Ylenia Carrisi: una domanda d’obbligo
Roma, 20 novembre – Il caso è stato riaperto dalle indagini dello sceriffo della contea di Palm Beach in California su una donna trovata uccisa in Florida nel 1994.
L’”identikit” elaborato dalle indicazioni del serial killer, il camionista Keith Hunter Jesperson, condannato ad otto ergastoli per altrettanti omicidi di donne, porta, non al riconoscimento di Ylenia Carrisi, ma a riconoscere la “compatibilità” con la sua immagine conosciuta. Manca il DNA che, tutti i componenti della famiglia hanno provveduto a trasmettere agli inquirenti d’oltre oceano, ma anche la “messa a confronto” di questo, con quello ricavato dalle ossa della donna uccisa, se sarà confermata, darà una “compatibilità” e, con tale “compatibilità”, sfatiamo, una volta ancora, l’”infallibilità” dell’identificazione e dell’individuazione mediante questo strumento.
È una storia triste e angosciante, come tutte quelle di questa natura, che lascerà, come si presume, Al Bano e Romina Power e il resto della famiglia, sgomenti.
Ma, a volte, la vita, pur nella sua smisurata meravigliosità, è crudele e la maggiore crudeltà consiste del fatto che ai genitori di Ylenia, pur nella tragedia che stanno vivendo, il pubblico chiede, comunque, il loro volto pubblico e non quello privato che, immaginiamo, sarà diverso….
In questa vicenda in cui l’orrore si mescola in tutte le sue forme, una cosa, noi, persone comuni, ci chiediamo e non vi troviamo risposta.
Come può e cosa spinge una ragazza come Ylenia Carrisi, piena di tutti i pregi e le qualità che la natura può concedere ad un essere umano, a cambiare vita?
La logica non ci può fornire alcuna risposta e l’intera, umana vicenda, resterà sconosciuta per sempre…