Ustica e Bologna… Attacco all’Italia…

A quaranta anni dalle stragi…

Roma, 18 settembre 2020 – Il libro di Paolo Cucchiarelli, “Ustica & Bologna. Attacco all’Italia”, dal 25 giugno in libreria (edito da La Nave di Teseo), riesamina con documenti e foto inedite, le due stragi del 27 giugno e 2 agosto 1980, di cui ricorrono i 40 anni, puntando l’attenzione sul ruolo del nostro Paese nelle grandi questioni internazionali di quegli anni e individuando nella presenza costante del Secret Team, una struttura clandestina dei servizi segreti Usa, il tratto di unione tra le due vicende. Ma nel libro emerge anche il coinvolgimento di strutture parallele di altri Stati, come le Sac per la Francia e il Mossad per Israele. Cucchiarelli, già caposervizio ANSA, scrittore e giornalista d’inchiesta, ha raccolto poi la testimonianza di Marco Affatigato, ex estremista nero, vittima di uno strano depistaggio: venne dato tra i passeggeri dell’aereo inabissatosi in mare a Ustica e poi fu accusato di essere tra gli esecutori della strage di Bologna. Proprio a bordo del DC9, secondo Affatigato, c’erano uranio arricchito, destinato alla Libia per una ‘bomba sporca’ che poteva colpire il sud dell’Europa e Israele e barre di uranio decisive per permettere al Pakistan di realizzare la sua bomba islamica: sarebbe per questo che l’aereo civile non doveva arrivare a destinazione.

Chi ordinò tutto questo? Scrive l’autore… Strutture clandestine statunitensi, francesi e israeliane. Sulla presenza di queste ultime, nel libro, si evidenzia una testimonianza agli atti che è stata ritenuta affidabile dagli inquirenti. La frase più importante di questa inchiesta l’ho trovata, ormai molti anni fa, in un libro scritto da Andrea Purgatori, Daria Luca e Paolo Miggiano. In “A un passo dalla guerra” Purgatori scrive, riportando le parole di un anonimo informatore straniero che lo contattò anni fa, un uomo che si fece chiamare J. Fortum: “Questa operazione [Ustica] non parte dall’Italia; questa è una operazione decisa da Parigi: nella sede Cia di Parigi […]. I nostri, insomma l’Areonautica, sapevano che ci sarebbe stata un’operazione quella sera ma non sapevano esattamente quale: così, quando è successo il pasticcio, hanno capito e si sono spaventati perché non avevano i dettagli”. Questa frase rinvia alla presenza in tutte e due le vicende di una struttura clandestina dei servizi segreti Usa, il Secret team, presente insieme al Sac, le Squadre di azione civile, struttura parallela francese e probabilmente ai servizi israeliani.

Iniziamo ad esaminare l’interessante libro.

Da pag. 19… “”Attacco non ortodosso a I- TIGI nel cielo di Ustica. Per la strage di Ustica sono stati definitivamente assolti, con motivazioni diverse per prescrizione dei reati, alcuni alti ufficiali e militari che erano stati accusati di avere ostacolato le indagini in mille modi e finanche di alto tradimento, cioè di aver nascosto elementi essenziali di quanto accaduto ai massimi vertici istituzionali e politici dello stato.
L’inchiesta Priore. La vicenda del DC9 Itavia in chiave solo “tecnica” è un fascio di contraddizioni mai pienamente sciolte nonostante un’inchiesta durata quarant’anni che ha raccolto due milioni di fogli e una sentenza di oltre cinquemila pagine, più di 100 perizie e migliaia di ore di lavoro. Infatti, alla fine i Generali e gli Ufficiali dell’Aeronautica sono stati assolti o prescritti senza che venisse spiegato, nonostante le gravissime accuse iniziali di alto tradimento, che cosa stessero coprendo con il loro silenzio. È senza dubbio quella di Ustica la più complessa, articolata, e ingarbugliata inchiesta giudiziaria condotta sul suolo della Repubblica italiana.
Le conclusioni di Rosario Priore: “Atto di guerra”: è l’esito del Magistrato Rosario Priore. Questa icastica definizione ha consolidato l’idea che un missile abbatté il DC9 e da allora questa è l’apparente motivazione al di là degli inenarrabili depistaggi, delle sparizioni di documenti, delle testimonianze reticenti, dell’alterazione di tracciati radar, di sospetti suicidi ecc. L’obiettivo però, in questa interpretazione della vicenda, non era comunque il DC9 dell’Itavia, ma il caccia che s’infilò, lo vedremo, sulla scia dell’aereo di linea diretto da Bologna a Palermo. Mai nessuno ha spiegato credibilmente per quale ragione si sarebbe dovuto attaccare quel jet e in che modo si è colpito, al suo posto, il DC9. Come sintesi finale della sentenza Priore si cita questa frase:
«L’incidente al DC9 è occorso a seguito di un’azione militare di intercettamento. Il DC9 è stato abbattuto, è stata spezzata la vita a ottantuno cittadini innocenti con un’azione che è stata propriamente atto di guerra, guerra di fatto e non dichiarata, operazione di polizia internazionale coperta contro il nostro paese, di cui sono stati violati i confini e i diritti. Nessuno ha dato la minima spiegazione di quanto è avvenuto.»””

Da pag. 129… “”La mobilitazione dei servizi segreti. Lo scambio: F14 del 27 giugno / Mig23 di luglio. Nel 1997 i Servizi segreti consegnano a Rosario Priore un dossier sull’intera vicenda. La ricostruzione semiufficiale dei Servizi italiani segue, con maggior fantasia e una serie di “aggiustamenti” che si erano resi nel frattempo necessari, la falsariga della sceneggiatura che guarda solo a Tripoli: un pilota libico con un nuovo prototipo di Mig23 tradisce Gheddafi per passare con gli americani. La fuga è scoperta. Alla ricerca del traditore sono inviati due aerei da caccia dell’aviazione libica. Gli inseguitori intercettano il Mig in fuga. Lanciano due missili: uno colpisce il DC9 dell’Itavia che si trova sulla traiettoria del Mig inseguito. L’aereo libico, colpito dalle mitragliere di bordo precipita a Castelsilano a Timpa delle Megere (nel crotonese) la sera del 27 giugno 1980. Notare che i servizi segreti spostano la caduta del Mig dal 18 luglio alla sera del 27 giugno quando a Castelsilano cade, come abbiamo visto, l’F14 americano. Come si vede sono i Servizi segreti ad accreditare il legame Ustica-Mig di Castelsilano-Gheddafi. L’obiettivo ultimo è sempre quello di “occultare” la caduta dell’aereo americano; anche retrodatando la caduta del Mig23 fino al 27 giugno.””

Da pag. 214… “”Quei trenta grammi di uranio sul DC9. Questa inchiesta ha avuto un punto di svolta ormai diversi anni fa, quando incontrai a Lucca, a due passi dal Duomo di San Martino, Marco Affatigato. Eravamo all’esterno di un bar con Stefania Limiti, e chiesi, dopo qualche preambolo, quanto uranio fosse presente a bordo dell’aereo di Ustica e chi ce lo avesse messo. Alzando la tazzina del caffè, Affatigato rispose: “Quanto ne entra qui dentro”. Sapeva bene di cosa stavamo parlando perché è stato l’inconsapevole testa di legno – o meglio il predisposto capro espiatorio – del trasporto che aveva origini in Francia, anche se la regia dell’operazione di provocazione nei confronti dell’Italia era degli americani. Più volte Affatigato ha sostenuto la versione standard, la più accreditata, della tragedia del DC9, cioè che la Francia abbia deciso di eliminare Gheddafi con un attacco “coperto” che portò all’abbattimento, involontario, dell’aereo. In molte interviste e articoli Affatigato ha sostenuto questa bugia diffusa, inserendo però in un articolo un passaggio rivelatore. “Gheddafi voleva avere l’arma più convincente nelle relazioni internazionali: l’arma nucleare.” Il problema è che a “gestire” per Ustica e Bologna Marco Affatigato è Edwin Wilson, l’uomo del Secret Team in Libia.””

Da pag.254…”” Il mio colloquio con Affatigato. Incontro Marco Affatigato in un carcere italiano, è il 3 luglio 2019. Sono chiarimenti e conferme di un saltuario dialogo iniziato nel 2012.

Che cosa c’era a bordo del DC9, barre di uranio da riutilizzare e i famosi trenta grammi di uranio arricchito, e qual era la destinazione ultima?
Affatigato: “Si. La destinazione ultima era Tunisi: da lì le barre sarebbero arrivate in Pakistan, l’uranio arricchito in Libia. L’operazione aveva origine nel 1979 a Zurigo, poi si è sviluppata a Londra e in Giordania. Dopo la consegna ci doveva essere il terzo appuntamento per l’ultimo pagamento. Io avevo un costo di poche centinaia di dollari in Giordania. Quest’ultimo pagamento doveva avvenire con la ArabBank”.

L’aereo italiano è stato buttato giù per l’uranio a bordo destinato a Pakistan e Libia?
Affatigato:Ritengo di sì”.

L’acquirente del materiale nucleare era a bordo del DC9, non come passeggero ma come finto detenuto e non risultava tra i passeggeri? Chi lo accompagnava?
Affatigato: L’acquirente era accompagnato da altri, ufficialmente agenti, ma tutto fu fatto all’ultimo minuto in aeroporto. Il materiale viaggiava a vista”.

Perché non si può raccontare questa storia?
Affatigato:Tanti erano al corrente. S’impose la ragione di stato, come diceva Gianni De Michelis. Tanti sanno o hanno saputo e tacciono in ossequio a questa ragione.”

Da pag. 267…“” 1980: l’alba di un nuovo mondo. Parisi, stragi legate, legatissime, praticamente un solo mandante. Vincenzo Parisi divenne numero due del SISDE l’8 agosto del 1980, sei giorni dopo la strage alla stazione di Bologna. Ci rimarrà per tre anni. Dirigerà il servizio segreto civile per altri tre anni. Per otto anni è stato poi il Capo della Polizia, uno dei più potenti della storia della repubblica. “Amabile come una colomba, fulmineo come un cobra” hanno scritto di lui. Ha presentato le dimissioni tante volte, ma sono state sempre respinte. È morto d’infarto a sessantaquattro anni, nel 1994, otto mesi prima del suo prepensionamento. Linea retta, senza mai ripensamenti, faccia squadrata, mascella perennemente tesa, occhi che non si abbassano mai.
Il 17 ottobre del 1990, a Palazzo San Macuto, sede della Commissione d’inchiesta del Parlamento, Parisi cercò di spiegare cosa legasse la strage di Ustica a quella di Bologna. Si tratta, disse, di un atto di terrorismo internazionale, non di guerra. Il problema non era il mezzo usato (missile o bomba) ma il fine politico di quell’attacco. Trentasei giorni dopo Ustica, la strage di Bologna – disse – “potrebbe” essere una prosecuzione di Ustica: “Colloco l’episodio in uno scenario internazionale, dove il terrorismo sostituisce le cannoniere. Gli apparati deviati italiani possono aver dato la copertura in parte”. Parisi, il 17 ottobre 1990, fatica molto a escludere una responsabilità americana, vista la martellante campagna stampa che punta dritta alla presenza di una portaerei e di velivoli USA direttamente coinvolti nell’abbattimento del DC9 dell’Itavia la sera del 27 giugno 1980. “Sicuramente né i politici né i militari italiani sono stati coinvolti nella vicenda, ma è improbabile che l’abbattimento sia potuto sfuggire a chi doveva avere il controllo del cielo.”

Sin qui l’interessante libro.

Ora, come di consueto integrazioni, valutazioni sul drammatico argomento e piccoli riferimenti personali. Torniamo alle due stragi, che sarebbero collegate: perché ci fu quella di Bologna? Perché i nostri governanti non capirono (o fecero finta di non capire) il primo avvertimento; così 36 giorni dopo Ustica ecco Bologna. Così il 2 agosto scorso scrive la grande giornalista d’inchiesta Rita Di Giovacchino: “2 agosto 1980, il boato, i vagoni squarciati, i passeggeri dilaniati da schegge e detriti. Ottantacinque morti e duecento feriti. La strage di Bologna, la più grave di tutte le stragi, quaranta anni fa chiudeva gli anni Settanta con un eccidio spietato e ancora senza movente. Il gran botto doveva coprire i segreti di Ustica? Oppure si trattava di un complicato messaggio della P2 a chi si accingeva a liquidare la rete che aveva gestito la Guerra fredda? Appena sei mesi dopo furono trovate le liste segrete, alti ufficiali del Supersismi finirono in carcere mentre Licio Gelli si accingeva alla fuga. Interrogativi rimasti per decenni senza risposta, ma grazie alla Procura Generale di Bologna la trama comincia a dipanarsi e sembra dar ragione a chi aveva sempre creduto a verità diverse”.
Poi, cosa rappresentano, dopo tutti questi anni, le parole del grande Prefetto Parisi?
Dal mio modesto osservatorio come di tanti operatori nei delicati settori della sicurezza di quegli anni, si può affermare che Parisi sia stato il miglior Direttore dell’ intelligence italiana e della Sicurezza… Personalmente, affermo che l’ ho ben conosciuto per aver operato nel suo ambito per quattro anni. Era, quello di Parisi, l’Antiterrorismo di strada, non come quello di oggi con Trojan e Algoritmi nel chiuso di santuari inviolabili; il tutto allora svolto con attività informativa, con rapporti con gente comune, prelati, malavitosi, criminali, terroristi pentiti e non, e se necessario ”saltando alla gola” di terroristi latitanti accortisi del pedinamento per evitarne la fuga… Parisi, meno di un anno dopo la strage del 2 agosto 1980, mi inviò per due mesi a Bologna, in quel difficile Centro Operativo, in quanto l’ ottimo Dirigente aveva subito un incidente stradale… Scrivo questo solo per raccontare i rapporti che quel grande Dirigente aveva con i suoi collaboratori… che ben conosceva e di cui si fidava… L’importante era l’operatività, sempre nell’ambito della legalità e dell’osservanza delle leggi. Mi fermo.

Veniamo all’oggi… I documenti del Sismi sulla strage di Ustica non saranno resi pubblici. Il 2 luglio il Consiglio di Presidenza del Senato aveva invece approvato all’unanimità un parere per consentire al Presidente di Palazzo Madama di decretare lo stop del segreto sugli atti fino al 30 giugno 2001 delle Commissioni parlamentari di inchiesta, tra cui quella sulle stragi. Il mantenimento della classificazione “segretissimo” per altri 8 anni, anticipata dalla Stampa, è stata confermata da Giuliana Cavazza De Faveri, Presidente dell’Associazione per la verità su Ustica: “La Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento Informazioni per la Sicurezza (Dis), mi ha formalmente comunicato, nella mia qualità di Presidente della Associazione e figlia di una delle vittime di quel disastro aereo, che rimangono secretati i documenti relativi alla attività del Sismi a Beirut a cavallo tra gli anni ’70 e ’80 del 900, sui quali a suo tempo fu apposto il segreto di stato dal Colonnello Stefano Giovannone, permanendo l’idoneità ad arrecare in caso di divulgazione un grave pregiudizio agli interessi essenziali della Repubblica’”. La mancata divulgazione di quegli atti – ha spiegato in una nota Giuliana Cavazza De Faveri – consente la continuazione di una insistita pubblica mistificazione di quello che accadde il 27 giugno 1980, con fantasiose ipotesi di battaglie aeree mai avvenute e missili mai lanciati, come autorevolmente accertato nella sentenza penale passata in giudicato che ha assolto con formula piena (il fatto non sussiste) i Generali dell’ Aeronautica dall’accusa di depistaggio. Valuteremo le prossime iniziative da intraprendere, eventualmente anche al Tar, ritenendo inaccettabile che il Dis valuti che la dichiarazione contenuta nella mia istanza di avere un interesse qualificato e specifico alla conoscenza di tali documenti anche per motivi di giustizia, non risulti sufficiente all’accoglimento della richiesta di accesso pur riconoscendo e dando atto dell’elevato rilievo morale delle finalità che la ispirano”.
A questo punto, da osservatori, ci chiediamo perché non si sia seguita per eventi così gravi una linea politica recente, con ciò facendo riferimento all’importantissima e finalmente realizzata “Direttiva Renzi” del 2014, che ha consentito di desecretare documenti di intelligence utili per ricostruire il “Caso Moro” da parte della Commissione Bicamerale presieduta dall’ottimo on. Fioroni… Bene, la famosa ragion di Stato. Si, al cospetto della quale tutto e tutti devono piegarsi. Cosa che in Italia è accaduto per quarant’anni.
Siamo un paese strano. Delle potenze straniere ammazzano 160 persone in territorio italiano in 36 giorni e poi ci costringono al silenzio.

Su questo la frase più cinicamente cristallina la pronunciò in un libro Francesco Cossiga, Presidente del Consiglio dell’epoca: “Se c’è un’esigenza internazionale, si può tacere anche davanti a 160 morti”.

Appunto, la famosa ragion di Stato…

Exit mobile version