Tematiche etico-sociali

“PER FAR PIÙ LIETI I TRISTI GIORNI”

A Nepi (VT) una mostra sull’internamento dei militari italiani nel campi nazisti.

Roma, 30 Marzo 2025- In questi giorni il Museo Civico di Nepi (Viterbo) ospita una mostra dedicata alla storia dei militari italiani che, dopo l’8 settembre 1943, scontarono una lunga prigionia nei campi del Terzo Reich, in Germania e in altre località del nord Europa occupate dai nazisti.

I nostri soldati che rifiutarono di aderire alla Repubblica Sociale Italiana scelsero difatti la prigionia, divenendo internati militari italiani (Italienische MilitärInternierte, contrassegnati dall’acronimo IMI).

In tali condizioni fu negato loro lo status di prigionieri di guerra, rendendo la cattività ancor più dura.

Dei 650.000 IMI, circa 50.000 non fecero più ritorno a casa, e i sopravvissuti restarono segnati per sempre da quell’esperienza.

Tra di loro, vari personaggi poi divenuti celebri, come gli scrittori Giovanni Guareschi e Mario Rigoni Stern, gli attori Gianrico Tedeschi e Raffele Pisu, il regista Luciano Salce, lo sceneggiatore Tonino Guerra, il giornalista Antonio Cederna, il geologo e paleontologo Vittorio Vialli.

L’esposizione in corso a Nepi si intitola “Per far più lieti i tristi giorni. L’esperienza dell’internamento di Ugo d’Ormea” e si basa sul caso personale e sull’archivio familiare di uno degli internati militari italiani.

Si tratta di Ugo d’Ormea, nato a Narni nel 1918, ma pescarese d’adozione, sottotenente del Regio Esercito, il quale al momento dell’armistizio era di stanza nel Dodecaneso.

Curatore della mostra, che è stata inaugurata il 21 marzo scorso con un convegno (la cui locandina è immagine d’accompagno a questo articolo), è il dottor Aldo d’Ormea, figlio del protagonista.

Come tanti nostri connazionali in divisa, Ugo fu catturato a Rodi dai tedeschi, che da alleati erano divenuti nemici, e trasferito, con un lungo e disagiato viaggio attraverso l’Europa centrale, prima in Polonia e poi a Sandbostel, in Bassa Sassonia.

Non diciamo altro, sperando di aver stimolato interesse a visitare la mostra.

Ciò detto, preme commentare come sia stato il grande cinema italiano del dopoguerra a dare la più efficace rappresentazione del disorientamento dei nostri militari, dopo la fuga del Re Vittorio Emanuele III a Brindisi.

Fu Alberto Sordi, nel film “Tutti a casa” di Luigi Comencini (1960), a interpretare tale senso di smarrimento con una sola battuta (sceneggiatori, i soliti e magnifici Age & Scarpelli).

Nei panni del Sottotenente Alberto Innocenzi, questa la sua telefonata al diretto superiore: “Signor Colonnello accade una cosa incredibile, i tedeschi si sono alleati con gli americani!”.

In questo modo, l’illusione di guerra finita si trasformò, in un attimo, nell’incubo della prigionia.

Concludiamo evidenziando come le vicende singole e collettive degli IMI rappresentino un importante tassello della storia d’Italia, di cui è necessario tramandare la memoria alla generazioni successive.

I lettori di www.attualita.it che, approfittando dell’inizio primavera, volessero fare una gita nei bei borghi della Tuscia sono perciò invitati visitare Nepi e la mostra “Per far più lieti i tristi giorni” (ingresso libero), aperta presso il Museo Civico (Via Falisca, 31- Nepi, VT) sino al prossimo 10 aprile.

 

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