista. Ovviamente, in tale ambito di colossali affari, la massoneria non poteva esimersi tanto che (pag. 55) quando nel 1993 con l’indagine Adelphi spuntò il nome di Licio Gelli, gli affiliati del clan si insospettirono… per il ruolo che Gelli aveva assunto nell’organizzazione…””
Sin qui il libro.
Ora desidero ricordare le numerose operazioni effettuate dai Carabinieri per la Tutela per l’Ambiente, proprio negli anni 2003-2006, periodo in cui ebbi l’onore del Comando nazionale di quella splendida Unità Specializzata, con l’autorevole e indimenticato Ministro Altero Matteoli.
L’Arma, allora era, piaccia o no, l’unico centro operativo di alta eccellenza nella delicata materia.
Tra l’altro, in virtù delle competenze specifiche, il Reparto costituiva interlocutore specialistico per le Forze di Polizia a livello EUROPOL, sulla base delle direttive emanate dal Consiglio Generale per la Lotta alla Criminalità Organizzata, ed a livello INTERPOL, in una logica di collaborazione e di coordinamento che vede la sicurezza ambientale dimensionata sempre più chiaramente in un contesto sovranazionale.
Chi mi conosce, sa bene che non mi piace prendere meriti che non mi spettano, ma desidero solo un rinnovato ennesimo “bravo e grazie” a tutti i componenti dello storico Reparto dell’epoca, che non elenco per motivi di spazio.
Gli elementi acquisiti confermarono la grande attenzione della criminalità organizzata e non, nei confronti del sistema del ciclo integrato dei rifiuti. In particolare, all’epoca, era emerso come nessuna Regione d’Italia poteva considerarsi fuori dalle rotte del traffico illecito di rifiuti, sia urbani che speciali.
Se fino a qualche anno prima, si diceva, e certamente a ragione, che la Campania ed in genere le Regioni meridionali erano le tappe ultime dei traffici illeciti, si poteva allora affermare, proprio grazie alle importanti operazioni di PG ambientale, che si era di fronte ad un fenomeno dalle dimensioni nazionali e transnazionali.
Concludo aggiungendo che nell’aprile del 2016, per le mie pregresse esperienze professionali, venni designato dalla Sogesid (la società di ingegneria “in houseproviding” del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (MATTM) e del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti (MIT) quale Presidente della Commissione esaminatrice per l’affidamento “dell’Esecuzione dei lavori di messa in sicurezza dell’area ex Resit”, ma per gravi motivi familiari dovetti recedere.
È la vita. Ho finito.
Sul citato grande Tutore della Legalità ambientale Roberto Mancini, mio articolo su Attualità.it, di cui è direttore Salvatore Veltri
Beppe Fiorello interpretando il Commissario di Polizia Mancini