(La foto pubblicata mostra i Mercedes Unimog della Sezione specializzata di rilevamento per la sicurezza ambientale, potenziata nel periodo di mia permanenza).
Su Napoli ItalPress dell’ 11/09/2020 leggiamo:“”Partono oggi i primi camion per il potenziamento della raccolta rifiuti nella Terra dei Fuochi. Con il via libera siglato dalla Corte dei Conti diventa finalmente operativo l’Accordo di Programma finalizzato ad assicurare un adeguato supporto per realizzare un modello virtuoso e replicabile per il recupero e la valorizzazione della “Terra dei Fuochi” in Campania. Un documento nato dall’intesa tra il Ministero dell’Ambiente, il Prefetto di Napoli, l’incaricato del Ministro dell’Interno per il contrasto del fenomeno dei roghi nella Regione Campania, la Commissione straordinaria del Comune di Caivano e il Commissario prefettizio del Comune di Giugliano in Campania. “Sappiamo che i comuni di Giugliano e Caivano sono tra i più aggrediti dagli ecocriminali che ogni giorno accumulano rifiuti illecitamente e li incendiano – spiega il Ministro dell’Ambiente -. Proprio un anno fa avevo annunciato un accordo di programma per intervenire in modo concreto. Ecco: è stato firmato…C’è chi la chiama passerella elettorale. Io la chiamo azione, e metterci la faccia…””. Attraverso i fondi stanziati dal Ministero dell’Ambiente, pari a 4 milioni di euro, finalmente prendono il via nei due Comuni le operazioni di potenziamento straordinario delle attività di raccolta, riciclo e recupero dei rifiuti, contestualmente al rafforzamento del controllo del territorio attraverso l’installazione di telecamere per la videosorveglianza nelle aree a rischio. Inoltre, saranno intraprese iniziative di informazione e cittadinanza attiva con il coinvolgimento dei Comitati di cittadini sorti nel territorio e delle altre espressioni di volontariato delle comunità locali.”
Ora, sugli storici problemi causati dalle ecomafie, leggiamo quanto ha scritto il 6 luglio scorso l’Avv. Silvia Sticca, per Crimini Ambientali. “”Un business mondiale da 259 miliardi di dollari l’anno. Il termine ecomafia, nella lingua italiana, è un neologismo coniato dall’ Associazione ambientalista Legambiente per indicare le attività illegali delle organizzazioni criminali di tipo mafioso che arrecano danni all’ambiente. In particolare sono generalmente definite ecomafie le associazioni criminali dedite al traffico e allo smaltimento illegale dei rifiuti, traffico di animali e specie protette, opere d’arte e agroalimentare.Il collegamento tra devastazione ambientale e crescita del profitto mafioso si evince dal giro d’affari prodotto. Secondo i dati riportati nel Rapporto “Ecomafia 2019. Le storie e i numeri della criminalità ambientale in Italia”, realizzato da Legambiente, l’aggressione alle risorse ambientali del Paese si traduce in un giro d’affari che nel 2018 ha fruttato all’ecomafia ben 16,6 miliardi di euro, 2,5 in più rispetto all’anno precedente e che vede tra i protagonisti ben 368 clan, censiti da Legambiente e attivi in tutta Italia.La Legge n. 68/2015 sugli ecoreati continua ad avere un ruolo chiave, sia sul fronte repressivo sia su quello della prevenzione. Nel 2018 la legge è stata applicata dalle Forze dell’ordine per 1.108 volte, più di tre al giorno, con una crescita pari a +129%. Come gli altri anni, la fattispecie dell’inquinamento ambientale è quella più applicata: 218 contestazioni, con una crescita del 55,7% rispetto all’anno precedente. Aumentano anche i casi di disastro ambientale applicato in 88 casi (più che triplicati rispetto all’anno precedente). Più volte l’Italia è stata oggetto di procedure di infrazione in campo ambientale e della conseguente applicazione di sanzioni da parte della Corte di Giustizia dell’Unione Europea per la sistematica violazione delle norme europee in tema di impatto ambientale, inquinamento atmosferico, conservazione della natura. Molti rilievi hanno riguardato la gestione dei rifiuti proprio in Campania e sono alla base delle motivazioni di una sentenza di condanna della Corte di giustizia (luglio 2015), che, avendo constatato la scorretta esecuzione di una precedente sentenza del 2010, ha imposto all’Italia il pagamento di una penalità di centoventimila euro per ogni giorno di ritardo nell’attuazione della sentenza del 2010, più una somma forfettaria di venti milioni di euro per le persistenti carenze rilevate nella gestione del ciclo dei rifiuti. Tale carenza, rileva la Corte, portata alla sua attenzione in più di venti cause, legittima l’adozione di una misura dissuasiva, come la condanna al pagamento di una cifra forfettaria… Accanto a figure di imprenditori che mirano a risparmiare i costi di eco-compatibilità, si è delineata un’altra categoria di industriali che hanno fatto dello sfruttamento illecito dell’ambiente il proprio oggetto sociale. Così è accaduto che imprenditori senza scrupoli abbiano messo a disposizione dei clan le proprie discariche, i terreni, i mezzi produttivi, la documentazione fiscale, divenendo organici al gruppo criminale. In parallelo, la stessa logica del profitto che muove talune fasce imprenditoriali senza scrupoli riguarda anche i clan camorristici, per i quali i reati ambientali rappresentano, da oltre tre decenni, una delle attività illecite più remunerative. II rapporto UNEP del 2018 mette in guardia dagli effetti drammatici che queste attività illecite hanno, da un lato, sull’esacerbazione dei cambiamenti climatici e del degrado ambientale e, dall’altro, sull’inasprimento di conflitti interni e tra nazioni. Al fine di arginare almeno parzialmente tale incertezza normativa, organizzazioni come INTERPOL, EUROPOL e UNEP hanno concordato che il termine “crimine ambientale” possa essere utilizzato per identificare “quelle attività illegali che danneggiano l’ambiente e da cui traggono beneficio individui o gruppi o società tramite lo sfruttamento, il danneggiamento, il commercio o il furto di risorse naturali, compresi, ma non limitati a, reati gravi e crimini organizzati transnazionali”.“La criminalità ambientale è di portata transnazionale ed ha una natura insidiosa – ha dichiarato il Segretario generale dell’Interpol, Jürgen Stock – Sottrae ai Governi entrate tanto necessarie, alle persone i propri mezzi di sussistenza e alle comunità pace e sicurezza. La comunità internazionale deve sostenere un approccio globale, facendo seguire alla retorica l’azione e alla politica l’attuazione e il rafforzamento della legge con le forze”.Sin qui l’Avv. Sticca.
Ora, come di consueto, integrazioni, valutazioni, commenti e ricordi professionali sulla famigerata “Terra dei fuochi”.
Su ‘Il FattoQuotidiano.it del 18 gennaio 2019 abbiamo letto l’interessante inchiesta di Luisiana Gaita sugli esiti di un grande processo alle ecomafie. “”Terra dei Fuochi, 18 anni in appello all’inventore delle ecomafie Chianese. Ma il reato di avvelenamento è prescritto”. Una sentenza storica, anche se è arrivata tardi e non assicura alla giustizia tutti i colpevoli dello scempio che si è consumato in quella regione. Nel processo sulla discarica Resit di Giugliano in Campania la Corte d’Appello di Napoli ha condannato l’avvocato e imprenditore Cipriano Chianese, ritenuto l’inventore delle ecomafie per conto del clan dei casalesi, a 18 anni di carcere, due in meno rispetto ai venti inflitti in primo grado per disastro ambientale e traffico illecito di rifiuti con l’aggravante mafiosa. Assolti, però, molti altri imputati. Cipriano Chianese aveva gestito a lungo l’impianto nel quale vennero fatti confluire rifiuti di provenienza lecita e illecita che, in assenza di controlli adeguati, hanno trasformato quella discarica in una bomba ecologica. Era stato già arrestato nel 1993 (in operazione che ricordo e poi assolto), ma aveva continuato a gestire il traffico illecito dei rifiuti e, l’anno dopo, si era candidato alla Camera con Forza Italia (elezioni perse per pochi voti). Un altro arresto nel 2006 e infine nel 2013, nell’ambito di un’indagine sulla cessione delle quote di una società di trasporti al fratello Francesco, che sarebbe avvenuta attraverso una estorsione aggravata dal metodo mafioso…””
Bene, stampa a parte, come non ricordare le operazioni effettuate proprio negli anni 2003-2006, periodo in cui ebbi l’onore del Comando nazionale di quella splendida Unità Specializzata per la Tutela dell’Ambiente.Gli elementi acquisiti confermarono la grande attenzione della criminalità organizzata e non, nei confronti del sistema del ciclo integrato dei rifiuti. In particolare, all’ epoca, era emerso come nessuna Regione d’Italia poteva considerarsi fuori dalle rotte del traffico illecito di rifiuti, sia urbani che speciali. Se fino a qualche anno prima, si diceva, e certamente a ragione, che la Campania ed in genere le Regioni meridionali erano le tappe ultime dei traffici illeciti, si poteva allora affermare, proprio grazie alle importanti operazioni di p.g. ambientale, che si era di fronte ad un fenomeno dalle dimensioni nazionali e transnazionali.
Concludendo, c’è da dire che sullo sfondo di quelle che possono definirsi delle vere e proprie holding criminali, c’era spesso una Pubblica Amministrazione (Comuni, Province, Regioni) disattenta nell’attività di rilascio delle autorizzazioni ambientali ed inefficiente nelle successive fasi di controllo amministrativo, se non, in alcuni casi, collusa con gli eco-criminali. Bene, dopo tanti anni, siamo fiduciosi che la politica abbia preso finalmente conoscenza e coscienza di quel che è accaduto in quei territori martoriati dove, oltre ai roghi tossici, sono sempre più forti le proteste di comitati, di Parroci e cittadini. Certamente, avvertono i politici di oggi, la necessità della doverosa informazione sul rapporto tra tumori e discariche illegali e sentono, nella loro coscienza, che costituisce obbligo valutare le ricerche scientifiche che riguardano mortalità e incidenza delle patologie oncologiche in talune aree della Campania. Siamo certi che la politica cesserà di favorire l’illecito, sulla pelle dei cittadini per garantirsi rielezioni nefaste, vero male di questa società, sin troppo paziente.
Ci auguriamo, quindi, che quanto annunciato dal Ministro dell’Ambiente, come ha giustamente affermato nei giorni scorsi, “non per motivi elettorali” (ma stranamente proprio nei giorni pre-elettorali, dopo anni di inerzia – del Direttore), abbia giusto seguito. Ho finito.