Ustica, un’ingiustizia civile

La verità ignorata

Roma, 07 luglio 2021 – Il 27 giugno scorso, nel 41esimo anniversario, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nel suo messaggio ai Familiari delle vittime per la strage di Ustica del giugno 1980, oltre al dolore per quei tragici avvenimenti, si è rivolto in modo chiaro a tutti coloro che da anni lavorano per la ricerca della verità .

“La Repubblica sente come dovere inderogabile la permanente espressione della solidarietà e l’impegno per una più completa ricostruzione dei fatti. Il tempo trascorso non sanerà mai la ferita, ma consolida il legame di solidarietà umana e il sentimento di vicinanza verso chi ha tanto ingiustamente sofferto. Accanto ad esso cresce il senso di riconoscenza per l’impegno civile che i familiari sono stati capaci di esprimere, promuovendo la ricerca della verità anche di fronte a condotte opache e ostruzionistiche, incoraggiando gli uomini dello Stato che sono stati capaci di compiere passi importanti”.

Per l’ex C.S.M. dell’Aeronautica, Generale Leonardo Tricarico, la verità c’è ed è quella di una bomba nella toilette posteriore.
Ma media e Magistrati civili l’hanno ignorata, e ora affida il suo sfogo a un libro firmato con Gregory Alegi (Rubbettino editore), da pochi giorni in libreria. La verità è che il 27 giugno 1980 il DC-9 dell’Itavia esplose nei cieli di Ustica a causa di una bomba collocata nella toilette posteriore. “Ma è come se questa verità non esistesse”, protesta il Generale.

Tricarico era stato nominato Consigliere militare da D’Alema. Con l’avvento di Amato a Palazzo Chigi, Linda Lanzillotta (Parlamentare e già Ministro) “cercò subito di allontanarmi dall’incarico”. Senza riuscirci. Nemmeno la Senatrice Daria Bonfietti (cofondatrice dell’ Associazione dei parenti delle vittime della sciagura finalizzata a perseguire l’accertamento delle relative verità e responsabilità, di cui è Presidente), riuscì nel suo intento di silurare due Generali dell’Aeronautica, Mario Arpino e Sandro Ferracuti. In una lettera inviata al “caro compagno Cossutta”, la Bonfietti riteneva “un grave affronto” la nomina di Arpino a C.S.M. della Difesa, mentre la scelta di Sandro Ferracuti come C.S.M. dell’Aeronautica sarebbe stata un “evidente schiaffo alla magistratura”.

Iniziamo a leggere parti del libro.

“”Introduzione. Il 27 Giugno 1980, alle 20.59, il DC-9 I-TIGI della società Itavia, in volo con la sigla IH870 tra Bologna e Palermo, precipitava in mare nei pressi di Ustica. Tutte le 81 persone a bordo perdevano la vita. Il processo penale si concludeva dopo 25 anni con la sentenza pronunciata il 15 dicembre 2005, dalla prima Corte di Assise d’Appello di Roma. In essa veniva individuata nell’esplosione di una bomba collocata nella toilette posteriore del velivolo, la causa della tragedia, mentre restava sconosciuto l’autore dell’attentato. Tutto l’impianto accusatorio formulato dal Giudice Istruttore Rosario Priore nell’ordinanza di rinvio a giudizio depositata il 31 agosto 1999, con la quale si ipotizzava che il DC-9 fosse abbattuto da un missile nel corso di una battaglia aerea, veniva bollata come “fantapolitica” e impietosamente smontato pezzo a pezzo nel corso delle 272 udienze dibattimentali e con il conforto di oltre 100 tra perizie, relazioni e consulenze, redatte da esperti internazionali e italiani. Seppur rivelatesi palesemente infondate nel processo penale, le ipotesi di Rosario Priore furono invece riprese integralmente nel processo civile, andando a formare il solo impianto accusatorio in base al quale il Ministero della Difesa, il Ministero dell’Interno e il Ministero dei Trasporti furono condannati a rifondere i parenti delle vittime e gli eredi della proprietà Itavia, in quanto colpevoli perchè “avrebbero dovuto garantire la regolare circolazione aerea del DC-9 su quella rotta, ovvero adottare misure idonee ad evitare che gli altri aerei circolassero sulla rotta già assegnata”. A questa prima sentenza risarcitoria, pronunciata il 26 novembre 2003 dal Giudice onorario aggregato di Bronte (CT), Francesco Batticani, ne seguirono numerose altre, tutte fondate sulle ipotesi fantasiose di Rosario Priore – e ignorando completamente i fatti e le evidenze contrarie emerse in oltre vent’anni di inchiesta e procedimento penali – tutte concordi nel ritenere “più probabile che non” l’ipotesi del missile lanciato contro il DC-9 nel corso di una battaglia aerea quale causa della tragedia.””

– da pag.25. “”Il silenzio responsabile dell’Aeronautica: una scelta pagata cara. Il 1986 segna la vera svolta, quando si comincia ad ipotizzare una responsabilità dell’Aeronautica Militare italiana. Al tempo ero capo di un ufficio dello Stato Maggiore e di fronte ad un rinvigorimento spropositato delle polemiche e delle speculazioni sulla tragedia di 6 anni prima, propongo ai miei superiori di raccontare la nostra versione al TG1, al quale ero stato invitato proprio per intervenire in relazione a quelle polemiche. Ritenevo fondamentale dar voce pubblica a quelle che erano le nostre conoscenze sulla notte del disastro. Ma l’Aeronautica sceglie la linea del silenzio: decide di non partecipare alla rissa mediatica, di attendere responsabilmente che la giustizia faccia il suo corso. Quindi dirama, o meglio conferma, le direttive di perentoria chiusura con la stampa e al contempo sollecita tutti noi alla più ampia collaborazione con la Magistratura, nella certezza che alla fine l’immagine della Forza Armata ne uscirà pulita. Personalmente ho provato più volte – disattendendo quando e per quanto possibile la consegna della riservatezza – a prospettare nelle più disparate circostanze la verità della bomba a bordo, ma ho incassato sempre incredulità, irrisione o, nella migliore delle ipotesi, perplessità legate a sospetti sui motivi che mi portavano a divulgare una verità contraria a quella da tutti conosciuta come “unica plausibile”.””

– da pag.141. “”Ustica: il mare di fango. Gregory Alegi. Trascinatosi per decenni, il “caso Ustica” ha creato un clima di sospetto e sfiducia intorno all’Aeronautica Militare, alla quale ha inferto un colpo gravissimo in termini di immagine pubblica, di posizione nei riguardi delle altre Forze Armate, persino di compattezza interna a seguito della costituzione di parte civile del Ministero della Difesa. A fronte di questo danno certo, alimentato dai puntuali riflessi mediatici scaturiti da un livello di polemica sempre molto alto, le indagini non hanno purtroppo consentito di identificare quanti causarono la distruzione del DC-9 e la morte di 81 innocenti: l’archiviazione disposta dal Giudice Istruttore nel 1999 ha lasciato ignoti gli esecutori e i loro mandanti. Gli intrecci delle inchieste susseguitesi nel tempo (tecnico-formale, giudiziaria e persino parlamentare), ha in compenso condotto ad una successione di ipotesi e scenari avanzati da diversi soggetti pubblici e privati, non sempre in accordo fra loro salvo per la diffidenza di fondo per i dati ufficiali. E in qualche modo “coperto” dall’Aeronautica Militare e dai suoi uomini tramite una complessa opera di depistaggio, intorno alla quale – e solo intorno alla quale – ha ruotato il rinvio a giudizio di alcuni Generali per l’ipotesi di “alto tradimento”. Quando l’esame delle singole posizioni è passato dall’istruttoria ai processi, l’esito è stato di segno opposto. Dal 2001 numerose sentenze penali di diverso ordine e grado hanno infatti assolto, dichiarato prescritto o archiviato, le posizioni di tutti gli accusati, spesso su richiesta dello stesso Pubblico Ministero. Indagini e inchieste. Alla nascita del mistero di Ustica ha in parte contribuito anche l’estrema difficoltà di orientarsi nei diversi livelli di indagine o di inchiesta che si sono intrecciati per circa vent’anni, generando ciascuno commissioni, relazioni, perizie (disposte d’ufficio dall’autorità giudiziaria) e consulenze (redatte su incarico delle difese di parte civile o degli imputati). Diffusesi in maniera disorganica e incontrollata ma soprattutto rimaste senza verifica dialettica sino all’apertura del dibattimento il 28 settembre 2000. L’inchiesta tecnica è il pilastro per comprendere la dinamica di qualsiasi incidente aereo, militare o civile, comunque conclusosi. Essa differisce da quella giudiziaria innanzitutto per lo scopo. La cultura internazionale della sicurezza del volo è da tempo pervenuta alla conclusione che l’accertamento delle cause degli incidenti aerei affidato ad un’investigazione tecnica indipendente sia il mezzo migliore per prevenire il ripetersi di errori o incidenti, giungendo ad accettare persino testimonianze e segnalazioni anonime. Nel caso dell’ I-TIGI, la commissione tecnica ministeriale fu nominata il 30 giugno 1980 dal Ministro dei Trasporti Rino Formica; poiché a presiederla fu chiamato il Dr. Carlo Luzzatti, essa è nota in genere come “Commissione Luzzatti”. Nonostante talune carenze intrinseche – in particolare l’appartenenza dei suoi membri ad amministrazioni potenzialmente coinvolte nelle responsabilità dell’evento – la solo parziale osservanza del manuale investigativo ICAO e la ridotta disponibilità di tempo dei suoi membri, per altro da essi stessa segnalata – la commissione Luzzatti effettuò l’unica indagine tecnica “secondo la definizione ICAO”, cioè non indirizzata da quesiti della Magistratura, libera nel metodo e nelle fonti. Essa ebbe a disposizione i pochi relitti inizialmente ripescati sulla scena del disastro, i tracciati radar e la documentazione tecnico-amministrativa. Dopo diversi lavori preliminari, la Luzzatti consegnò la sua ultima relazione il 16 marzo 1982, escludendo molte ipotesi e raccomandando il recupero del relitto per disporre di ulteriori materiali in base ai quali dirimere il residuo dubbio tra esplosione interna ed esterna. La commissione restò però in vita per tre anni ancora, autosciogliendosi il 25 marzo 1986 per l’impossibilità di pronunciarsi in modo completo.””

– da pag.158. “”Missile o bomba? Dall’alternativa contenuta dalla relazione preliminare Luzzatti circa l’origine interna o esterna dell’esplosione, scaturì l’ipotesi che l’aereo fosse stato abbattuto da un missile. Su questa possibilità insistette molto l’Itavia, il cui Presidente Aldo Davanzali nel dicembre 1980 scrisse al Ministero dei Trasporti una lettera i cui contenuti trapelarono subito sui giornali. Il MiG venuto dal caldo. Nella costruzione del mistero di Ustica, gioca un ruolo chiave il Mig libico precipitato sulla Sila, presentato simultaneamente come soggetto e oggetto, protagonista, testimone e vittima della battaglia aerea, in cui l’I-TIGI sarebbe rimasto invischiato. Soggetto, perché possibile vettore del missile (o dei missili), indirizzati contro l’I-TIGI. Oggetto, perché portatore di evidenze. Protagonista, perché una presunta specifica attività di depistaggio che avrebbe poi postdatato la caduta dal 27 giugno al 27 luglio. Testimone, per la sua stessa presenza sul suolo italiano. Vittima, perché precipitato uccidendo il proprio pilota. Il Mig-23 precipitò il 18 luglio 1980, in un orario che la commissione d’inchiesta italo-libica fissò attorno alle 11,14 e la Procura di Crotone collocò fra le 11 e le 11,30. Nella località, indicata variamente come Colimiti o Timpa delle Megare (comune di Caccuri), si sviluppò subito un incendio domato con l’intervento di alcuni volontari. Pertanto – dopo lo svolgimento di una limitata attività di studio del relitto – visitato anche da personale americano, e il prelievo di alcune parti e strumenti a scopo di studio – per dirimere la questione fu istituita una Commissione mista italo-libica, che effettuò un primo sopralluogo già il 24 luglio e operò a ritmi serrati sino al 22 agosto, interrompendosi solo intorno a ferragosto. I lavori furono improntati alla metodologia di sicurezza del volo, senza alcuna intenzione italiana di mettere in difficoltà i colleghi libici, anche perché sin dal primo esame l’aereo era risultato privo di bombe o missili. La commissione concluse che il pilota fosse rimasto vittima di un malore e che l’aereo avesse proseguito affidato al suo autopilota, sino ad esaurire il combustibile all’altezza della Calabria e precipitare a motore spento. La versione combaciava con i dati estratti dal FDR a Pratica di Mare, sede del Reparto Sperimentale e di altre attività di ricerca dell’Aeronautica Militare. Al termine di questa attività fu steso un rapporto congiunto, che fu firmato da entrambe le parti, e il relitto in gran parte restituito alla Libia, insieme alla salma del pilota.””

Sin qui il libro.

Sull’argomento Ustica ci siamo intrattenuti il 18 settembre 2020 su questa testata, di cui è Direttore Salvatore Veltri, esaminando Il libro di Paolo Cucchiarelli, “Ustica & Bologna. Attacco all’Italia”che riesamina con documenti e foto inedite le due stragi del 27 giugno e 2 agosto 1980, di cui ricorrevano i 40 anni, puntando l’attenzione sul ruolo del nostro Paese nelle grandi questioni internazionali di quegli anni (https://www.attualita.it/notizie/tematiche-etico-sociali/ustica-e-bologna-attacco-allitalia-46937/)

Concludendo, sappiamo che i documenti del Sismi sulla strage di Ustica non saranno resi pubblici. Il 2 luglio 2020 il Consiglio di Presidenza del Senato aveva invece approvato all’unanimità un parere per consentire al Presidente di Palazzo Madama di decretare lo stop del segreto sugli atti fino al 30 giugno 2001 delle Commissioni parlamentari di inchiesta, tra cui quella sulle stragi. Il mantenimento della classificazione “segretissimo” per altri 8 anni, anticipata dalla Stampa, è stata confermata da Giuliana Cavazza De Faveri, Presidente dell’”Associazione per la verità su Ustica”. La mancata divulgazione di quegli atti – ha spiegato in una nota Giuliana Cavazza De Faveri – consente la continuazione di una insistita pubblica mistificazione di quello che accadde il 27 giugno 1980, con fantasiose ipotesi di battaglie aeree mai avvenute e missili mai lanciati, come autorevolmente accertato nella sentenza penale passata in giudicato che ha assolto con formula piena (il fatto non sussiste) i Generali dell’ Aeronautica dall’accusa di depistaggio. Valuteremo le prossime iniziative da intraprendere”.

A questo punto, da osservatori, ci chiediamo perché non si sia seguita per eventi così gravi una linea politica recente, con ciò facendo riferimento all’importantissima e finalmente realizzata “Direttiva Renzi” del 2014, che ha consentito di desecretare documenti di intelligence utili per ricostruire il “Caso Moro” da parte della Commissione Bicamerale presieduta dall’ottimo on. Fioroni.

Bene, la famosa ragion di Stato. Si, al cospetto della quale tutto e tutti devono piegarsi. Cosa che in Italia è accaduto per quarant’anni.

Siamo un paese strano.

Su questo, la frase più cinicamente cristallina, la pronunciò in un libro Francesco Cossiga: “Se c’è un’esigenza internazionale, si può tacere anche davanti a 160 morti” (Bologna e Ustica). Appunto, la famosa ragion di Stato…

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